Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Disegno di legge

 

ISTRUZIONE (7a)

MERCOLEDI' 10 APRILE 2002
73a Seduta

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI


Intervengono i sottosegretari di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea e Maria Grazia Siliquini.

La seduta inizia alle ore 14,40.


IN SEDE REFERENTE
(1251) CORTIANA ed altri.- Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione.
(1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.

Si apre la discussione generale.

Interviene il senatore BRIGNONE, il quale dichiara di aver ascoltato con vivo interesse la relazione svolta dal presidente Asciutti nella seduta di ieri e di aver apprezzato in particolare la sua digressione storica relativa alle grandi riforme intervenute in Italia nel campo della pubblica istruzione. Ripercorre quindi a sua volta alcune tappe di quel percorso storico, rilevando come esso si sia sempre accompagnato con le vicende politiche del Paese e con l'andamento dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, soprattutto fino al 1929. Egli stesso aveva del resto evidenziato tale compenetrazione nella relazione effettuata nella scorsa legislatura in merito all'insegnamento della religione cattolica.
Ricorda poi come il concetto di gratuità introdotto dalle riforme dei ministri Casati e Coppino fosse riferito esclusivamente al profilo dell'iscrizione, non contemplando la problematica dei costi legati alla frequenza della scuola. Quelle riforme, d'altro canto, dovettero fare i conti con la grave carenza di insegnanti elementari che ne pregiudicò gli esiti complessivi. Da questo punto di vista egli ritiene sia stato più semplice il compito del ministro Gentile. Svolge quindi alcune riflessioni sulla istituzione della scuola media unica obbligatoria a partire dal 1962, anch'essa ostacolata dall'inadeguatezza del corpo insegnante che per quasi un decennio fu costituito da insegnanti senza laurea e da presidi non in possesso dei titoli richiesti.
In sostanza, la storia delle riforme scolastiche italiane dimostra come le autorità preposte abbiano proceduto per segmenti e da ultimo, invece di riformare l'unico segmento ancora disciplinato dalla vecchia normativa, vale a dire la scuola secondaria superiore, si è preferito adottare una nuova legge quadro al fine di armonizzare l'intero sistema scolastico.
L'oratore sottolinea inoltre che non è possibile comprimere le problematiche del sistema di istruzione nelle sole questioni concernenti l'ordinamento scolastico e i cicli di studio. Vi sono infatti profili che attengono il rapporto di lavoro e lo stato giuridico dei docenti, l'edilizia scolastica e l'autonomia degli istituti. Anche il tema dell'offerta formativa e del suo ampliamento è per certi aspetti più rilevante del prolungamento o della riduzione di un anno dei cicli scolastici. Per queste ragioni il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non potrà intervenire da solo per riformare il mondo della scuola, ma dovrà agire di concerto con gli altri Ministri.
Dopo aver ricordato le linee essenziali della riforma introdotta dall'ex ministro Berlinguer, egli entra nel merito del testo presentato dal Governo, che a suo avviso rappresenta il miglior compromesso attualmente possibile, salvo alcune correzioni che sarà opportuno introdurre in sede di esame. Egli osserva tuttavia che qualsiasi intervento riformatore non dovrebbe comunque essere ispirato ai dati diffusi dall'OCSE, che dovrebbero essere valutati più cautamente, dal momento che fanno riferimento a valori medi, mentre la scuola italiana non presenta affatto caratteri che siano mediamente omogenei, contenendo in sé punte di assoluta eccellenza e realtà del tutto inadeguate dal punto di vista dell'offerta formativa. Al tempo stesso, non sembra essere un traguardo significativo la riduzione di un anno del percorso formativo, quando poi gli studenti universitari italiani impiegano mediamente tre anni in più dei loro colleghi europei per laurearsi.
Occorre peraltro tenere conto delle difficoltà e degli ostacoli che in ogni caso un intervento riformatore incontrerebbe, in quanto qualsiasi innovazione apportata ai cicli scolastici da un lato ingenera la reazione negativa delle categorie di insegnanti coinvolte e dall'altro determina comunque un onda anomala. Ad esempio, la questione emersa più recentemente riguarda gli insegnanti della scuola materna che si sono dichiarati contrari all'ingresso anticipato nel sistema di istruzione; ma al riguardo si deve registrare l'impegno assunto espressamente dal Governo in favore degli asili nido, che rappresenterebbe certamente una maniera più onerosa di affrontare il problema.
Entrando nel dettaglio del disegno di legge n. 1306, egli giudica eccessivamente ampio il termine di 24 mesi entro cui il Governo deve esercitare la delega prevista all'articolo 1 in materia di norme generali sull'istruzione, mentre viceversa gli appare assai ristretto il periodo di 30 giorni concesso alle Commissioni parlamentari per esprimere il parere sui conseguenti decreti legislativi, così come troppo ridotto viene ritenuto il termine di 90 giorni entro cui il Ministro deve predisporre il piano programmatico di interventi finanziari. Egli segnala peraltro come le finalità di quest'ultimo siano armonizzate con gli interventi prioritari a cui è destinato l'atto del Governo n. 94, concernente la ripartizione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, attualmente all'esame della Commissione.
In relazione all'articolo 2, dal momento che esso fissa i principi e i criteri direttivi a cui il Governo deve attenersi nell'esercizio della predetta delega, propone di spostare le lettere a), b) e c) del comma 1 all'articolo 1, in modo da rendere più omogeneo l'insieme delle disposizioni attinenti alla delega. Circa poi la lettera e) del medesimo comma 1 dell'articolo 2, egli ne condivide l'intento di anticipare la possibilità di iscrizione alla scuola dell'infanzia, che può risultare utile al fine di frammentare l'onda anomala e di ovviare alla carenza degli asili nido.
Per quanto concerne la scuola primaria, di cui alla lettera f), egli propone invece di invertire la sua articolazione interna, adottando una scansione suddivisa in due periodi didattici biennali e in un quinto anno finale. Infatti, a fronte della sempre più elevata frequenza di alunni di origine extracomunitaria, si può supporre che un solo anno dedicato all'acquisizione delle strumentalità di base sia insufficiente per consentire a questi allievi di mettersi al passo con gli altri. In proposito è preferibile un ciclo biennale, mentre un singolo anno scolastico di collegamento con le medie inferiori potrà garantire un miglior coordinamento, per quanto l'efficacia di tali scelte sia comunque legata all'attività didattica effettivamente espletata.
In merito poi all'articolazione interna del secondo ciclo, di cui alla successiva lettera g), esprime alcune perplessità sulla suddivisione in due periodi biennali e in un quinto anno di completamento del percorso disciplinare. L'esperienza degli istituti magistrali e dei licei artistici di durata quadriennale dimostra infatti come il quinto anno possa essere valorizzato come corso propedeutico agli studi universitari o essere vissuto come un inutile prolungamento del ciclo secondario.
In materia di formazione e istruzione professionale, disciplinata dalla lettera h), egli rimarca l'esigenza del rispetto della competenza regionale, in linea con la recente riforma del Titolo V della Costituzione. Quindi, dopo aver sottolineato la possibilità di accedere all'università con i titoli o le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema dell'istruzione e della formazione professionale, previa frequenza di apposito corso annuale, evidenzia la difficoltà di valutare adeguatamente i crediti formativi acquisiti grazie alla frequenza positiva di segmenti del secondo ciclo e validi per i passaggi tra i diversi percorsi formativi. Si chiede infatti quale valenza possano avere crediti formativi come quelli attualmente acquisiti al di fuori del sistema scolastico e certificati dalle amministrazioni provinciali, che non hanno certamente una competenza diretta sotto il profilo educativo e dell'istruzione.
Passando all'articolo 4 del provvedimento, egli giudica anzitutto l'alternanza scuola-lavoro, una scelta coraggiosa, che richiede tuttavia l'esistenza di un sistema di istruzione e formazione maturo e lo stanziamento di adeguati interventi finanziari a sostegno. Egli concorda poi sulla opportunità di anticipare l'apprendistato ad una età precedente i diciotto anni, ma ritiene si tratti di un percorso ancora da costruire così come non pare significativa l'esperienza degli stages estivi di tirocinio.
Infine, per quanto riguarda la formazione degli insegnanti, regolamentata dall'articolo 5, giudica eccessivo il percorso formativo previsto per gli insegnanti della scuola dell'infanzia, mentre ritiene assai rilevante il ruolo degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato e di coordinamento dell'attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative. Si deve infatti mirare a creare una nuova figura professionale che assicuri sia il sostegno agli altri colleghi sia l'opportuno collegamento con gli altri soggetti che operano nel mondo della scuola.

Apprezzamento per la puntuale relazione del Presidente viene espresso anche dal senatore CORTIANA, il quale dichiara di essere rimasto particolarmente colpito dall'excursus storico ripercorso dalla medesima relazione, con particolare riferimento al passaggio concernente la Carta della scuola ideata da Giuseppe Bottai negli anni Trenta e allo sviluppo quantitativo dell'istruzione che si registrò nella seconda metà di quel decennio. Egli prende spunto da ciò per rapportare quella visione della scuola con la filosofia che sottende alla riforma proposta dal ministro Moratti. Dichiara pertanto di concepire un'idea della scuola del tutto opposta a quella prospettata dal Governo, che non sembra voler affatto fondare la propria impostazione sulle finalità proprie dell'educazione e dell'istruzione. Lo stesso ruolo delineato per le famiglie e per le imprese, ad avviso dell'oratore, non ha attinenza diretta con i compiti specifici della scuola e afferma che l'attuale opposizione, nell'approvare nel corso della passata legislatura la legge sulla parità scolastica (n. 62 del 2000), non intendeva affatto modificare le finalità precipue del sistema di istruzione. Ritiene quindi che l'impostazione emergente da alcuni aspetti del disegno di legge n. 1306 faccia venir meno qualsiasi possibilità di interlocuzione e di dialogo con l'opposizione.
In particolare, critica l'ipotesi della cosiddetta "canalizzazione", che considera paralleli i percorsi dell'istruzione e della formazione. In merito a ciò, la questione centrale non sta nell'età in cui si prevede la facoltà di operare la scelta, bensì nell'esigenza – disattesa invece dal progetto governativo - di tenere sempre la funzione dell'istruzione a fondamento di qualunque sistema scolastico, anche in una visione di educazione permanente.
L'altro elemento su cui egli dichiara la propria decisa contrarietà è afferente all'anticipazione di un anno per l'entrata nel sistema scolastico formativo. Si tratta infatti di una nociva ingerenza nell'età più delicata dell'infanzia, che coinvolge aspetti evolutivi e cognitivi assai rilevanti che non possono trarre giovamento dall'inizio anticipato del percorso formativo di istruzione.
L'oratore si sofferma quindi sul disegno di legge n. 1251, che lo vede primo firmatario, e che si propone di sviluppare e arricchire quanto già realizzato grazie alla riforma dei cicli varata dal Governo dell'Ulivo nella XIII legislatura. Più specificamente, fra gli scopi di questo disegno di legge vi è la formazione di una cultura fondata su uno spirito di cittadinanza attiva, consapevole e praticata, dotata perciò di adeguati strumenti critici. Il provvedimento si propone inoltre di limitare all'ultimo triennio del secondo ciclo la possibilità di effettuare esperienze professionalizzanti e nel contempo esalta il raccordo fra il mondo della scuola e la realtà territoriale, intesa non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sotto il profilo storico, culturale, urbanistico ed economico.
Il progetto da lui presentato prevede poi di utilizzare i risparmi conseguenti alla riduzione di un anno del percorso formativo al fine di istituire periodi sabbatici per gli insegnanti, di assicurare la formazione e l'aggiornamento dei docenti anche all'estero, oltre che il tutoraggio degli studenti che passano dalla scuola all'università; obiettivi tutti che mirano a garantire una più alta dignità al ruolo svolto dal corpo insegnante. Infine, tra gli scopi del disegno di legge n. 1251, egli pone in evidenza l'innalzamento dell'obbligo scolastico ai 18 anni.
In considerazione della rilevante difformità tra i due provvedimenti all'ordine del giorno della Commissione, che trovano le loro radici in visioni culturali opposte, ritiene sia arduo trovare un terreno di confronto che consenta di apportare miglioramenti al testo presentato dal Governo. Pertanto, nell'eventualità che i tentativi di dialogo non dovessero portare ad esiti positivi, la scelta dell'ostruzionismo da parte dell'opposizione non sarebbe strumentale, ma rappresenterebbe una battaglia fondamentale di civiltà attorno alla difesa della scuola, a prescindere dalla posizione politica e dalla sensibilità religiosa di ciascuno.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

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