Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Disegno di legge modificato dalla Camera

 

ISTRUZIONE (7a)

MARTEDI' 25 FEBBRAIO 2003
170ª Seduta

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI


Intervengono il ministro per l'istruzione, l'università e la ricerca Moratti e il sottosegretario di Stato per lo stesso dicastero Valentina Aprea.

La seduta inizia alle ore 14,35.

IN SEDE REFERENTE

(1306-B) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati
(Esame e rinvio)

Riferisce alla Commissione il presidente relatore ASCIUTTI, il quale illustra le modifiche apportate dalla Camera dei deputati. In particolare, dopo aver brevemente accennato a quelle al comma 5 (in parte di aggiornamento del triennio finanziario di riferimento e in parte di mera natura lessicale), egli si sofferma su quelle ai commi 7, 8 e 9. A differenza del testo licenziato dal Senato, secondo cui i decreti attuativi che avessero comportato oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato avrebbero avuto attuazione nell'ambito dei finanziamenti previsti, la Camera dei deputati ha infatti disposto che ciascuno dei decreti legislativi sia corredato da relazione tecnica e che quelli che determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica potranno essere emanati solo dopo l'approvazione di un'apposita legge di spesa che stanzi le occorrenti risorse. La Camera dei deputati ha infine previsto che sui decreti legislativi sia espresso non solo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia ma anche quello relativo alle conseguenze di carattere finanziario.
Dichiara quindi aperta la discussione generale.


Intervenendo sull'ordine dei lavori, la senatrice ACCIARINI chiede i motivi di una simile accelerazione dell'esame, che contravviene all'usuale prassi della Commissione secondo cui alla relazione introduttiva su un provvedimento segue una opportuna pausa di riflessione.

Il presidente relatore ASCIUTTI fa presente che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, nella riunione di questa mattina, ha previsto che l'esame del provvedimento in Aula inizi a partire da giovedì 27 febbraio prossimo. Qualora la Commissione non concluda i suoi lavori in tempo, l'esame in Assemblea sarà quindi condotto in assenza di un relatore designato. Ad uno specifico quesito della senatrice ACCIARINI, che chiede se la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari non abbia previsto che l'esame in Assemblea inizi solo qualora sia concluso quello in Commissione, il presidente relatore ASCIUTTI risponde che così non gli consta e che il nuovo calendario sarà comunque letto dal Presidente del Senato in apertura della seduta pomeridiana di oggi.

La senatrice SOLIANI depreca l'accelerazione imposta dal Governo al provvedimento, che dimostra a suo giudizio lo scarso interesse che l'Esecutivo annette al dibattito parlamentare. All'opposizione non vengono infatti riconosciuti tempi minimi per sviluppare una discussione che poteva, al contrario, risultare ricca di spunti. Prende dunque atto con rammarico dell'atteggiamento protervo della maggioranza, che dimostra di mirare solo al risultato.

Nella discussione generale interviene dunque la senatrice ACCIARINI, la quale si dichiara indignata per la blindatura del testo di riforma, che giudica vergognosa. Il confronto fra il testo originariamente approvato dal Consiglio dei Ministri e quello di cui viene richiesta l'approvazione al Senato in terza lettura testimonia infatti un'assoluta chiusura del Governo e della sua maggioranza ad ogni proposta di modifica.
Il ricorso allo strumento della delega ha del resto conseguito il risultato di svilire il ruolo del Parlamento, tanto più che i contenuti dei decreti legislativi sembra avranno ben poco a che fare con il testo della legge di delega. Esso non ha tuttavia conseguito il miracolo di reperire risorse adeguate, limitando la copertura del provvedimento ad appena 12 mila euro per il 2003, 45.000 per il 2004 e 66.000 per il 2005. Si tratta di una copertura così esigua, da essere palesemente insufficiente per gli obiettivi di riforma che il testo si prefigge, indipendentemente da ogni giudizio di carattere pedagogico o didattico sui contenuti di merito. La stessa Commissione bilancio del Senato aveva osservato, in prima lettura, che la platea dei destinatari rischiava di essere variabile, determinando una frammentazione dell'offerta scolastica sul territorio. Né le modifiche apportate dalla Camera dei deputati, pur concentrate sui profili finanziari, risolvono il problema. Resta infatti un'applicazione graduale della riforma, previa sperimentazione e comunque in termini compatibili con le risorse finanziarie locali, secondo un'impostazione che non fa onore al Parlamento nel suo complesso.
Tali difficoltà sono del resto confermate dalla richiesta di relazione tecnica avanzata dalla Commissione bilancio della Camera dei deputati, alla quale il Governo non ha dato seguito, mettendo la Commissione stessa in condizione di doversi esprimere senza i dati necessari.
Tali macroscopiche incertezze sulla copertura del provvedimento lo rendono quindi, nei fatti, simile ad un gigantesco ordine del giorno che non reca modifiche sostanziali all'ordinamento. A ciò si aggiungono decine di ordini del giorno accolti dal Governo nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, a volte in palese contraddizione fra loro.
Ne consegue non solo che l'obbligo di iscrivere annualmente i relativi finanziamenti nella legge finanziaria rischia di incidere pesantemente, di anno in anno, su diritti costituzionalmente garantiti, ma anche che la legge appare addirittura scoperta, in evidente violazione dell'articolo 81 della Costituzione. La disposizione secondo cui i decreti legislativi che comportino nuove o maggiori spese potranno essere emanati solo dopo un provvedimento di spesa che stanzi le relative risorse rappresenta infatti la presa d'atto delle denunce dell'opposizione, che ha sempre evidenziato come la legge finanziaria per il 2003 non rechi appositi stanziamenti né nell'anno di riferimento né nelle proiezioni del triennio.
Nonostante tale palese impossibilità di applicare la riforma nell'immediato, la maggioranza ha peraltro optato di abrogare direttamente sia la legge n. 30 del 2000 (di riforma dei cicli scolastici) che la legge n. 9 del 1999 (di innalzamento dell'obbligo scolastico). Si realizza così un caso inaudito di ritorno al passato, con una legge che cancella diritti senza offrire nulla in cambio.
Anche con riferimento al passaggio fra i due canali di istruzione e formazione, l'abrogazione del biennio integrato rappresenta un inopinato ritorno al passato, atteso che le scarsissime risorse a disposizione non consentiranno certo il proclamato interscambio fra i due percorsi.

Il senatore CORTIANA ritiene che la blindatura del testo contrasti con le decine di ordini del giorno approvati presso l'altro dall'altro ramo del Parlamento, che pongono l'applicazione del provvedimento in bilico fra l'osservanza delle disposizioni testuali e quella degli atti di indirizzo.
Dopo essersi soffermato sull'evidente mancanza di copertura finanziaria e sulla progressiva contrazione delle risorse destinate alla riforma, egli osserva che la legge n. 30 del 2000 finirà per essere abrogata senza essere mai stata attuata. Lamenta altresì la ristrettezza dei tempi concessi al dibattito parlamentare e rileva che la Commissione bilancio della Camera dei deputati si è dimostrata più rigorosa dell'analogo organo del Senato, mettendo in luce i rischi di una violazione costituzionale e stigmatizzando l'assenza di contestualità fra obiettivi prefissati e risorse stanziate.
L'ottica del mondo della scuola è tuttavia, allo stato, quella di ridurre i danni. In tal senso, i Verdi avevano predisposto un numero limitato di emendamenti di carattere niente affatto ostruzionistico. A fronte della assoluta indisponibilità del Governo e della maggioranza a qualunque forma di dialogo, l'opposizione si pone tuttavia il problema di come comunicare al mondo della scuola che non è in alcun modo corresponsabile dello scempio in atto. Né va dimenticato che gli ordini del giorno non possono certo sanare violazioni al tessuto costituzionale.

Il senatore TESSITORE manifesta a sua volta delusione per la scarsa attenzione dimostrata dal Governo al confronto parlamentare. Ciò, nonostante che l'opposizione avesse tentato, già dalla prima lettura, di dare un contributo pur all'interno di una logica non condivisa. Avrebbe dunque auspicato un maggiore rispetto per l'impegno profuso, sì da tradursi in un ascolto non di mera cortesia.
Pur dando atto alla Camera dei deputati di un rigore maggiore rispetto al Senato, ritiene infatti che gli emendamenti approvati dall'altro ramo del Parlamento confermino i motivi delle preoccupazioni più volte espresse dall'opposizione e, in particolare, il rischio di una frantumazione del sistema nazionale di istruzione e formazione. A suo giudizio è infatti del tutto erroneo il presupposto che federalismo e regionalismo si realizzino attraverso il frazionamento del sistema nazionale della formazione e su questo auspica una riflessione attenta pur nel rispetto del contingentamento dei tempi.
Si tratta del resto di sollecitazioni poste in uno spirito di sostanziale collaborazione, cui si augura il Ministro voglia dedicare la necessaria attenzione, avendo già meritoriamente riportato la scuola al centro dell'attenzione del Paese, dopo anni di ingiustificata emarginazione.

La senatrice MANIERI osserva come l'ampio dibattito svoltosi alla Camera dei deputati e i molteplici ordini del giorno accolti dal Governo in quella sede testimonino le difficoltà del provvedimento, che risulta quanto meno controverso.
Rileva poi che i due indici principali dello stato di salute di un sistema democratico a base parlamentare consistono nel rispetto delle prerogative legislative del Parlamento e nel rispetto del diritto del Governo a governare. Non contesta quindi la scelta del Ministro di procedere risolutamente all'approvazione della legge. Esprime invece preoccupazione per la compressione del dibattito parlamentare che è stato ed è, a tutti gli effetti, solo virtuale. Il testo che sta per essere approvato in via definitiva non differisce infatti di molto da quello originariamente licenziato dal Consiglio dei Ministri, a testimonianza di una solida blindatura.
Non è tuttavia sufficiente che il Parlamento approvi una riforma. Essa deve poi essere applicata in pratica nella società civile, ove anche l'opposizione è ampiamente rappresentata. Contesta quindi la scelta di riforme imposte con uno scontro frontale, che umilia l'opposizione relegandola in un angolo, tanto più in quanto in contrasto con le pubbliche dichiarazioni del Ministro in favore di un approccio bipartisan.
Né va dimenticato che la riforma della scuola si inserisce in un quadro istituzionale terribilmente confuso, a causa delle diverse prospettive del nuovo Titolo V della Costituzione e della devoluzione.
L'abrogazione della legge n. 9 del 1999 sull'obbligo scolastico determina poi un riabbassamento dell'obbligo dopo anni di convinto dibattito sull'opportunità d'innalzarlo. Né la previsione di un elevamento del diritto-dovere di istruzione fino al conseguimento del diploma o della qualifica vale a fugare i timori, atteso che esso attiene alla sfera individuale dello studente, mentre l'obbligo scolastico si rivolge allo Stato, imponendo un'istruzione di base gratuita di alto livello.
Anche con riferimento all'obiettivo di assicurare al canale della formazione professionale una piena dignità di carattere europeo, le risorse stanziate appaiono del tutto insufficienti.
Ella si augura quindi che almeno nella fase di attuazione il Governo dimostri maggiore attenzione alla dialettica parlamentare e segni la conclusione di una fase accesamente ideologica.

Il senatore VALDITARA rileva che le osservazioni critiche sulla mancanza di copertura finanziaria appaiono fugate dal parere di nulla osta, reso poco fa all'unanimità dalla Commissione bilancio sul testo licenziato dalla Camera dei deputati.
Esprime poi apprezzamento per il senso di responsabilità dimostrato dal senatore Cortiana e si associa all'auspicio che la scuola italiana esca al più presto dall'attuale stato di incertezza.
Conviene altresì con il senatore Tessitore, di cui apprezza l'autocritica, sulla inopportunità di frantumare il sistema nazionale di istruzione.
Registra infine con soddisfazione le aperture manifestate dalla senatrice Manieri, cui assicura un pieno impegno alla collaborazione sulla costruzione del percorso della formazione.
Esprime conclusivamente convinta adesione al testo di riforma.

Il senatore MODICA osserva che il provvedimento in discussione non costituisce una riforma in senso stretto, in quanto sostanzialmente riproduce l'ordinamento previgente alla legge n. 30. Esso rappresenta tuttavia un atto innovativo nel sistema delle fonti, configurando una sorta di "legge delega con riserva", la cui applicazione è subordinata all'approvazione di nuove leggi di spesa. Si tratta, a suo giudizio, di un effetto conseguente alla fretta con cui il Governo intende affermare la propria linea politica, anche di fronte ad un Parlamento riottoso. Ciò è testimoniato, del resto, dalle decine di ordini del giorno accolti presso l'altro ramo del Parlamento il cui contenuto è molto spetto in contrasto con quello della legge. Dopo aver citato, in proposito, alcuni esempi relativi al sistema biennale delle bocciature (contraddetto da alcuni ordini del giorno che prevedono invece la possibilità di ripetere il primo anno del biennio) e al nuovo sistema di reclutamento degli insegnanti (contraddetto dall'attribuzione di punteggi aggiuntivi e specifici per i canali attuali), esprime sconcerto per la previsione di una relazione tecnica su ciascun decreto attuativo, che rischia di configurare una sorta di sfiducia nei confronti del Ministro competente.
La riforma, così come approvata dalla Camera dei deputati, risulta dunque del tutto inapplicabile. Dal primo settembre 2003 partirà infatti solo una riforma mutilata, attinente a quei pochissimi aspetti finanziariamente coperti o dichiaratamente senza oneri, comunque priva del senso della continuità. Ciò non conforta tuttavia neanche gli esponenti di opposizione, atteso che la scuola non ha certamente bisogno di un ulteriore periodo di incertezza.
Quanto infine alle modifiche apportate dalla Camera dei deputati, egli si associa alle considerazioni del Presidente relatore sulla scarsa pregnanza di quella apportata al comma 5 dell'articolo 7. In tema di correzioni linguistiche, ben altri sarebbero stati infatti gli errori da correggere. Una sciatta attenzione alla chiarezza e alla proprietà lessicale è del resto indice di una pessima qualità legislativa.

La senatrice SOLIANI prende atto che il provvedimento torna all'esame del Senato per difficoltà di carattere finanziario, registrate presso l'altro ramo del Parlamento ma già ampiamente denunciate dall'opposizione anche in Senato. La circostanza che i primi sei articoli del provvedimento siano invece stati approvati senza modifiche testimonia l'inutilità del dibattito parlamentare sia per il Paese che per la scuola. Invita quindi il Ministro ad abbandonare ogni richiamo ad un approccio bipartisan ed a assumersi la responsabilità di scelte ben precise.
Quanto poi ai numerosi ordini del giorno accolti presso la Camera dei deputati, si associa alle considerazioni già espresse sulla loro contraddittorietà. Proprio per questo, ritiene decisivi i decreti attuativi, la cui stesura sarà tuttavia difficoltosa alla luce dei contrastanti impegni assunti dal Governo.
Prende indi atto che le risorse stanziate dal comma 5 dell'articolo 7 rappresentano il tetto di spesa della riforma, definendone i limiti. Il disegno nel suo complesso non appare invece finanziato, tanto che i successivi commi 7 e 8 dispongono che ogni decreto legislativo sia corredato da una relazione tecnica e quelli comportanti maggiori oneri siano approvati solo dopo un'apposita legge di spesa. Ciò significa che il legislatore futuro potrà anche disattendere l'applicazione della riforma, che si configura così come un mero auspicio, confermando tutte le preoccupazioni dell'opposizione. Il testo licenziato dalla Camera dei deputati svela infatti l'assoluta inconsistenza della riforma, che può rappresentare solo un testo di comunicazione e propaganda ma la cui realizzazione dipende in ultima istanza dal Ministro dell'economia. Ben lontani dalle cifre indicate nell'ordine del giorno di maggioranza accolto dal Governo in prima lettura presso il Senato, gli stanziamenti risultano così del tutto insufficienti a coprire gli altisonanti obiettivi che la legge si prefigge: riforma degli ordinamenti, dignità della formazione professionale, sistema nazionale di valutazione, sviluppo delle nuove tecnologie, rafforzamento dell'educazione motoria, formazione degli insegnanti, valorizzazione del personale ATA, educazione permanente, adeguamento delle strutture edilizie, alternanza scuola-lavoro.
L'inconsistenza di tale progetto, sommata ai tagli operati sul personale scolastico e all'abrogazione delle leggi n. 9 del 1999 e n. 30 del 2000, si traduce dunque in una dimostrazione di ulteriore mancanza di credibilità del Governo in carica, cui l'Ulivo risponderà con la presentazione di un grande progetto di investimenti in favore della scuola.

Il senatore D'ANDREA ritiene che l'ultima stesura dell'articolo 7, caratterizzata da un iter molto tormentato, ha sostanzialmente privato la legge di ogni contenuto di normazione positiva. Con le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati l'articolo 7 nega infatti ben di più di quanto non affermi, non solo con riferimento alle risorse ma anche con specifico riguardo agli articoli 1 e 4. Gli emendamenti della Camera dei deputati non sono infatti solo di carattere tecnico ma, rendendo esplicite le preoccupazioni dell'opposizione, sono andati ben oltre colpendo l'intera articolazione del provvedimento.
La previsione di una relazione tecnica su ciascun decreto legislativo attuativo si estende infatti anche al piano programmatico di interventi, che rappresenta il motore finanziario della riforma. Essa dovrà dunque dimostrarne l'assenza di oneri, vanificandone sostanzialmente la portata.
A sua volta, la previsione di una legge di spesa preventiva rispetto ad ogni nuovo impegno finanziario nega ogni certezza al disegno attuativo, ivi compresa la sperimentazione dell'anticipo graduale dell'età scolare. Le cifre previste sono infatti ben lontane da quelle contenute dall'ordine del giorno Valditara approvato in prima lettura al Senato, che continua ad essere eluso dal Governo.
A futura memoria, egli elenca quindi le conseguenze della abrogazione della legge n. 9 del 1999 sull'obbligo scolastico, come già ebbe modo di elencare le conseguenze dell'imperfetta copertura finanziaria del provvedimento, ora confermate dai fatti. In primo luogo, l'abrogazione della legge n. 9 fa cessare la garanzia del diritto a frequentare iniziative formative volte al conseguimento di una qualifica professionale per coloro che non riescono a raggiungere un titolo di studio. Inoltre, scompaiono le misure attive sull'ultimo anno dell'obbligo volte a contrastare il fenomeno della dispersione scolastica e si perde il credito formativo per chi non consegue un diploma o una qualifica. Infine, si minano le basi giuridiche del Fondo per l'offerta formativa per la parte relativa alla sperimentazione delle istituzioni scolastiche autonome, del Fondo per il sostegno all'handicap per la parte relativa all'integrazione oltre il livello dell'obbligo, nonché del raccordo con l'articolo 68 della legge n. 144 del 1999.
L'abrogazione della legge n. 30 ha a sua volta conseguenze devastanti. Fra queste, egli cita anzitutto il problematico rapporto con la summenzionata legge n. 144 del 1999 e la scomparsa della deroga per le province autonome di Trento e Bolzano sulla disciplina dell'obbligo scolastico. Richiama altresì l'impossibilità di individuare i titoli universitari e curricolari richiesti in deroga alla normativa vigente con provvedimento del Ministro per l'accesso alle professioni fra cui l'attività docente.
Tutto ciò dimostra a suo giudizio la fretta con cui la maggioranza legifera con mero intento propagandistico. L'abrogazione della normativa vigente avrebbe potuto infatti essere quanto meno differita all'entrata in vigore dei decreti legislativi, onde evitare vuoti ed incongruenze.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.


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