Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Disegno di legge

 

 

ISTRUZIONE (7a)

GIOVEDI' 11 APRILE 2002
74a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI



Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Maria Grazia Siliquini.

La seduta inizia alle ore 9,20.

IN SEDE REFERENTE
(1251) CORTIANA ed altri.- Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione
(1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)


Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.

Interviene il senatore GABURRO, il quale ritiene la riforma della scuola uno dei temi centrali del programma del Governo e della nuova maggioranza, pur nella consapevolezza delle difficoltà che si incontreranno nel cammino riformatore. Qualsiasi soluzione dei problemi della scuola, infatti, deve tenere comunque conto delle diverse esigenze e dei diversi valori culturali in campo, nonché dei conseguenti rischi di strumentalizzazione sempre in agguato. In proposito, è un esempio per tutti quanto avvenuto lo scorso anno negli Stati Uniti d'America, paese che si è persuaso dell'importanza fondamentale di una più seria qualificazione della scuola e ha quindi assistito a un impegno unitario del Congresso attorno al progetto di rinnovamento del sistema d'istruzione.
Venendo al disegno di legge presentato dal Governo, egli ritiene che esso rappresenti una proposta politica significativa fondata su una visione umanistica della persona, dell'educazione e quindi della società intera. Ne apprezza inoltre il carattere di progetto complessivo che abbraccia il sistema d'istruzione dalla scuola dell'infanzia fino alle soglie dell'università e del mondo del lavoro.
Per quanto riguarda poi gli aspetti specifici del provvedimento che meritano di essere positivamente sottolineati, egli fa espresso riferimento alla valorizzazione della formazione professionale, considerato uno dei temi più qualificanti del progetto, agli otto diversi tipi di liceo, alla flessibilità che attraverso il sistema dei crediti consente il passaggio da un liceo all'altro e dal sistema dell'istruzione a quello della formazione professionale, al nuovo rapporto con le imprese fondato sulla valutazione degli stages aziendali e infine al nuovo sistema di valutazione. Quanto al profilo attinente alla formazione dei docenti, egli ritiene si tratti di uno degli snodi determinanti per la qualificazione della scuola; ma proprio la crucialità di questo aspetto esigerebbe un impegno ancora più forte attraverso la previsione di un ulteriore anno da destinare alla formazione.
Tuttavia, più che soffermarsi sui singoli punti del disegno di legge, egli esprime l'intenzione di svolgere alcune riflessioni sulla visione culturale che ne sta alla base. Al riguardo, pone in evidenza il cambiamento del ruolo dello Stato nelle politiche educative, che si sostanzia in una funzione di garanzia, controllo e supervisione, piuttosto che di gestione diretta. Tale cambiamento prende corpo in un contesto che vede la scuola dinanzi alle sfide poste dalle nuove tecnologie dell'informazione, dallo sviluppo della civiltà scientifica e tecnica e dalla mondializzazione dell'economia. Tutto ciò esige una riforma complessiva del sistema scolastico che sia in grado di portare la totalità dei giovani, soprattutto quelli più svantaggiati, al livello più alto di qualificazione e di competenza; obiettivo perseguito dal provvedimento in esame attraverso il rafforzamento del sistema integrato che, garantendo la competizione fra le scuole, la diversificazione dell'offerta e il confronto qualitativo, consente di ottenere una più elevata qualificazione dei livelli di istruzione.
L'altra sfida che la scuola italiana si trova ad affrontare concerne la difficoltà di elaborare e proporre percorsi formativi fondati su valori condivisi in una società complessa, culturalmente frammentata e policentrica. Da questo punto di vista, il progetto di riforma mira ad offrire alle giovani generazioni una solida formazione umana, che consenta la crescita come persone e la formazione di soggetti liberi, solidali e responsabili, evitando di cadere in una concezione utilitaristica dell'educazione finalizzata esclusivamente alla qualificazione.
A fondamento del disegno di legge governativo vi è inoltre il riconoscimento da un lato che l'educazione è una responsabilità della società intera e dall'altro che allo Stato spetta un irrinunciabile compito di promozione, garanzia e controllo rispetto ai diritti della persona di ricevere una istruzione adeguata. Si propone pertanto il passaggio da una scuola dello Stato a una scuola della società civile nella linea della sussidiarietà, affermando la piena libertà dell'educazione basata sul diritto di ciascuno, sancito dalla Costituzione, ad educarsi e ad essere educato secondo le proprie convinzioni e sul correlativo diritto-dovere dei genitori di decidere in merito all'educazione e ai valori da offrire ai propri figli minori. Per affermare tali principi è quindi necessario rimuovere gli ostacoli che ancora limitano la piena esplicazione della normativa sul sistema pubblico integrato.
Affrontando poi le questioni inerenti il nuovo assetto istituzionale determinato dalla riforma del Titolo V della Costituzione e dunque le nuove competenze regionali sancite in materia di istruzione e formazione professionale, egli osserva come il disegno di legge in esame si ispiri al concetto chiave della sussidiarietà, ampliando sia le responsabilità degli enti locali, sia il coinvolgimento di tutti i soggetti che operano nel mondo della scuola e garantendo l'estensione dell'autonomia delle singole istituzioni formative. Ne consegue il rispetto della libertà dei soggetti educativi (docenti, genitori e studenti), nonchè la capacità di aprire le strutture formative alle esigenze locali, rendendole più sensibili e attente ai bisogni del territorio.
La riforma scolastica intende inoltre garantire la valorizzazione delle differenti identità culturali attraverso i piani dell'offerta formativa degli istituti, anche in risposta a una domanda educativa della società civile sempre più diversificata, ma senza rinunciare a rafforzare l'unitarietà del sistema di istruzione, che va perseguita, a suo avviso, attraverso un chiaro riferimento alla tradizione umanistica e cristiana e all'educazione religiosa e morale.
In relazione poi al rapporto tra formazione professionale e scuola, esprime il proprio consenso per una integrazione armonica fra formazione generale, scientifica, tecnica e professionale, che riconosca a un tempo la valenza formativa e culturale delle professioni e del lavoro e l'indispensabile centralità degli aspetti umanistici e personalistici della educazione, la quale dovrà emergere chiaramente sia negli indirizzi generali sia nei curricoli dell'istruzione scolastica e della formazione professionale.
Conclusivamente, ritiene che nel progetto di riforma appaiano rispettate e valorizzate le connotazioni culturali che costituiscono il fondamento della visione umanistica e cristiana della persona, della famiglia e della società. Garantire tali riferimenti rappresenta l'apporto che la maggioranza e in particolare il Gruppo Unione democristiana e di Centro sente di dover dare al bene comune della società e della scuola, nella convinzione che questo fermento culturale costituisca un contributo decisivo per creare condizioni di piena umanità per tutti.

Il senatore BETTA ritiene che le tematiche della scuola debbano essere gestite in modo tale da non creare fratture fra le forze politiche ed in questo senso dà atto al presidente Asciutti di essersi sempre impegnato, sin dall'inizio della legislatura, per giungere a soluzioni condivise. Nel medesimo senso egli interpreta del resto il pregevole excursus storico con cui il Presidente relatore ha avviato la relazione introduttiva sui disegni di legge di riforma, excursus al quale egli aggiunge peraltro un riferimento alla riforma scolastica di Maria Teresa d'Austria che, in una situazione caratterizzata da forte differenziazione culturale e linguistica, ha introdotto per la prima volta la scuola dell'obbligo.
Egli si sofferma quindi sugli aspetti più critici del provvedimento, tra i quali in primo luogo il rapporto fra Stato e regioni in tema di istruzione e formazione professionale. Al riguardo, egli ritiene che l'approccio del disegno di legge n. 1306 sia eccessivamente timido. In particolare, ritiene che l'articolo 1, delegando al Governo la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione formazione professionale, si ponga in un'ottica errata, atteso che la materia attiene assai più alla sfera di competenza del Parlamento che a quella del Governo. Del resto, la valenza del provvedimento si incentra proprio nella sua capacità di innovare, trasferendo alle istituzioni scolastiche e alle autonomie locali una effettiva capacità di autogoverno.
Pur riconoscendo peraltro che l'originaria impostazione centralistica del provvedimento sia stata progressivamente mitigata, introducendo l'intesa della Conferenza Stato-regioni-città su una molteplicità di profili per i quali era precedentemente previsto il mero parere, e siano state altresì salvaguardate le competenze delle regioni a statuto speciale e delle provincie autonome, sollecita quindi il Governo ad andare oltre, attivando una collaborazione più significativa con le regioni, anche con riferimento al sistema di valutazione di cui all'articolo 3.
Quanto poi al diritto-dovere di istruzione per 12 anni, egli ricorda che la riforma varata dal Governo dell'Ulivo aveva innalzato l'obbligo scolastico fino a 16 anni, onde garantire un'elevata qualificazione di base a tutti gli studenti. Nel testo dell'attuale Governo, l'obbligo cogente d'istruzione viene invece sostituito, assai discutibilmente, da un diritto-dovere che non risulta affatto vincolante. Inoltre, esso prevede forti differenziazioni nei percorsi formativi, perdendo totalmente di vista quella funzione egualitaria che l'obbligo scolastico aveva nella riforma dell'Ulivo. Nell'esprimersi pertanto in senso nettamente contrario ad una riforma scolastica che non assicuri una omogenea preparazione di base a tutti gli studenti, ma anzi li induca a scelte precoci, egli osserva che essa non consegue neanche l'obiettivo di allineare l'Italia agli altri paesi europei, prevedendo l'uscita dal sistema formativo a 19 anni. Né l'anticipo dell'età di ingresso sembra rappresentare una valida soluzione, tanto più in considerazione dei problemi di ordine psicologico e pedagogico che esso pone e del conseguente potenziale contenzioso con gli enti locali, competenti su strutture e risorse.
Terzo aspetto critico, prosegue l'oratore, riguarda l'ampiezza della delega richiesta dal Governo. La previsione del parere parlamentare sugli schemi dei decreti legislativi, nonché dell'intesa con la Conferenza Stato-regioni-città, non mitiga infatti le preoccupazioni connesse all'ampio spettro della delega richiesta, tanto più che i pareri parlamentari non sono vincolanti. Pur essendo infatti diritto del Governo e della sua maggioranza di essere posti nelle condizioni di decidere e governare, non può prescindersi – in una materia così delicata – da un pieno confronto parlamentare ed istituzionale. In tal senso valuta ancor più negativamente la mancata previsione del parere parlamentare sul piano programmatico di interventi finanziari previsto dal comma 3 dell'articolo 1.
Infine, egli si sofferma sull'alternanza scuola-lavoro, di cui all'articolo 4, osservando che si tratta di una metodologia su cui il settore della formazione ha conseguito finora maggiori risultati rispetto a quello dell'istruzione. Critica tuttavia la scelta di erogare incentivi alle imprese per lo svolgimento di tali compiti, atteso che il ruolo sociale dell'impresa impone di per sé a quest'ultima una significativa apertura in tal senso.
Avviandosi alla conclusione, egli richiama l'attenzione della Commissione su tre ulteriori profili di criticità. In primo luogo, preso atto degli obiettivi ambiziosi del Governo, si augura che la maggioranza non voglia proseguire nella strada imboccata con il congelamento della legge n. 30 del 2000, blindando anche il provvedimento in esame, ma dimostri al contrario disponibilità al confronto parlamentare. In secondo luogo si augura che agli obiettivi ambiziosi corrispondano tempi di elaborazione ragionevole, senza inopportuni contingentamenti del dibattito parlamentare. Infine, esprime dubbi sulla permanenza della fase di sviluppo che era alla base del progetto della maggioranza e si augura conseguentemente che alla riforma siano assicurate risorse economiche sufficienti.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 10.