Diritto pubblico - diritto processuale civile

Diritto civile

Il diritto civile è l'insieme delle leggi, decreti e regolamenti che riguardano il diritto privato, cioè i rapporti tra le persone, sia fisiche che giuridiche, tra di loro, cioè senza lo stato e senza l'amministrazione pubblica. Il testo fondamentale è il codice civile, approvato con il Regio decreto - legge 16 marzo 1942, n. 262 e successive modifiche. Le modifiche al codice civile vengono fatte più volte nel corso di un anno, per cui è complicato trovare un codice civile aggiornato.

Qui occorre distinguere tra diritto civile e diritto processuale civile. Diritto civile da solo fa parte del diritto privato e non del diritto pubblico, per cui non rientra tra gli argomenti del concorso; invece diritto processuale civile fa parte del diritto pubblico e quindi anche di questo concorso.

Diritto processuale civile è l'insieme delle leggi che regolano il processo riguardante i rapporti tra cittadini. Le modalità con cui si svolge un processo civile si dice procedura civile o processo civile. Per esempio le cause che riguardano i rapporti di lavoro in una azienda, i rapporti in famiglia, le separazioni, i divorzi, le cause sulla eredità fanno parte del diritto civile. Le modalità con cui si conducono queste cause fanno parte del codice processuale civile, detto codice di procedura civile.

Facciamo una breve sintesi del codice civile. Esso è diviso in sei libri.

Si parla della persona fisica e della persona giuridica; del domicilio e della residenza; della parentela e della affinità; del matrimonio e del divorzio; dei figli naturali e dei figli adottivi; della proprietà e dell'usufrutto; della divisione della proprietà e della donazione; della obbligazione e del contratto; dei titoli di credito e degli affari; del lavoro, dell'impresa; delle professioni; delle cooperative; delle società; della tutela dei diritti.

Il codice di procedura civile è l'insieme delle leggi, decreti e regolamenti che riguardano il procedimento giudiziario per proteggere i diritti civili. Il testo fondamentale è il codice di procedura civile approvato con  il Regio Decreto 28 ottobre 1940, n. 1443 e successive modificazioni. Le modifiche al codice di procedura civile vengono fatte più volte nel corso di un anno, per cui è complicato trovare un codice di procedura civile aggiornato.

Facciamo una breve sintesi del codice di procedura civile. Esso è diviso in quattro libri e 840 articoli.

Si parla degli organi giudiziari, del pubblico ministero, del giudice, delle parti, dei difensori,  dell'istruzione della causa, della decisione della causa, del procedimento davanti al giudice di pace, delle impugnazioni, delle controversie in materia di lavoro, del processo di esecuzione, dell'espropriazione forzata, dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, dell'arbitrato.

Vediamo, ora, in dettaglio le varie parti del codice di procedura civile.

Libro I - Disposizioni generali

Questo libro si divide in 6 parti dette titoli.

Titolo I – Degli organi giudiziari ( titolo primo, dall'articolo 1 all'articolo 68 )

In questi articoli si illustrano gli organi che fanno parte della magistratura; qui occorre chiarire meglio i concetti di giurisdizione e di competenza; competenza vuol dire decidere a quale giudice spetta la causa; infatti i vari giudici sono divisi in base al motivo per cui avviene una lite; normalmente la legge dovrebbe essere osservata da tutti; quando un diritto di una parte viene leso, la persona che ritiene di essere lesa inizia un processo civile e si chiama attore; volendosi rivolgere alla giustizia deve indicare la persona che non ha osservato la legge; questa persona si chiama convenuto. Le due parti, quindi, di un processo sono attore, che inizia la causa, e convenuto che è chiamato come parte avversa all'attore.

Se il convenuto, cioè la persona o ente che non ha rispettato la legge, è una amministrazione pubblica, si entra nel campo del diritto amministrativo, in quanto una delle due parti del processo è una amministrazione pubblica. Tuttavia per alcune cause è competente il giudice amministrativo, mentre per altre cause è competente il giudice ordinario; in contemporanea si possono avere due processi e anche tre, cioè il processo amministrativo, in base alla giurisdizione amministrativa e al diritto amministrativo; il processo civile in base alla giurisdizione civile e al giudice ordinario; il processo penale, se è stato anche commesso un illecito penale, dinanzi al giudice penale e alla giurisdizione penale.

Il termine giurisdizione sta quindi a significare sia i vari tipi di processi in corso, con i vari tipi di giudice, e sia il territorio su quale gli organi giudiziari sono competenti; per essere precisi, tuttavia, il territorio di competenza si chiama circoscrizione. A sua volta il territorio di competenza cambia nome in base al tipo di processo; per il tribunale ordinario il territorio di competenza è chiamato circondario; per la Corte di assise è chiamato circolo; per la Corte d'appello è chiamata distretto; per la Corte di cassazione la circoscrizione è tutto il territorio nazionale. Quando esisteva la pretura il territorio di competenza veniva chiamato mandamento.

Detto questo, per giudice ordinario si intende il giudice che è competente in primo grado per le cause civili, cioè quando la lite insorge riguardo ad argomenti del codice civile e cioè le cause che riguardano i rapporti di lavoro in una azienda, i rapporti in famiglia, le separazioni, i divorzi, le cause sulla eredità, eccetera.

La competenza è importante ed è inderogabile; cioè occorre rivolgersi al giudice competente per ogni tipo di lite e non ad un giudice a scelta.

Per esempio il giudice di pace è competente per i beni mobili, quando il valore non supera i 5.000 euro; questo vuol dire che se il bene è immobile, cioè un terreno o una casa, il giudice di pace non è competente. Inoltre per i veicoli e i natanti è sempre competente il giudice di pace se il danno non supera i 20.000 euro. Inoltre il giudice di pace è competente per alcune cause, indipendentemente dal loro valore; per esempio per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi è competente il giudice di pace; così come per altre cause indicate nell'articolo 7.

Un tempo esisteva la pretura ed il pretore; oggi non esiste più il pretore; i compiti del pretore sono stati assorbiti in parte dal giudice di pace e in parte dal giudice ordinario nel processo di primo grado.

Il tribunale è un termine generico che si usa al posto di tribunale ordinario; il tribunale ordinario è l'organo giurisdizionale competente per il processo di primo grado, sia civile che penale, che non rientra nella competenza del giudice di pace; inoltre il tribunale ordinario è competente in appello per le cause già trattate dal giudice di pace.

Per quanto riguarda il grado o stato del processo i gradi sono due, cioè primo grado e secondo grado; si dice anche prima istanza e seconda istanza.

Per il processo civile il primo grado è costituito dal giudice di pace, se il valore della lite è al di sotto dei limiti che abbiamo detto; se la lite supera il valore di competenza del giudice di pace il primo grado è costituito dal tribunale.

Se in primo grado la lite non è risolta si procede con il secondo grado; se la lite inizialmente era di competenza del giudice di pace, in secondo grado è competente il tribunale; parliamo sempre del processo civile. Se la lite inizialmente era di competenza del Tribunale, in secondo grado diventa competente la Corte di Appello.

Il processo di secondo grado è diverso dal primo in quanto non è un secondo processo che valuta quanto detto dall'attore, dal convenuto, dal consulente tecnico di ufficio, ma valuta solo se il processo di primo grado è stato svolto in base alla normativa vigente, cioè se il giudice di primo grado non ha compiuto errori di procedura o di valutazione dei fatti o delle prove o dei testimoni.

Non esiste un terzo grado di giudizio; tuttavia se in appello la lite non è risolta, si può ricorrere in Cassazione; ma non sempre. Infatti la Corte di cassazione, avendo in precedenza emanato altre sentenze su un certo tipo di lite, si dice che ha fatto giurisprudenza, cioè sicuramente non cambierà la sentenza; in realtà la cassazione cancella una sentenza, cioè cassa, voce del verbo cassare, cioè cancellare. Di conseguenza il ricorso in Cassazione non è ammesso se entrambi i giudizi di primo grado e di secondo grado sono conformi alla giurisprudenza della cassazione. Quanto detto vale solo per il processo civile. Vediamo ora il processo penale.

Per il processo penale il primo grado è costituito dal giudice di pace, se il reato commesso non è grave, per esempio l'ingiuria, lesioni personali, diffamazione, eccetera. Se, invece il reato è più grave la competenza del primo grado è della Corte di assise. La corte di assise, purtroppo, e anche la corte di assise di appello, sono composte ciascuna da due soli giudici togati, cioè magistrati laureati in giurisprudenza; e da sei giudici non togati, cioè giudici popolari con pari diritti di voto dei giudici togati, quindi in maggioranza. Per il giudice popolare non è prevista una preparazione in campo della giurisprudenza; infatti è sufficiente il diploma di scuola media per essere scelto come giudice popolare di Corte di Assise e Diploma di scuola superiore per essere scelto come giudice popolare di Corte di Assise di Appello. Poiché il magistrato popolare deve giudicare in base al sentimento popolare ed il sentimento popolare è fortemente influenzato dalla televisione, il giudice popolare deve giudicare in base a quanto detto in televisione. Per cui in questi anni si sta avendo un abuso, in quanto se un povero cristo è stato falsamente denunciato per un reato non commesso, e non ha i soldi per pagare le estorsioni compiute dai mezzi televisivi, si trova in carcere per tutta una vita, anche se è innocente. Unica fortuna gli resta il fatto che non esiste la pena di morte. Non sapremo quando mai si arriverà ad una giustizia più moderna, cioè quando, forse, internet scoprirà tutte le magagne compiute da attori televisivi, da cui il popolo beve falsità e spot pubblicitari non degni di un popolo civile.

Se il reato comporta l'ergastolo la competenza di primo grado spetta al Tribunale. Se il reato è compiuto da un minorenne, qualunque sia la gravità, è competente il tribunale per i minorenni.

Se in primo grado la questione non è risolta si procede con il secondo grado; se il reato inizialmente era di competenza del giudice di pace, in secondo grado è competente il tribunale; parliamo sempre del processo penale. Se il reato inizialmente era di competenza della corte di assise, in secondo grado diventa competente la Corte di Assise di Appello.

Il processo di secondo grado è diverso dal primo in quanto non è un secondo processo che valuta il reato, le prove, i testimoni, il consulente tecnico di ufficio, ma valuta solo se il processo di primo grado è stato svolto in base alla normativa vigente, cioè se il giudice di primo grado non ha compiuto errori di procedura o di valutazione dei fatti o delle prove o dei testimoni.

Non esiste un terzo grado di giudizio; tuttavia se in appello la lite non è risolta, si può ricorrere in Cassazione;ma non sempre. Infatti la Corte di cassazione, avendo in precedenza emanato altre sentenze su un certo tipo di reato, si dice che ha fatto giurisprudenza, cioè sicuramente non cambierà la sentenza; in realtà la cassazione cancella una sentenza, cioè cassa, voce del verbo cassare, cioè cancellare. Di conseguenza il ricorso in Cassazione non è ammesso se entrambi i giudizi di primo grado e di secondo grado sono conformi alla giurisprudenza della cassazione.

Ritorniamo alla competenza; se una causa non è di competenza del giudice di pace, allora sarà di competenza del tribunale. Resta il problema del valore della causa, infatti abbiamo detto che il giudice di pace è competente per i beni mobili, quando il valore non supera i 5.000 euro; il valore è da intendersi valore della causa, cioè valore che viene contestato nella lite, cioè il danno dichiarato dall'attore e non contestato dal convenuto. Quando si tratta di rendita alimentare per più anni si considera il valore di soli due anni; se la rendita è vitalizia si prendono al massimo 10 anni; se la rendita è perpetua, cioè senza limiti di anni, si considerano 20 anni.

Per quanto riguarda il territorio di competenza, cioè il luogo dove la causa ha inizio, il territorio è quello del convenuto, cioè dove il convenuto ha la residenza o il domicilio; ricordiamo che residenza è il luogo in cui una persona dimora abitualmente e risulta nell'anagrafe del Comune; domicilio è il luogo in cui una persona lavora o guadagna soldi senza lavorare; se una persona non dichiara altrimenti, il domicilio viene trasferito insieme alla residenza. Se il convenuto è una persona giuridica, cioè una società o associazione, il luogo è quello dove la società ha la sede. Se una delle parti in causa è una pubblica amministrazione il luogo è quello della Avvocatura dello stato; l'avvocatura dello stato è un organo legale che difende gli interessi della pubblica amministrazione.

Il cancelliere è un impiegato che documenta le attività giudiziarie, sia attività proprie, cioè che spettano per legge a lui, sia attività degli organi giudiziari, sia attività delle parti. Qui occorre stare attenti a come si usa la parola cancelliere, e cioè fare distinzione tra direttore amministrativo, funzionario giudiziario e cancelliere; il funzionario giudiziario e il direttore amministrativo appartengono all'area terza, cioè sono di livello superiore rispetto al cancelliere, quindi le mansioni e le competenze sono diverse. Le diverse mansioni non sono chiare e cambiano nel tempo in base alle varie interpretazioni delle circolari e dei contratti. Quando in una legge, come il codice di procedura civile che stiamo esaminando o quando nel codice civile si usa la parola cancelliere, non è detto che vuol dire il vero impiegato che si chiama cancelliere, ma vuol dire ufficio di cancelleria nel suo complesso.

Quando, invece, si legge un contratto nazionale di lavoro o una circolare del ministero, la parola cancelliere vuol dire appunto l'impiegato assunto e pagato con la qualifica di cancelliere, dell'area II.

In questo contesto la parola cancelliere verrà usata nel senso di ufficio di cancelleria nel suo complesso.

Il cancelliere assiste il giudice sia durante l'udienza durante la stesura del verbale e sia al di fuori dell'udienza quando il giudice deve scrivere un testo; in pratica il testo viene scritto dal cancelliere, sia con penna biro sia mediante un computer, sotto la guida e la responsabilità del giudice.

Il cancelliere rilascia le copie dei documenti prodotti, iscrive le cause a ruolo, cioè nel registro generale, forma un fascicolo di ufficio, riceve e conserva i fascicoli delle parti in causa, provvede alle comunicazioni e alle notifiche.

L'ufficiale giudiziario assiste il giudice ed esegue gli ordini del giudice e le notificazioni.

Poiché il giudice è un laureato in giurisprudenza, di solito non possiede le competenze tecniche per giudicare in campo economico, in campo medico, in campo scientifico o altri campi professionali; in questo caso può avvalersi di un esperto non facente parte degli organi giudiziari e che ha le competenze tecniche per valutare una parte della causa, cioè quella che riguarda le competenze tecniche. Anche l'attore e il convenuto possono farsi assistere da un proprio consulente tecnico, che si chiama consulente tecnico di parte; mentre il consulente tecnico nominato dal giudice si chiama consulente tecnico di ufficio.

Quando un bene viene pignorato o sequestrato, esso viene affidato ad un custode che ha il compito di conservarlo ed amministrarlo. Il pignoramento è una ingiunzione fatta dall'ufficiale giudiziario al proprietario di un bene per evitare di venderlo o distruggerlo, in quanto il bene è oggetto di una lite giudiziaria come pagamento di un debito che il proprietario del bene ha verso altre persone o verso lo Stato. Al pignoramento segue l'espropriazione forzata, cioè la perdita della proprietà del bene. Il sequestro conservativo è simile al pignoramento nello scopo, cioè lo scopo è quello di evitare che il bene momentaneamente venga venduto o distrutto; lo scopo del sequestro non è quello di togliere la proprietà del bene, mentre nel pignoramento lo scopo è quello di sottrarlo al proprietario per poterlo poi espropriarlo. Nella confisca, invece, il bene passa direttamente alla proprietà dello stato senza indennizzo al proprietario.

 

Titolo II – Del pubblico ministero ( titolo secondo, dall'articolo 69 all'articolo 74)

La Procura della Repubblica è l'ufficio del tribunale ordinario in cui ha sede il pubblico ministero; il pubblico ministero ha il compito di tutelare gli interessi pubblici anche in alcune cause civili; in particolare interviene obbligatoriamente nelle cause matrimoniali e nelle cause che riguardano lo stato e le capacità della persona. A capo di ogni procura vi è un Procuratore della Repubblica; poi vi sono i sostituti del procuratore; poi vi sono i vice procuratori. Vengono stabiliti dei turni tra i vari magistrati che svolgono la funzione di pubblico ministero, in modo tale che un magistrato con funzione di pubblico ministero sia sempre reperibile 24 ore su 24.

Nelle cause civili in cui interviene il pubblico ministero, egli ha gli stessi poteri delle parti in causa.

Titolo III – Delle parti e dei difensori (titolo terzo,  dall'articolo 75 all'articolo 98)

Nelle cause dinanzi al giudice di pace è obbligatoria l'assistenza di un avvocato difensore quando la causa supera il valore di 1.100 Euro. Nelle cause di competenza del tribunale l'assistenza dell'avvocato è sempre obbligatoria; così pure per l'appello e la cassazione. L'atto con cui una delle parti conferisce l'incarico all'avvocato si dice procura.

Le spese per il processo sono a carico della parte soccombente, cioè che ha torto.

Titolo IV – Dell'esercizio dell'azione ( titolo quarto, dall'articolo 99 all'articolo 111)

In questi articoli si chiarisce che la causa civile non inizia da sola ma occorre che vi sia una parte che ha interesse. Interesse a? Interesse solo a fare causa? Anche!

Si afferma il principio del contraddittorio, cioè la parte contro cui si agisce deve essere citata in giudizio, cioè deve conoscere che sta iniziando una causa contro di essa.

Curioso il fatto dell'articolo 110 in cui si chiarisce che in caso di morte di una delle parti la causa prosegue a vita di padre in figlio, per successione; questo in quanto si dà per scontato che una causa civile duri 10 o 20 anni e che sicuramente in tale periodo di tempo qualcuno per forza deve morire.

Titolo V – Dei poteri del giudice ( titolo quinto, dall'articolo 112 all'articolo 120)

L'articolo 112 chiarisce che il giudice deve giudicare solo sulla domanda; per cui anche se una delle parti è un delinquente incallito, il giudice non si deve preoccupare di quanti reati sono stati compiuti dalle parti; non si deve occupare se le tasse sono state pagate, non si deve occupare se le concessioni edilizie o le licenze commerciali sono in regola, cioè il giudice deve farsi i fatti suoi, e giudicare solo sull'argomento richiesto dall'attore della causa.

L'articolo 113 chiarisce il dubbio se il giudice debba essere giusto o ingiusto, cioè secondo equità vuol dire secondo quanto ritenga giusto, secondo legge vuol dire decidere secondo le leggi. Il giudice, purtroppo deve agire secondo la legge; solo se la legge ha descritto i casi in cui il giudice può agire secondo equità, solo in quei casi il giudice può agire secondo equità; quindi deve agire sempre secondo legge. Unico caso di equità resta quello di una causa di valore fino a 1.100 euro; in tal caso il giudice di pace può agire secondo equità, ma non sempre. Infatti se uno ha un contratto con una banca o con una assicurazione o con un impresa di telefonia, energia elettrica, gas, acqua, in cui si usa un modulo prestampato, cioè un foglio di carta lungo 10 pagine e anche di più, scritto in caratteri leggibili, e non si è letto tutte le piccole note, leggibili solo a chi possiede una lente, anche il giudice di pace deve agire secondo la legge, cioè prevale quello scritto in piccolo e non leggibile, rispetto a quello scritto in caratteri leggibili.

Un giudice può agire secondo equità quando le due parti sono d'accordo, cioè quasi mai.

La sentenza emessa dal giudice è pubblica, cioè può essere conosciuta anche da altre persone diverse dalle parti in causa. In alcuni casi può essere pubblicata sui giornali, televisione e siti internet, cioè quando la sentenza ripara in parte il danno creato. Resta il problema se i motori di ricerca di internet possano mettere tutte le sentenze a disposizione. In ogni caso le spese di pubblicazione sono a carico della parte soccombente, che cioè ha torto. Gli atti e i documenti prodotti, facenti parte dei fascicoli, possono essere letti solo dalle parti, sia quando la causa è in corso, sia dopo la sentenza.

Titolo VI Degli atti processuali ( titolo sesto, dall'articolo 121 all'articolo 162)

Gli atti processuali sono le azioni compiute nel corso del processo; ogni atto è composto da una o più carte scritte, da documenti su carta, da documenti sul computer, da documenti trasmessi in modo telematico e situati nei server del ministero. Il primo atto che dà inizio ad una causa è detto citazione; la persona che ha subito un torto e intende rivolgersi al giudice si chiama attore, nel senso che compie un atto; l'attore si rivolge al suo avvocato, cioè un suo difensore di fiducia; per conto dell'attore l'avvocato cita in giudizio, dove citare vuol dire chiamare in giudizio un'altra persona, mediante una carta scritta detta citazione. Con la citazione l'attore chiede al giudice di giudicare, cioè di emanare un provvedimento riguardo ad una lite con una persona che ha compiuto un danno all'attore; a seguito della citazione, il convenuto, cioè la persona che ha fatto il danno, è obbligato a presentarsi nel giudizio, cioè a venire nel processo, non per forza di persona, ma mediante un altro difensore diverso da quello scelto dall'attore; per cui è detto convenuto la persona che viene al processo insieme all'attore, ma contro l'attore.

La citazione viene iscritta nel ruolo generale dall'ufficio di cancelleria e viene inviata al convenuto, cioè viene notificata al convenuto, dall'ufficiale giudiziario. L'attore prepara un fascicolo, detto fascicolo di parte, contenente l'atto di citazione, la procura, cioè l'atto con cui conferisce l'incarico all'avvocato di difenderlo nel processo, più i vari documenti necessari per dimostrare che ha subito un torto.

Il convenuto, ricevuta la notifica della citazione, è obbligato ad intervenire mediante un atto detto comparsa di risposta; il difensore del convenuto prepara il fascicolo di parte del convenuto, allegando la citazione, la procura con cui il convenuto affida al proprio avvocato la difesa nel giudizio, più altri atti che dimostrano le proprie ragioni.

L'avvocato è detto anche procuratore, in quanto ha ricevuto dal cliente l'incarico, cioè la procura, di rappresentarlo nel processo.

Vi è una differenza tra ricorso e citazione; il ricorso è una domanda rivolta direttamente all'autorità giudiziaria; la citazione, invece, è rivolta alla controparte, cioè al convenuto. La parte che si oppone al ricorso scrive un atto detto controricorso.

Il precetto è un atto caratteristico dell'esecuzione forzata; è un atto con cui il creditore sollecita il debitore a pagare il dovuto; se il debitore non paga inizia l'esecuzione forzata.

L'udienza è un atto in cui sono presenti le due parti ed il giudice; nell'udienza viene redatto un atto scritto, detto verbale; nel verbale si indicano le parti, quanto avviene nell'udienza, i rilievi e osservazioni, deduzioni, controdeduzioni. Il verbale viene scritto e firmato dal cancelliere che assiste all'udienza e dal giudice. L'udienza è pubblica, cioè avviene sia alle presenza delle parti sia alla presenza di estranei; ma il giudice può decidere che si svolga, tutta o in parte, a porte chiuse. Il verbale non viene letto, ma una parte può chiedere che venga letto; in ogni caso le parti possono avere una fotocopia del verbale.

A seguito della citazione e della comparsa in giudizio, il giudice emette un provvedimento; i provvedimenti del giudice sono: sentenza, ordinanza, decreto.

La sentenza è un atto con cui il giudice esprime il proprio parere, cioè il suo giudizio riguardo alla controversia. L'ordinanza è un atto con cui il giudice obbliga ad eseguire una certa cosa nel corso nel processo; l'ordinanza emessa nel corso dell'udienza viene scritta nel verbale; se viene emessa fuori dell'udienza, viene allegata al verbale delle udienze e il cancellerie la comunica alle parti. Il decreto è un atto scritto emesso dal giudice ed avente valore ordinatorio, cioè deve essere eseguito; il decreto non richiede motivazioni. La differenza del decreto rispetto alla sentenza e all'ordinanza, è che il decreto viene emesso dal giudice senza sentire le parti; per esempio il giudice può fissare con decreto la data dell'udienza a seguito di un ricorso, senza sentire le parti in causa. La sentenza e l'ordinanza, invece, presuppongono che le parti sono già attive nel processo.

La sentenza viene resa pubblica mediante il deposito in cancelleria; il cancelliere, entro cinque giorni, dà la notizia alle parti trasmettendo il testo integrale della sentenza.

Qui occorre distinguere tra comunicazione e notificazione; la comunicazione è un atto con cui si informano le parti; viene fatta di solito dal cancelliere mediante biglietto di cancelleria; il biglietto è costituito da due parti di carta che vengono separate dopo la firma del ricevente il biglietto; una parte contiene la comunicazione e resta al ricevente; l'altra parte firmata dal ricevente viene ritirata e conservata nel fascicolo del processo. La comunicazione non contiene l'intero provvedimento a cui si riferisce e non ha effetto per il conteggio dei giorni per la scadenza, cioè dei termini di scadenza. La notifica o notificazione viene fatta di solito dall'ufficiale giudiziario, contiene l'intero provvedimento, per cui la notifica ha effetto come decorrenza dei termini. Attualmente sia la comunicazione che la notificazione vengono fatte mediante posta elettronica certificata, detta PEC. La posta certificata è un obbligo per le imprese, i professionisti e le pubbliche amministrazioni. Alcune notificazioni alla pubblica amministrazione vengono fatte presso gli uffici della Avvocatura dello Stato.

I termini per le impugnazioni sono di 30 giorni; per il ricorso di cassazione è di 60 giorni. I giorni si contano escludendo il giorno iniziale e contando quello finale; analogamente per i mesi e le ore. Un termine si dice perentorio se, quando non è osservato, si incorre in sanzioni o ha effetto la decadenza, cioè non si può fare ricorso dopo che il termine è scaduto; l'atto compiuto dopo un termine perentorio è nullo. Un termine si dice ordinatorio, quando è solo indicativo; scaduto il termine ordinatorio non si incorre in sanzioni; l'atto compiuto dopo un termine ordinatorio è valido. Il termine ordinatorio può essere prorogato, cioè può essere spostato in un tempo successivo.

Libro II  -  Del processo di cognizione

Questo libro si divide in 4 parti dette titoli

Titolo I – Del procedimento davanti al tribunale

Questo titolo primo si divide in 9 parti dette capi.

Capo I: Dell’introduzione della causa ( capo primo, dall'articolo 163 all'articolo 174)

La causa inizia con la citazione fatta dall'attore; una volta notificata al convenuto la citazione, l'udienza di comparizione non può essere fissata prima di 90 giorni dalla notifica. L'attore si costituisce in giudizio, cioè deposita in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e il fascicolo, entro 10 giorni dalla notifica al convenuto. Il convenuto può costituirsi in giudizio entro 20 giorni prima della udienza di comparizione delle parti; la data dell'udienza viene fissata dall'attore nell'atto di citazione. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, la causa procede in sua assenza, cioè in contumacia. Se il convenuto si costituisce in giudizio, l'atto con cui si costituisce si chiama comparsa di costituzione e risposta. Nella comparsa di costituzione il convenuto può inserire una domanda riconvenzionale; la domanda riconvenzionale è una nuova richiesta che il convenuto fa per ottenere un provvedimento favorevole a sé e sfavorevole all'attore.

Il cancelliere forma il fascicolo di ufficio; nel fascicolo mette la nota di iscrizione a ruolo, copia dell'atto di citazione, copia della comparsa, i verbali delle udienze, i provvedimenti del giudice.

Formato il fascicolo di ufficio, il cancelliere lo presenta al presidente del tribunale, che emana un decreto con cui indica il nome del giudice istruttore della causa, che cioè prepara la causa.

Il giudice istruttore è presente quando vi è un collegio di giudici che deve giudicare; in tal caso il giudice istruttore prepara gli atti necessari e una relazione da presentare al collegio dei giudici. Nel caso di causa presso un giudice monocratico, cioè giudice che giudica da solo, senza il collegio, il giudice compie due azioni, cioè la preparazione della causa e la decisione.

Capo II: Dell’istruzione della causa ( capo secondo, dall'articolo 175 all'articolo 274 bis)

I provvedimenti del giudice istruttore si chiamano ordinanze; il giudice istruttore può emettere ordinanza di pagamento delle somme non contestate; tale ordinanza è titolo esecutivo, cioè documento per procedere alla esecuzione forzata, ed ha valore anche se il processo viene estinto.

Quando il giudice istruttore ritiene che la causa sia pronta, la rimette al collegio dei giudici, cioè sposta la causa al collegio dei giudici.

Se la causa richiede particolari competenze tecniche il giudice istruttore può nominare un consulente tecnico di ufficio, detto CTU. Il CTU compare all'udienza fissata dal giudice, presta giuramento, effettua i rilievi tecnici necessari, redige una relazione scritta, viene retribuito dalle parti in causa.

Le parti possono nominare un proprio consulente di parte, che interviene ogni volta che interviene il CTU, sia nei rilievi tecnici, sia in udienza, sia in collegio.

In questi articoli si parla anche dell'esame contabile, dell'assunzione dei mezzi di prova, delle scritture private, della querela di falso, della prova per testimoni, delle riproduzioni meccaniche e degli esperimenti, del rendimento dei conti, dell'intervento di terzi, cioè persone diverse dall'attore e dal convenuto.

Capo III: Della decisione della causa ( capo terzo, dall'articolo 275 all'articolo 281)

La causa viene decisa in una riunione di giudici detta collegio di giudici. Il collegio del tribunale è composto da 3 giudici. Il collegio di appello è composto da 3 giudici. Il collegio di cassazione è composto da 5 giudici. Nella udienza in cui si decide la causa il giudice istruttore presenta una relazione orale. La decisione è presa a maggioranza. Nella udienza del collegio del tribunale vota dapprima il giudice istruttore, poi l'altro giudice ed infine il presidente. Il collegio può pronunciare ordinanza o sentenza. L'ordinanza si ha quando il giudizio non è definito e si decide sulla istruzione della causa. Quando il giudizio è definito si ha la sentenza.

Capo III bis: Del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica ( dall'articolo 281 bis  all'articolo  281 sexties)

Il collegio dei giudici può decidere che la causa venga decisa da un solo giudice che compone il collegio e precisamente il giudice istruttore. In tal caso si dice composizione monocratica, cioè da un solo giudice.

Capo III ter: Dei rapporti tra collegio e giudice monocratico ( dall'articolo 281 septies  all'articolo  281 nonies)

In questi articoli si parla di come trasferire una causa dal collegio alla composizione monocratica e viceversa.

Capo IV: Dell’esecutorietà e della notificazione delle sentenze ( capo quarto, dall'articolo 282 all'articolo 286)

La sentenza di primo grado è esecutiva tra le parti. Se una parte chiede che sia notificata la sentenza, essa viene notificata all'avvocato difensore della parte.

Capo V: Della correzione delle sentenze e delle ordinanze ( capo quinto, dall'articolo 287 all'articolo 289)

Se una sentenza non viene appellata e si riscontrano errori od omissioni nella sentenza, essa può essere corretta, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che l'ha pronunciata.

Capo VI: Del procedimento in contumacia ( capo sesto, dall'articolo 290 all'articolo 294)

La parte che non si costituisce in giudizio è detta contumace; il processo prosegue anche se una delle parti è contumace.

Capo VII: Della sospensione, interruzione ed estinzione del processo ( capo settimo, dall'articolo 295 all'articolo 310)

Il processo può essere sospeso per un certo periodo di tempo, se il giudice deve risolvere una controversia il cui esito è fondamentale per la prosecuzione del processo, oppure perché una delle parti lo ha richiesto per motivi giustificati. Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del processo e i termini in corso vengono interrotti.

Il processo può essere interrotto se una delle parti non può essere presente in giudizio, per esempio a causa della morte di una delle parti oppure se muore l'avvocato che difende una delle parti. Non viene interrotto se viene meno la procura, cioè vi è stata revoca dell'incarico di difesa da parte del cliente. Durante l'interruzione non possono essere compiuti atti del processo e i termini in corso vengono interrotti. L'interruzione non può durare più di 3 mesi, altrimenti si ha l'estinzione del processo.

L'atto, di solito una comparsa, con cui si chiede il proseguimento di un processo sospeso o interrotto si chiama riassunzione del processo.

Il processo può essere estinto, cioè finito per sempre, con rinuncia al processo accettata dalle parti; oppure può essere estinto se nessuna delle parti si attiva, oppure se il giudice ha ordinato la cancellazione dal ruolo.

L'estinzione del processo è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza del collegio dei giudici. E' ammesso reclamo contro l'estinzione del processo.

Se ad una qualunque udienza non si presenta nessuna delle parti il giudice fissa una nuova udienza; se anche alla nuova udienza nessuna delle parti compare, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e l'estinzione del processo.

Anche se il processo è estinto, le sentenze pronunciate restano valide.

Titolo II – Del procedimento davanti al giudice di pace ( capo ottavo, dall'articolo 311 all'articolo 322)

Il procedimento davanti al giudice di pace è analogo a quello che abbiamo visto dinanzi al tribunale in composizione monocratica. La domanda si può proporre anche verbalmente, cioè a voce, scrivendo poi un verbale che vale come citazione scritta.

Titolo III – Delle impugnazioni ( titolo terzo, dall'articolo 323 all'articolo 408)

Questi articoli parlano delle impugnazioni; i tipi di impugnazione sono:

- l'appello, cioè una domanda con cui si chiede la revoca della sentenza di primo grado;

- il ricorso per cassazione, quando si ritiene che vi siano errori nel giudicare nel primo e nel secondo grado;

- la revocazione, cioè una impugnazione straordinaria in caso di dolo, di prove false, o di scadenza dei termini;

- l'opposizione di terzo, cioè quando una persona non essendo una delle parti in causa, viene danneggiata da una sentenza passata in giudicato. Una sentenza si dice passata in giudicato quando sono passati sei mesi dalla pubblicazione senza che vi sia stato appello o ricorso in cassazione.

 

Titolo IV – Norme per le controversie in materia di lavoro ( titolo quarto, dall'articolo 409 all'articolo 473)

Questo titolo è diviso in due capi.

CAPO I – Delle controversie individuali di lavoro ( dall'articolo 409 all'articolo 441)

Per le controversie in materia di lavoro in ogni provincia è istituita una commissione di conciliazione, composta dal Direttore della Direzione territoriale del lavoro, facente parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da 4 rappresentanti dei datori di lavoro, da 4 rappresentanti delle organizzazioni sindacali.

Un tempo era obbligatorio il tentativo presso la commissione di conciliazione, prima di adire il giudice del lavoro; dal 2010 è facoltativo, eccetto che per i contratti di lavoro certificati, e deve essere accettato da tutte le parti; di conseguenza si può ricorrere direttamente al giudice del lavoro, senza prima passare dalla commissione di conciliazione.

In alternativa alla commissione di conciliazione, si può fare ricorso ad un collegio di conciliazione costituito da tre arbitri, due scelti da ciascuna delle parti, e il terzo arbitro, che funge da Presidente, scelto dai due arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche o avvocati ammessi al patrocinio presso la Cassazione.

Se si ricorre, invece, al giudice del lavoro in Tribunale, occorre fare un ricorso e depositarlo in cancelleria; entro 5 giorni dal deposito il giudice fissa con decreto la data dell'udienza; tra la data del deposito e la data dell'udienza non devono esserci più di 60 giorni. Il convenuto si costituisce 10 giorni prima dell'udienza, mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva. Se la causa non eccede 129,11 euro non occorre un difensore. Se la controparte è una pubblica amministrazione, in primo grado può farsi rappresentare da un dipendente, a meno che l'Avvocatura dello stato non determini di assumere direttamente la trattazione della causa presso il tribunale. Al termine del processo il giudice emana sentenza, che deve essere depositata in cancelleria entro 15 giorni e comunicata alle parti. La sentenza è provvisoriamente esecutiva. Contro la sentenza è ammesso ricorso alla corte di appello.

Capo II: Delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie ( dall'articolo 442 all'articolo 473 )

Per le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria si procede come per le controversie per le cause individuali di lavoro, eccetto che per le cause di ritardato pagamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali.

Libro III - Del processo di esecuzione

Questo libro si divide in 7 parti dette titoli.

Titolo I – Del titolo esecutivo e del precetto ( dall'articolo 474 all'articolo 482)

Questi articoli parlano della esecuzione forzata; quando un debitore non paga, il creditore può iniziare una causa col fine di ottenere l'espropriazione forzata di un bene appartenente al debitore, in modo da poter vendere il bene e ricavare il denaro necessario per soddisfare il creditore. Il documento che consente di dare inizio alla esecuzione forzata si chiama titolo esecutivo; sono titoli esecutivi le sentenze esecutive, le cambiali e altri documenti a cui la legge attribuisce valore esecutivo. Il precetto è il primo atto con cui il creditore intima al debitore di pagare la somma dovuta, altrimenti si procederà ad esecuzione forzata.

Il precetto viene preparato dall'avvocato del creditore  e va notificato al creditore insieme al titolo esecutivo; perché un documento sia esecutivo occorre che il cancelliere o il notaio o un pubblico ufficiale vi appongano sull'originale o sulla copia la seguente intestazione:

"Repubblica italiana - In nome della legge"

più la formula:

"Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti".

Per assegni e cambiali non occorre tale dicitura, in quanto il debitore è in possesso del titolo; di copie esecutive va fatta una sola, per evitare che il creditore chieda più pagamenti della stessa somma al debitore. Il titolo esecutivo ha efficacia anche sugli eredi del debitore, in caso di morte del debitore.

Il precetto diventa inefficace se non è iniziata l'esecuzione forzata entro 90 giorni dalla notifica al debitore.

Titolo II – Dell'espropriazione forzata ( dall'articolo 483 all'articolo 604)

Questo titolo secondo si divide in 4 parti dette capi.

Capo I - Dell'espropriazione forzata in generale ( dall'articolo 483 all'articolo 512 )

Il creditore può iniziare il processo di espropriazione forzata sia sui beni mobili, cioè somme di denaro, buste paga, autoveicoli del debitore, sia sui beni immobili, cioè terreni, fabbricati, capannoni. Tuttavia il debitore si può opporre e ottenere una ordinanza del giudice di esecuzione che limiti la espropriazione  forzata solo su alcuni beni scelti dal debitore.

La espropriazione è diretta dal giudice dell'esecuzione; il cancelliere forma un fascicolo in cui sono inseriti tutti gli atti del processo; di alcuni atti del processo viene data pubblica notizia inserendo un avviso sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della Giustizia. Se i beni mobili superano i 25.000 euro e per i beni immobili può essere data pubblicazione su alcuni siti internet e anche sui quotidiani e sui manifesti esposti al pubblico nelle città. In caso di pubblicazione viene omesso il nome del creditore.

Pignoramento

Il pignoramento è una ingiunzione fatta dall'ufficiale giudiziario al debitore di non vendere o distruggere i beni oggetto di espropriazione; il pignoramento può essere evitato se il debitore paga il credito più le spese, prima che sia disposta la vendita del bene. Al pignoramento segue l'assegnazione al creditore del bene pignorato  o la vendita del bene pignorato.

Vendita

Una vendita si dice all'incanto quando dopo aver fissato un prezzo base di vendita, più persone fanno delle offerte superiore al prezzo base, cioè una vendita detta all'asta, cioè con gara tra più offerenti. La vendita è senza incanto quando non vi è una gara, ma il prezzo di vendita viene fissato dal giudice dell'esecuzione. Quando la vendita avviene in più lotti, cioè ci sono diversi beni da vendere e si vendono un poco alla volta, la vendita cessa quando si raggiunge la somma del credito spettante al creditore più le spese. Il creditore può chiedere l'assegnazione a se stesso del bene pignorato, sempre che siano soddisfatte le spese del procedimento. L'assegnazione viene fatta con ordinanza del giudice, che fissa un prezzo di assegnazione.

Distribuzione della somma ricavata

Se vi è un solo creditore la somma ricavata dalla vendita viene data al creditore unitamente agli interessi e spese sostenute dal creditore; se vi sono più creditori si procede alla distribuzione delle somme ricavate tra i vari creditori. Se restano delle somme in più vengono date al debitore.

Capo II - Dell'espropriazione mobiliare presso il debitore ( dall'articolo 513 all'articolo 542)

Non tutte le cose mobili si possono pignorare; sono escluse alcune cose indispensabili, tassativamente elencate nell'articolo 514, come letto, alimenti per un mese, vestiti, stufe, lavatrice frigoriferi e poche altre. Questi articoli del pignoramento sulle cose mobili sono scritti da coloro che non sono persone che vivono lavorando, ma sono persone che mettono tasse e tangenti, al fine di fare morire le persone di fame. Basterebbe scrivere che non sono pignorabili i beni mobili necessari per il mantenimento in vita del debitore e dei familiari con lui conviventi, ma non per un solo mese, e distinguere tra il debitore per necessità e il debitore fraudolento. Se uno ha provato a rispettare tutte le leggi impossibili da osservare, emanate dal legislatore parassita, prima di diventare debitore, il credito va rovesciato, cioè dovrebbe essere lo stato o la banca a dover pagare il debitore non fraudolento ma diventato tale per forza di leggi, tasse e regolamenti impossibili da osservare. Anche riguardo ai veicoli bisognerebbe distinguere tra veicoli che servono per lavorare e produrre reddito e quelli che servono per il divertimento.

Particolare cautela va usata quando il creditore è una banca o un ente pubblico; in tal caso andrebbero esaminati tutti gli atti compiuti dal creditore nei dieci anni precedenti il pignoramento, procedendo dapprima dal punto di vista penale sul creditore e sui suoi dipendenti, che molto spesso provocano danni ingenti al popolo intero.

Capo III - Dell'espropriazione presso terzi ( dall'articolo 543 all'articolo 554)

Questi articoli riguardano l'espropriazione dello stipendio, in quanto somma di denaro tenuta presso il datore di lavoro, cioè terzo o estraneo alla causa; riguardano anche l'espropriazione della pensione. Nel caso di accredito dello stipendio in banca o alla posta il terzo è anche la banca o la posta. Lo stipendio o la pensione non può essere pignorata nella sua interezza, ma bisogna valutare l'importo mensile netto e non lordo.

Le regole sono diverse se si tratta dello stipendio o della pensione; vediamo prima lo stipendio e poi la pensione.

Stipendio

Lo stipendio, prima del pagamento mensile, si trova presso il datore di lavoro; vi è un limite del quinto dello stipendio, cioè il 20% dello stipendio. Questo limite è valido per qualunque importo e opera sul netto mensile; cioè se lo stipendio netto è di 500 euro il 20% è pari a 100 euro; se lo stipendio netto è 1.000 la somma pignorabile è pari a 200 euro. Nel caso che il lavoratore abbia già in corso una cessione del quinto presso una banca o una finanziaria, per l'acquisto di un bene, il 20% si calcola sull'importo sempre netto  di 500 o di 1000, senza tenere conto che il lavoratore sta ricevendo una somma minore pari a 400 euro o a 800 euro.

In ogni caso non si può superare il 50% dello stipendio, cioè 250 euro nel primo caso e 500 euro nel secondo caso.

Il pignoramento dello stipendio comporta che le somme pignorate vengano trattenute dal datore di lavoro e versate direttamente al creditore.

Quando arriva il pignoramento vi possono essere delle somme in banca o alla posta, dovute a precedenti stipendi già accreditati. Qui il pignoramento riguarda la somma che supera il triplo dell'assegno sociale; se nel 2016 l'assegno sociale è pari a 448,52  il triplo dell'assegno sociale è pari a 1.345,56 euro. Si pignora la intera somma che supera i 1.345,56 euro. Ovviamente è compito del debitore fare in modo che la somma depositata non superi i 1.345,56 euro.

Quando viene accreditato lo stipendio in banca o alla posta vi è un altro 20% da pignorare sul successivo stipendio; questa volta, però, si calcola il 20% di 400 euro o di 800 euro, in quanto in banca arrivano i 4/5 dello stipendio, in quanto 1/5 è stato già trattenuto dal datore di lavoro, o arriva una somma inferiore ai 4/5 se si sono fatti degli acquisti con la finanziaria; il pignoramento si fa sul 20% della somma accreditata.

Quando vi sono più pignoramenti insieme si sommano i vari 20 % ma non si può superare il 50%.

Pensione

Quando arriva il pignoramento della pensione vi possono essere delle somme in banca o alla posta, dovute a precedenti stipendi o pensioni già accreditati. Qui il pignoramento riguarda la somma che supera il triplo dell'assegno sociale; se nel 2016 l'assegno sociale è pari a 448,52  il triplo dell'assegno sociale è pari a 1.345,56 euro. Si pignora per intero la somma che supera i 1.345,56 euro. Ovviamente è compito del debitore fare in modo che la somma depositata non superi i 1.345, 56 euro.

Sui successivi accrediti della pensione opera anche il limite del 20%

Vi è anche una somma che non può essere pignorata, che è pari all'importo dato dalla somma dell'assegno sociale più la metà dell'assegno sociale; per il 2016 la somma è 672,78 euro; la somma eccedente tale importo è pignorabile nel limite del 20%.

Quando vi sono più pignoramenti insieme non si può superare il 50% della somma che eccede i 672,78 euro.

Capo IV - Dell'espropriazione immobiliare ( dall'articolo 555 all'articolo 604)

Questi articoli riguardano l'espropriazione di beni immobili, cioè terreni, fabbricati, capannoni. L'ufficiale giudiziario consegna copia del pignoramento all'ufficio del registro immobiliare e il pignoramento viene annotato sul registro; la custodia dell'immobile pignorato viene di solito affidata allo stesso debitore; può essere affidata ad altri solo se l'immobile non è occupato dal debitore.

Trascorsi dieci giorni dal pignoramento, si procede alla vendita dell'immobile e alla trascrizione sui registri immobiliari a favore dell'aggiudicatario del bene immobile. La somma ricavata dalla vendita viene distribuita ai creditori.

Se vi sono più proprietari del bene immobile, il pignoramento avviene ugualmente; si procede, poi, alla divisione dell'immobile, quando questa è possibile; altrimenti si vende la quota indivisa appartenente al debitore.

Titolo III – Dell’esecuzione per consegna o rilascio (art. 605 all'articolo 611)

Questi articoli riguardano il rilascio di un bene, sia esso mobile o immobile, per esempio un autoveicolo o un appartamento, tenuto da una persona che non ha titolo a tenerlo; successivamente questo bene deve essere consegnato alla persona che ha titolo a tenere questo bene, si ha quindi la consegna del bene a colui che ha diritto. Detenere un bene o detenzione di un bene vuol dire che lo si usa; per esempio l'inquilino di un appartamento detiene un bene ma non è proprietario del bene.

Occorre anche qui un titolo esecutivo e un precetto, cioè l'intimazione di rilasciare il bene entro un termine perentorio; successivamente l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul posto dove si trova il bene, se necessario anche con l'assistenza della forza pubblica, ingiunge al detentore del bene di rilasciarlo, di consegnare le chiavi e di riconoscere come nuovo possessore o detentore del bene la persona designata dall'attore; il bene, con le chiavi, viene, quindi, consegnato alla persona designata.

Titolo IV – Dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare ( dall'articolo 612 all'articolo 614)

Questi articoli trattano del procedimento da seguire nel caso una persona, obbligata ad eseguire una certa azione, non l'abbia eseguita, creando un danno all'attore; questo obbligo si dice obbligo del fare. L'obbligo di non fare si ha quando una persona ha fatto una cosa che non doveva fare, creando un danno all'attore; per esempio se una persona chiude con un cancello una strada privata e non consegna le chiavi a tutti coloro che hanno diritto di passare da quella strada privata, ha compiuto una azione che non poteva fare; per cui è obbligato o a togliere il cancello o sbarra che ostruisce il passaggio, oppure a consegnare le chiavi per consentire il passaggio di coloro che hanno diritto.

Occorre dapprima fare una intera causa, con citazione, processo e sentenza passata in giudicato; successivamente si passa alla esecuzione forzata dell'obbligo previsto nella sentenza, nel caso che il condannato non abbia provveduto a fare o non fare l'azione prevista nella sentenza. Poi l'ufficiale giudiziario, assistito, se necessario, dalla forza pubblica e dalle persone designate dal giudice dell'esecuzione forzata, procede all'esecuzione forzata dell'azione non eseguita o alla demolizione dell'opera eseguita.

Titolo IV-bis - Delle misure di coercizione indiretta ( articolo 614-bis )

Questo titolo è costituito da un solo articolo e riguarda la coercizione indiretta, cioè il pagamento di una somma di denaro, quale sanzione per non aver eseguito una azione prevista da un precedente procedimento di condanna. Ritornando all'esempio precedente del cancello che ostruisce una strada privata, nella sentenza di condanna, passata in giudicato, l'attore poteva chiedere di inserire una sanzione in denaro, per eventuali successive azioni non dovute dal convenuto; per cui se il condannato, rimuove dapprima il cancello e poi magari vi mette dei massi per ostruire la strada privata, la sentenza di condanna poteva prevedere un pagamento di una somma di danaro da parte del condannato, per danno creato all'attore; questo pagamento forzato di denaro si chiama coercizione indiretta. La precedente sentenza di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute.

La coercizione indiretta non può essere usata nelle controversie riguardanti rapporti di lavoro.

Titolo V – Delle opposizioni ( dall'articolo 615 all'articolo 622)

Nel processo di esecuzione forzata vi possono essere errori o inganni, per cui il debitore può opporsi al precetto e il giudice può sospendere l'efficacia del titolo esecutivo; il ricorso deve essere fatto prima che sia disposta la vendita del bene.

Titolo VI - Della sospensione e dell’estinzione del processo ( dall'articolo 623 all'articolo 632)

Il processo di esecuzione può essere sospeso dal giudice dell'esecuzione; durante la sospensione gli atti esecutivi non possono essere compiuti, tranne quelli indicati dal giudice. Il processo può essere estinto se rinuncia il creditore; occorre una ordinanza di estinzione del processo da parte del giudice; l'estinzione comporta la cancellazione del pignoramento.

Libro IV - Dei procedimenti speciali

Questo libro si divide in 8 parti dette titoli. In questi articoli si parla dei procedimenti speciali, cioè più semplici del rito ordinario.

Titolo I – Dei procedimenti sommari ( dall'articolo 633 all'articolo 705)

In questi articoli si parla dei procedimenti sommari, cioè semplificati, come quelli riguardanti una somma di denaro dovuta come onorario ad un professionista o una fattura di vendita non pagata; per ottenere l'ingiunzione di pagamento serve una prova scritta del diritto ad avere la suddetta somma; per la fattura occorre un estratto autentico delle scritture contabili. In mancanza di opposizione del debitore si procede ad esecuzione forzata; se la domanda viene accolta il giudice emette decreto con ingiunzione di pagamento; una volta che il decreto è dichiarato esecutivo si procede ai pignoramenti e all'espropriazione forzata, vista in precedenza.

Si parla anche del procedimento sommario per la convalida di licenza di finita locazione e di sfratto per finita locazione; sia quando il contratto è rinnovabile tacitamente sia quando non è rinnovabile, il locatore, prima della scadenza, può iniziare un procedimento sommario per ottenere la licenza di finita locazione; se, invece, il contratto è scaduto e il conduttore non ha lasciato libero l'immobile, il locatore può iniziare un procedimento di sfratto del conduttore per finita locazione. Se il conduttore non paga, il locatore può iniziare un procedimento sommario per morosità, cioè ritardo nel pagamento del canone di affitto. Si procede con citazione e comparsa; è competente il tribunale del luogo dove si trova l'immobile; se il locatore non compare o non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto.

Un altro procedimento sommario è quello del procedimento cautelare; un provvedimento cautelare è un provvedimento che avviene prima che sia iniziata la causa principale o durante il decorso della causa principale; esso serve per evitare un danno maggiore all'attore; un esempio di provvedimento cautelare è il sequestro giudiziario di un bene, prima ancora che sia arrivata la sentenza di primo grado. Il giudice provvede con ordinanza sia in caso di accoglimento della domanda sia in caso di rigetto, cioè rifiuto di accogliere la domanda di provvedimento cautelare. Se la domanda viene accolta prima dell'inizio del procedimento di merito, cioè prima dell'inizio della causa principale, la causa principale deve avere inizio entro 60 giorni dall'accoglimento del provvedimento cautelare, altrimenti il provvedimento cautelare perde la sua efficacia. Il giudice può imporre una cauzione a chi ottiene il provvedimento cautelare, per un eventuale risarcimento dei danni. Contro l'ordinanza del provvedimento cautelare è ammesso reclamo entro 15 giorni.

Un altro procedimento sommario è il procedimento di denuncia di nuova opera e di danno temuto.

Un altro procedimento sommario è il procedimento di istruzione preventiva, nel caso si teme che vengano a mancare alcuni testimoni del processo principale.

Un altro procedimento sommario è un provvedimento di urgenza che si ha quando si teme che durante il processo principale avvenga un danno imminente ed irreparabile.

Un altro procedimento sommario è il procedimento sommario di cognizione.

Un altro procedimento sommario è il procedimento possessorio, cioè riguardante il possesso di un bene.

Titolo II – Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone ( dall'articolo 706 all'articolo 742 bis)

Un altro procedimento speciale è quello in materia di famiglia e di stato delle persone.

In questo titolo si parla della separazione personale dei coniugi. Per la domanda di separazione dei coniugi è competente il tribunale del luogo di ultima residenza comune dei coniugi e si fa con ricorso. I coniugi devono comparire personalmente all'udienza con l'assistenza del difensore.

In questo titolo si parla dell'interdizione, dell'inabilitazione e dell'amministrazione di sostegno. La domanda per interdizione o inabilitazione si propone con ricorso al Presidente del tribunale del luogo di residenza della persona nei confronti della quale si propone la interdizione o inabilitazione; il ricorso e il decreto di comparizione delle parti viene comunicato al pubblico ministero.

In questo titolo si parla dell'assenza e della dichiarazione di morte presunta. Si parla della scomparsa di una persona; la domanda si propone con ricorso al presidente del tribunale che fissa con decreto l'udienza di comparizione del ricorrente; il decreto è comunicato al pubblico ministero; il tribunale pronuncia sentenza in camera di consiglio se la domanda è proposta dagli eredi legittimi; altrimenti si segue il rito ordinario e non questo rito speciale.

In questo titolo si parla di disposizioni relative ai minori, agli interdetti e agli inabilitati.

In questo titolo si parla anche dei rapporti patrimoniali fra coniugi. L'amministrazione dei beni che costituiscono il patrimonio familiare spetta al coniuge che ne ha la proprietà; qualora questo coniuge non sia in grado di provvedere adeguatamente può essere richiesta la sostituzione dell'amministratore sia dall'altro coniuge, sia dai prossimi congiunti, sia dal pubblico ministero. La domanda si propone con ricorso al tribunale; il tribunale decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile.

In questo titolo si parla anche degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. Quando un coniuge causa grave pregiudizio per l'integrità fisica dell'altro coniuge il giudice ne può disporre l'allontanamento dalla casa famigliare; analogamente tra conviventi. La domanda si propone con ricorso al tribunale.

In questo titolo si parla anche di disposizioni comuni in camera di consiglio; i provvedimenti pronunciati in camera di consiglio hanno forma di decreto; il presidente del collegio nomina un relatore tra gli altri due giudici; contro i decreti pronunciati in primo grado in camera di consiglio si ricorre con reclamo alla Corte di appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio. Non è ammesso reclamo contro i decreti della Corte di appello.

Titolo III: Della Copia e della collazione di atti pubblici ( dall'articolo 743 all'articolo 746)

Un altro procedimento speciale è quello della copia di atti pubblici e della collazione di atti pubblici; la parola collazione in questo caso vuol dire confrontare la copia ottenuta con l'originale. Chi tiene in deposito un atto pubblico può essere autorizzato a dare una copia autentica a colui che la chiede, anche se nell'atto non risulta il nome di chi la richiede. Un tempo non esistevano le macchine fotocopiatrici e le copie si facevano a mano, cioè trascrivendo con penna biro o con penna stilografica o con procedimenti di stampa tipografica manuali, che cioè comportavano diversi errori involontari di copiatura di un atto pubblico. Di conseguenza chi otteneva ed anche ora ottiene una fotocopia di un atto pubblico ha diritto di controllarlo con l'originale alla presenta di colui che tiene in deposito l'atto; questo controllo si dice collazione, cioè confronto tra due testi per vedere se sono uguali. Anche i cancellieri sono tenuti a dare copia di alcuni atti giudiziari a chi li richiede.

Titolo IV: Dei procedimenti relativi all’apertura delle successioni ( dall'articolo 747 all'articolo 783)

Un altro procedimento speciale è quello relativo all'apertura della successione. Quando muore una persona si apre una successione nel luogo dell'ultimo domicilio del defunto. Se non vi sono problemi tra gli eredi si fanno le pratiche al catasto e all'ufficio del registro dei beni immobiliari. Se, invece, vi sono questioni tra gli eredi, ci si rivolge con ricorso diretto al tribunale del luogo dove il defunto aveva l'ultimo domicilio. Il giudice provvede con decreto, contro il quale è ammesso reclamo.

Titolo V: Dello scioglimento di comunioni ( dall'articolo 784 all'articolo 791bis)

Un altro procedimento speciale è quello dello scioglimento della comunione di beni. Per alcuni beni, quando vi sono più proprietari, vi è la comunione dei beni. Se non vi sono problemi si ricorre ad un ingegnere che fa la divisone dei beni, ripartendo i beni tra i vari proprietari e comunicando la divisione all'ufficio dei registri immobiliari e al catasto dei terreni e dei fabbricati. Se vi sono problemi tra i proprietari ci si rivolge al tribunale. Il giudice istruttore può procedere alla vendita dei beni immobili con ordinanza se le parti sono d'accordo, altrimenti provvede il collegio dei tre giudici con sentenza.

Titolo VI: Procedimento di liberazione degli immobili dalle ipoteche (artt. 792 all'articolo 795)

Un altro procedimento speciale è quello della liberazione dei beni immobili dall'ipoteca, acquistati a seguito di una espropriazione immobiliare. Chi acquista un immobile gravato da ipoteca, dopo aver depositato il prezzo pattuito, può chiedere, al presidente del tribunale che ha eseguito la espropriazione, la liberazione dalle ipoteche. Il giudice dispone con ordinanza la cancellazione delle ipoteche gravanti sull'immobile prima della vendita.

Titolo VII: Dell’efficacia delle sentenze straniere e dell’esecuzione e dell’esecuzione di altri atti delle Autorità straniere (artt. 796 all'articolo 805)

Gli articoli dal 796 al 805 sono stati abrogati dalla legge 31 maggio 1995, n. 218 con decorrenza dal 31 dicembre 1996.

Titolo VIII: Dell’arbitrato ( dall'articolo 806 all'articolo 840 )

Un altro procedimento speciale è l'arbitrato; in alcune controversie le due parti possono decidere di ricorrere di comune accordo a degli arbitri che decidono sulla controversia; gli arbitri non emettono sentenza ma lodo, cioè decisione dell'arbitro. L'arbitro può essere uno solo o più, ma sempre in numero dispari, in modo che si abbia la maggioranza. Il presidente degli arbitri viene nominato dal presidente del tribunale. Gli arbitri non possono concedere sequestri o provvedimenti cautelari sui beni. Gli arbitri decidono secondo le norme del diritto, salvo che le parti abbiano convenuto che decidano secondo equità. Il lodo è deliberato a maggioranza e per iscritto. Il lodo ha gli stessi effetti di una sentenza pronunciata dal tribunale. Il lodo può essere impugnato dalle parti o da un terzo che ha interesse.

 

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