Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Disegno di legge modificato dal Senato

 

VII Commissione - Resoconto di martedì 14 gennaio 2003

 

SEDE REFERENTE

 

Martedì 14 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO, indi del vicepresidente Guglielmo ROSITANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.

La seduta comincia alle 17.20.

Definizione delle norme generali sull'istruzione.
C. 23 Stefani, C. 245 Sospiri, C. 353 Alberta De Simone, C. 354 Alberta De Simone, C. 661 Martinat, C. 735 Angela Napoli, C. 749 Angela Napoli, C. 771 Angela Napoli, C. 779 Angela Napoli, C. 967 Bianchi Clerici, C. 1014 Serena, C. 1042 Angela Napoli, C. 1043 Angela Napoli, C. 1044 Angela Napoli, C. 1191 Malgieri, C. 1481 Angela Napoli, C. 1734 Landolfi, C. 1749 Alboni, C. 1988 Parodi, C. 1989 Parodi, C. 1990 Parodi, C. 2277 Serena, C. 3384 Rizzo e C. 3387 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame, abbinamento delle petizioni n. 490, n. 169, n. 205, n. 228 e n. 293, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 dicembre 2002.

Ferdinando ADORNATO, presidente, avverte che il presentatore della petizione n. 490, con cui si chiedono interventi di riforma del sistema scolastico, ne ha sollecitato l'esame da parte della Commissione. Propone pertanto che tale petizione sia abbinata ai progetti di legge sulla definizione delle norme generali sull'istruzione, di cui nella seduta odierna la Commissione riprende l'esame.
Propone inoltre di abbinare ai medesimi progetti di legge anche le altre petizioni attualmente assegnate alla Commissione in materia scolastica. Precisa che si tratta in particolare delle petizioni n. 169, con cui si chiede il prolungamento dell'orario scolastico, n. 205, con cui si chiedono provvedimenti per la tutela e l'insegnamento dei valori socio-culturali della tradizione italiana, n. 228, con cui si chiede la revisione dei criteri di ammissione dei candidati privatisti agli esami del quinto anno delle scuole superiori e n. 293, con cui si chiede la riforma della normativa riguardante l'obbligo scolastico.

La Commissione consente.

Franca BIMBI (MARGH-U) esprime preliminarmente la convinzione che la scuola di ogni ordine e grado sia una comunità che ha vita propria, al di là dei suoi stessi assetti istituzionali. Ritiene che con il termine «scuola» si intenda prima di tutto fare riferimento alla qualità della relazione formativa che è ispirata per un verso dall'autorevolezza dei docenti, sul piano delle competenze e della capacità di sintonia con le potenzialità umane ed intellettive dei loro allievi, per un altro verso dalla capacità riflessiva e dialogica delle ragazze e dei ragazzi. Ritiene inoltre che la scuola risenta ovviamente del contesto comunitario, sociale e politico in cui docenti ed allievi vivono, che può essere più o meno consono a sviluppare nei più giovani l'autostima, il riconoscimento del legame con gli altri, l'amore per la ricerca della verità e il dubbio metodico della scienza.
Ritiene altresì che la scuola sia un elemento di democrazia se la relazione formativa risulti autorevole e non autoritaria e se l'autorevolezza dei docenti, il loro sapere sia effettiva risorsa di crescita intellettuale ed umana per tutte le personalità e per tutte le culture degli allievi, ragazze e ragazzi.
Per tali ragioni, considera importante che, nella discussione odierna sul disegno di legge in titolo, si soffermi l'attenzione sui seguenti punti: in primo luogo, sul contesto di interventi politici in cui si colloca; in secondo luogo, sul suo approccio culturale; in terzo luogo, sul senso generale degli aspetti maggiormente qualificanti. Sulla base di tali aspetti, esprime un giudizio sostanzialmente negativo sul provvedimento in titolo.
Riprendendo le critiche già espresse dal deputato Volpini nella seduta precedente, sottolinea i singoli aspetti negativi che caratterizzano il disegno di legge: dall'anticipo dell'entrata nella scuola materna alla segregazione sociale degli studenti nei due canali dei licei e della formazione professionale; come pure le proposte piuttosto confusionarie avanzate sulla formazione degli insegnanti. Esprime la convinzione che la mancanza di chiarezza sul rapporto tra sistema scolastico e sistema universitario, potranno essere metabolizzate dalle «buone pratiche» cui continueranno ad ispirarsi - in buona parte - i singoli insegnanti, i dirigenti, le singole istituzioni scolastiche o di formazione professionale, le potenzialità dell'autonomia scolastica e gli enti locali. Riguardo allo sviluppo del canale della formazione professionale, richiama l'esperienza del Trentino Alto Adige, che presenta - anche per l'impiego di risorse e per l'attenzione all'autonomia scolastica - caratteristiche di qualità, di integrazione con quello scolastico, di orientamento all'integrazione sociale degli allievi. Rispetto a tale modello positivo, evidenzia la povertà del disegno di legge in titolo.
Osserva, quindi che il disegno di legge in titolo non delinea una riforma nel senso della modernizzazione: non destruttura un'organizzazione burocratico-funzionale rigida per mettere al suo centro aspetti progettuali-processuali, per promuovere
un sistema più flessibile in relazione a nuovi bisogni di conoscenza e di integrazione sociale. Sottolinea inoltre che con tale provvedimento si destruttura un apparato che avrebbe bisogno di una riforma da verificare ed attualizzare in un continuo progress, fondata su una maggior autonomia e partecipazione. Rileva quindi che, con la proposta in esame, si intende perseguire un obiettivo e due orientamenti culturali prevalenti: l'obiettivo sembra essere quello di ridurre la scuola italiana ad un «bricolage» interno al mercato ed alle sue logiche più immediate di segmentazione sociale, fissato sulla società italiana; i due orientamenti culturali che guidano la riforma appaiono complementari: per un verso, la «credenza economica» che riduce il sapere alla sua applicabilità economica; per l'altro verso, la credenza in una scuola orientata da una morale eterodiretta che si legge in filigrana (la predicazione dei valori piuttosto che la loro esemplificazione testimoniale nelle relazioni pedagogiche; la preferenza per un'autorità di governo dei rapporti piuttosto che per un'autorevolezza continuamente provata nei confronti e nelle relazioni anche conflittuali).
Osserva che gli aspetti critici di contesto in cui si colloca il provvedimento in titolo derivano dagli interventi già attuati dal Governo sin dall'inizio della legislatura, che hanno prodotto un contesto negativo per la vita scolastica perché ne hanno impoverito le risorse, irrigidito le funzioni organizzative e di governo delle istituzioni scolastiche: basti ricordare la destrutturazione della capacità dei dirigenti e dei docenti di operare come sistema integrato prima in orizzontale che in verticale, che rischia di mettere in crisi la progettualità unitaria e la necessaria complessità (che deve comprendere un'adeguata flessibilità soddisfacente per tutti) di cui necessita un progetto formativo all'altezza degli attuali bisogni formativi. Richiamando altri aspetti negativi del disegno di legge, si sofferma anche sulla cancellazione dell'organico funzionale e la fissazione delle 18 ore di orario in classe, che contraddicono l'idea di una scuola in cui la progettualità dell'offerta didattica possa dispiegarsi davvero nella direzione di una pedagogia dell'eguaglianza delle opportunità, nella valorizzazione delle differenze di attitudini, potenzialità, culture. Ritiene che la riconduzione del rapporto dirigenti-insegnanti alla esclusiva dimensione gerarchico-organizzativa, e del rapporto insegnante-allievi alla lezione cattedratica o comunque a modalità che tendono ad isolare l'insegnante dai colleghi, costituiscano due elementi di contesto già operanti, che segnano un impoverimento già in atto della scuola.
Osserva inoltre che il disegno di legge in titolo risulta coerente - anche se non sul piano delle conseguenze immediate - con la proposta della cosiddetta devoluzione, in quanto, alla luce di quest'ultima, una interpretazione estensiva dell'articolo 119, potrà consentire ad alcune regioni di superare quella riserva a favore dell'autonomia scolastica voluta dai governi dell'Ulivo, in quanto organica ad una concezione di federalismo che parte dal basso, dalle «comunità di vita» e non dall'alto delle istituzioni.
Precisa che il giudizio critico del suo gruppo sul provvedimento si aggrava se si valutano analiticamente alcuni aspetti tipici dell'approccio culturale che caratterizza il disegno di legge in titolo, espressi nei documenti di indirizzo (raccomandazioni ed indicazioni) per la scuola dell'infanzia, la scuola primaria, nonché nel documento che delinea il «Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo».
Esprime, in primo luogo, una valutazione negativa sul riferimento ad una concezione rigida degli stadi evolutivi di crescita psicologica (infanzia, fanciullezza, preadolescenza, adolescenza). Considera infatti in maniera negativa una scuola centrata sull'idea di una sequenza rigida di stadi evolutivi standard, anziché sull'attenzione alle differenze, individuali, di genere, e sociali, pur tenendo conto dei riferimenti per così dire classici delle sequenze evolutive.
Considera, in secondo luogo, in maniera negativa il suggerimento pressante, contenuto nel provvedimento ad un preciso orientamento all'educazione morale: viene delineato un approccio incongruente per affrontare adeguatamente il disagio delle generazioni più giovani.
Nel giudicare curiose alcune definizioni contenute nel provvedimento, sottolinea l'esistenza al suo interno di equivoci concettuali molto consistenti come nel caso dell'idea di cittadinanza, con la quale, in realtà, si dovrebbe fare riferimento anche ai diritti sociali e politici.
In conclusione, nel ribadire il giudizio negativo del suo gruppo sul provvedimento, sottolinea la povertà delle fonti culturali che lo caratterizzano.

Katia BELLILLO (Misto-Com.it) esprime preliminarmente la preoccupazione e l'allarme del suo gruppo per il futuro della scuola italiana, rispetto alla quale si intende realizzare un sistema scolastico nel quale viene assicurata un'istruzione qualificata soltanto a minoranze privilegiate e garantita una forte presenza di scuole «private-separate». Ritiene che con tale sistema si intenda configurare un modello scolastico nel quale la pratica della socialità, la libertà di insegnamento e di apprendimento risulteranno compromesse, di fatto private dei propri valori costituzionalmente fondanti che coincidono con il suo essere pubblico e con le caratteristiche di libertà, laicità e pluralismo.
Sottolinea l'esistenza di un filo conduttore tra il testo del disegno di legge approvato dal Senato e la legge finanziaria per il 2003: quello di «spezzare» l'inclusione delle persone e delle attività di cooperazione tra le istituzioni che, pur con taluni limiti, hanno caratterizzato la politica educativa italiana. Ritiene che le scelte fatte, anche con il provvedimento in titolo, siano nate con la consapevolezza «scientifica» di contribuire a dequalificare la scuola pubblica, per favorire quella privata. In tale direzione si configura, a suo avviso, la riforma dell'esame di maturità che, con la previsione della presenza quasi esclusiva di insegnanti interni nelle commissioni d'esame, tende a favorire le scuole private e prelude all'abolizione del valore legale del titolo di studio.
Ritiene tuttavia che la scelta di fondo che qualifica come reazionario e oscurantista il progetto scuola del centro-destra sia quella dell'obbligo scolastico. Sottolinea, a tale riguardo, che il disegno di legge in titolo ne cancella la definizione, abbassando l'obbligo all'istruzione dai 15 ai 14 anni e costringendo degli adolescenti a scegliere tra istruzione e formazione professionale. Ricorda che il progetto di riforma predisposto dal centro-sinistra proponeva di elevare il livello formativo medio dell'intera popolazione; mentre il disegno di legge in esame riduce il grado di scolarizzazione degli studenti italiani e la loro possibilità di crescita culturale.
Rileva, tra l'altro, che ciò confligge con le esigenze primarie di un sistema democratico, poiché si nega di fatto a gran parte della popolazione la possibilità di usufruire degli strumenti di conoscenza e culturali minimi e indispensabili per esercitare i fondamentali diritti di cittadinanza, per comprendere in modo critico la realtà e per poter a contribuire a trasformarla, anche migliorando la propria situazione sociale e lavorativa. Per queste ragioni, che coinvolgono il futuro della democrazia e della libertà, inteso come opportunità di diritti per tutti i cittadini, ribadisce la convinta contrarietà del suo gruppo al provvedimento in esame.
Nel richiamare i contenuti della relazione di minoranza presentata al Senato dalle forze di opposizione e la proposta di legge in materia del suo gruppo, esprime la convinzione che la scuola debba consentire ai soggetti capaci e meritevoli (e non solo agli studenti nati in famiglie benestanti) di raggiungere i livelli più alti e di esercitare i diritti di cittadinanza e che il sistema scolastico nazionale pubblico debba essere riformato in sintonia con quello europeo.

Piera CAPITELLI (DS-U) sottolinea preliminarmente il fatto che il disegno di legge in titolo intacca e mette fortemente in discussione tutti i principi e le aspettative espressi dal suo gruppo riguardo al sistema scolastico. Ciò nonostante, dichiara che non verrà comunque mai meno la volontà del suo gruppo di dare il proprio contributo, nella chiarezza delle regole e nel rispetto dei ruoli e anche dei luoghi del confronto, ovvero il Parlamento. Nel ricordare, peraltro, la mancanza di dialogo tra maggioranza e opposizioni che ha caratterizzato l'esame di numerosi provvedimenti sulla scuola, osserva che le riforme non si possono realizzare attraverso lo strumento della delega, che blocca di fatto una discussione che dovrebbe essere invece ampia e, possibilmente, condivisa. Precisa che, per creare le condizioni di un dialogo più sereno sulle tematiche in esame, sarà necessario che il Governo rinunci sia a portare avanti il disegno di legge costituzionale sulla cosiddetta devoluzione, che risulta particolarmente negativo per la scuola, sia le sperimentazioni avviate nel mondo della scuola.
Riguardo alla cosiddetta devoluzione, richiama i numerosi pareri negativi espressi dalla maggior parte delle associazioni del mondo della scuola, nel corso delle audizioni informali svolte dalla VII Commissione. Sottolinea, tra l'altro, che la mancata previsione di una consistente quota nazionale del curriculo ha provocato e provoca notevoli preoccupazioni nel mondo della scuola, poiché in tal modo si elimina, in tutto il territorio nazionale, quella necessaria omogeneità che deve caratterizzare il nucleo essenziale dei piani di studio.
Con riferimento alle sperimentazioni, ricorda che il TAR di Milano ha dato ragione alle forze politiche di opposizione, che sostenevano che le stesse sperimentazioni venivano realizzate in contrasto con quanto previsto dalla legislazione vigente. Tale sentenza ha dimostrato che, laddove vi è una magistratura indipendente, le disposizioni legislative debbono essere rispettate anche dal Governo. Sempre in materia di sperimentazioni, sottolinea le forti perplessità espresse dagli istituti scolastici che le hanno avviate e che speravano nella erogazione di fondi aggiuntivi per la loro realizzazione.
Soffermandosi nuovamente sullo strumento della delega, ritiene che esso sia non solo poco rispettoso del paese e culturalmente inviso al mondo della scuola, ma anche che non sia percorribile alla luce del riformato titolo V della Costituzione. Rispetto a tali problematiche, sottolinea che l'autonomia scolastica viene fortemente svilita dalle previsioni contenute nel disegno di legge: in tal modo, tra l'altro, si abbandona la scuola a due forme di centralismo, una a livello regionale e l'altra a livello centrale.
Ritiene che il disegno di legge in esame rappresenti il primo elemento di un processo di forte cambiamento del sistema dell'istruzione e che, rispetto ai contenuti dei primi due articoli del provvedimento, che dettano i principi essenziali della delega e del sistema educativo di istruzione e di formazione, sarebbe stato necessario un maggiore approfondimento.
Esprime quindi l'esigenza di risorse finanziarie e di personale adeguate per il sistema scolastico e la necessità di non favorire la stagnazione culturale che sta caratterizzando la scuola italiana, nella quale la preoccupazione principale espressa dai docenti è relativa alla possibilità di andare al più presto in pensione. Giudica preoccupanti questi segnali di disaffezione dei docenti.
Soffermandosi nuovamente sulla questione delle sperimentazioni recentemente avviate nel mondo della scuola, denuncia l'esistenza nella sua regione di un clima negativo rispetto a tali sperimentazioni ed alle pressioni «intimidatorie» esercitate sui dirigenti scolastici in tale ambito.
Riguardo alle questioni dell'obbligo scolastico e del doppio canale, ricorda che anche lo SNALS, nel corso delle audizioni informali, svolte nel mese precedente dalla VII Commissione, ha espresso forti critiche.
Si sofferma quindi sulla revisione della scuola dell'infanzia e ricorda che con la relativa sperimentazione si è inteso dare risposta alle richieste delle famiglie e non all'esigenza di estendere gli asili nido; in tal modo, tra l'altro, in luogo di un'offerta pedagogica, si è dato vita ad una proposta demagogica. Nell'esprimere la propria contrarietà alla anticipazione delle iscrizioni degli alunni alla scuola dell'infanzia, sottolinea il fatto che queste politiche attuate dal Governo non tengono conto dei diritti e delle esigenze reali dei bambini.
Riguardo alla cosiddetta riforma della scuola elementare, esprime le proprie preoccupazioni per le novità introdotte anche con riferimento alla previsione di introdurre nuovamente nel sistema scolastico la figura del maestro unico, in luogo della collegialità degli insegnanti. Ritiene che, dal punto di vista pedagogico, sarebbe positivo rivedere la legge n. 148, alla luce delle esperienze acquisite nel tempo.
Giudica interessante la discussione sulla figura del tutor: ritiene che questa figura potrebbe avere una configurazione positiva se fosse impostata sulla individualizzazione dei percorsi e non sulla loro personalizzazione; non solo, ma essa potrebbe favorire anche la cosiddetta «continuità verticale», ma solo nell'ambito della riforma della legge n. 148. Riguardo alla «continuità verticale», riterrebbe necessario seguire le esperienze europee basate sul cosiddetto «ciclo scolastico lungo», come quella spagnola.
In merito alla questione della formazione per tutta la vita, ritiene che questa non debba riguardare solo le tecnologie, che peraltro sarebbero poco rilevanti in mancanza di un substrato culturale. Nel giudicare non convincenti i contenuti della lettera f) dell'articolo 2 del disegno di legge in titolo, sottolinea il fatto che in quest'ultimo non sia stata inclusa una struttura per l'orientamento scolastico. Sulla necessità di un orientamento progressivo, richiamata dall'OCSE, sottolinea che la risposta contenuta al riguardo nel provvedimento è quella dell'orientamento precoce. Rispetto al tema della formazione dei docenti, esprime le proprie perplessità sull'impostazione fortemente «disciplinarista», che è stata prevista nel provvedimento. In conclusione, nel ribadire la forte contrarietà del suo gruppo al disegno di legge in titolo, esprime l'auspicio che sulla formazione dei docenti vi sia un ripensamento da parte del Governo.

Ferdinando ADORNATO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 19.10.

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