IL VERISMO

INTRODUZIONE

Il Verismo è una corrente letteraria nata  a Milano intorno al 1875 fino al 1895; come ci indica il nome stesso, potremmo definire questo periodo letterario come <<letteratura del vero>>. Alla base del Verismo c'è la fiducia nella scienza, nel metodo sperimentale ed in quello della ricerca.  Il Verismo, si ispira alle tesi del Naturalismo che è un movimento letterario della Francia di fine '800. Per gli scrittori naturalisti francesi, il più noto dei quali è Zola, la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà umana e sociale, rappresentandone rigorosamente le classi, comprese quelle più umili. Gli autori veristi italiani si ispirano ai colleghi francesi ed iniziano ad analizzare le leggi oggettive della società e del suo funzionamento . Il romanzo verista ha, la caratteristica primaria di voler
studiare  la realtà umana a partire dai dati concreti, oggettivi, scientificamente rilevabili.

Il romanzo è chiamato ad un approfondimento dello studio sociale e il romanziere diventa come ulo scienziato che ritrae il vero recuperandolo dalla complessità dei rapporti sociali e del mondo interiore degli individui. Poiché un singolo romanzo non è sufficiente a contenere lo studio di tutta la società umana, è necessario pensare ad una formula nuova, nasce l'idea dei -cicli narrativi-  una serie di romanzi, cioè, attraverso cui esplorare i diversi strati della società umana. Un' attenzione particolare è riservata agli ambienti più umili della società; la letteratura verista assume un importanza rilevante anche come denuncia sociale. Non a caso gli interpreti più noti del verismo sono scrittori del Mezzogiorno, più vicini alle misere condizioni del sud, alla loro volontà di cambiare che si scontra con il loro attaccamento alle tradizioni.
Giovanni Verga è l'autore  verista più noto. Egli di analizza le diverse classi sociali attraverso i romanzi  del
ciclo dei Vinti;

Un altro autore verista, è Federico De Roberto. Egli studia l'ambizione e la smania del potere umano attraverso 3 romanzi - L' Illusione, I Viceré,  L'Imperio. De Roberto si dedica allo studio degli strati sociali più elevati ma ne ricava la stessa sfiducia e lo stesso pessimismo dei bassifondi popolari.

 Anche la riflessione di Capuana, si piega verso le miserie economiche e sociali dell' Italia centrale e meridionale; con questi 3 scrittori, il romanzo verista del Secondo Ottocento, si impone come strumento di analisi sociale del mezzogiorno d' Italia all' indomani dell' unità raggiunta nel 1860.  Un tale disagio economico e sociale è la conseguenza delle  notevoli differenze sociali ed economiche fra Nord e Sud Italia -Del Sud insieme alla  la "questione meridionale" ed al "brigantaggio".

 Il tema di fondo della narrativa verista è sicuramente il tema della lotta per un' esistenza più dignitosa e, a volte, per la vita stessa. L' individuo che lotta per la sopravvivenza porta ad una visione profondamente pessimistica della vita stessa, un pensiero amaro che nasce dalla coscienza che il progresso dell' umanità si fonda sulla sconfitta di moltissime persone. La narrativa verista si propone di rappresentare la realtà così com'è. Per rappresentare la realtà senza filtri, lo scrittore verista non può prescindere dalla ricerca dell'oggettività, osservare, cioè, gli eventi ed i personaggi dal loro interno, ponendo il punto di osservazione <<dentro>> la storia. Non si racconta la storia dal punto di vista dell' autore ma del personaggio, e non si usa il discorso diretto ma il discorso indiretto libero, e spesso si ricorre alla <<voce collettiva>> degli abitanti del paese.  Ne deriva una narrativa impersonale. L' impersonalità come tratto distintivo del romanzo verista.

 I veristi tendono ad una scrittura che possa nascondere ogni intervento visibile dell'autore, l'opera d'arte deve sembrare essersi <<fatta da sé>> -come dice Verga nella prefazione alla novella L' amante di Gramigna. Tale prefazione è considerata il primo manifesto del verismo verghiano.  Rivolgendosi a Salvatore Farinata, direttore del periodico su cui venne pubblicata la novella nel 1880, Verga scrive: <<Caro Farinata, eccoti non un racconto, ma l'abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di essere storico -un documento umano, come dicono oggi -interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l'ho raccolto pei viottoli dei campi, press'a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare e tu veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore. Il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre 'efficacia dell' essere stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che sono passate per la carne.>> E continua: <<Quando nel romanzo l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane, e l'armonie delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così necessari, che la mano dell' artista rimarrà assolutamente invisibile, allora avrà l'impronta dell' avvenimento reale, l'opera d'arte sembrerà essersi fatta da sé, avere maturato ed esser sorta spontaneamente, come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore, alcuna macchia di peccato originale.>>

 

Il Verismo e Giovanni Verga

Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840 dove i primi anni di vita. Qui si dedicò alla stesura dei primi romanzi storici I carbonari della montagna e Sulle lagune, la pubblicazione di questi romanzi non suscita particolari entusiasmi tanto che per avere il primo vero esordio letterario si deve aspettare che Verga si avvicini alle grandi capitali culturali d'Italia.


- Nel 1865 soggiorna  a Firenze ed entra in contatto con molti intellettuali siciliani che vivono da tempo a Firenze, incontro particolarmente significativo è quello con Luigi Capuana. Pubblica Una peccatrice, ed è un successo letterario che ben presto si trasforma anche in un esperimento teatrale.  Se da un lato, Verga, supera definitivamente il genere del romanzo storico, dall'altro Verga si apre l'esperienza  dei  romanzi mondani,  una serie di romanzi cioè che avranno come protagoniste figure femminili alle prese con vicende passionali e drammatiche. Primi frutti di questa nuova esperienza letteraria sono i romanzi Eva e Storia di una capinera, del 1869.

- Nel 1872, dopo i primi successi, Verga si trasferisce a Milano. Qui ha la possibilità di avvicinarsi  agli esponenti di un'altra corrente letteraria italiana, la scapigliatura,  ed entra in contatto con Salvatore Farina, Arrigo Boito, Emilio Praga, Luigi Gualdo, Ugo Tarchetti ma soprattutto conosce Emilio Treves in collaborazione con il quale pubblica nel 1873 Eva  che procura a Verga, nuova notorietà, nel 1874  pubblica Tigre reale e Eros; con queste pubblicazioni si chiude il ciclo dei romanzi mondani. Nello stesso anno Verga scrive un racconto, Nedda, con il quale per la prima volta si allontana dagli ambienti mondani dei salotti aristocratici per raccontare della povera gente della sua terra, di storie semplici ed umili ma piene di umanità. La storia drammatica di Nedda, una ragazza costretta  a lottare giorno per giorno contro la miseria che deforma e inaridisce anima e corpo, chiude definitivamente la fase dei romanzi mondani e dei salotti del bel mondo.

Il 1877 è una data significativa nella vita letteraria di Verga perché è l'anno in cui si arriva alla svolta verista. E' l'anno in cui, anche Capuana si trasferisce a Milano contribuendo al rinnovamento del romanzo italiano sull' esempio del naturalismo francese; è l'anno in cui si risente fortemente l'influenza del naturalismo francese attraverso i capolavori di Zola; è l'anno in cui in Italia esce l'inchiesta di Franchetti e di Sonnino, La Sicilia nel 1876, che offre un quadro chiaro dell'arretratezza economica e culturale della Sicilia del tempo. Questa Sicilia povera diventa il centro della produzione di Verga. E' su questi aspetti di miseria e povertà che si focalizzerà da ora in poi l'attenzione dell' autore, denunciando spesso la realtà, attraverso un nuovo stile più oggettivo ed impersonale.

Rosso Malpelo e Fantasticheria, 1878, sono 2 novelle che denunciano un mondo pieno di miseria e di violenza. Fantasticheria in particolare, propone per la prima volta l'ideale dell' ostrica elemento portante della poetica e dell'ideologia di Verga: "come l'ostrica, abbandonato il suo scoglio per la curiosità di vedere il mondo, rimane vittima dei predatori, allo stesso modo l'individuo che non sa accontentarsi di quello che ha, poco o tanto che sia, e cerca di mutare la propria condizione è destinato ad essere sconfitto dalla vita." Questa visione così pessimistica impedisce di credere nella reale possibilità di riscatto delle classi più umili, condannate a rimanere legate alla propria condizione di miseria e isolamento.

Il verismo è per Verga, innanzitutto realismo narrativo tragicamente legato al racconto del mondo popolare. La prima prova narrativa in senso autenticamente verista sono le novelle che compongono la raccolta Vita dei campi,1880. In tutto 8 novelle: Rosso Malpelo- Fantasticheria- Jeli il pastore- Cavalleria rusticana- Pentolaccia- La lupa- L'amante di Gramigna- Protagonista di queste novelle è un mondo dominato dalle leggi dell'onore, della tradizione e della famiglia, un mondo dominato da leggi elementari ma solide. Tutte le novelle presentano la caratteristica di riproporre la lingua parlata delle classi umili, le espressioni gergali, i detti popolari, il discorso indiretto libero

Nel 1883 Verga pubblica la seconda raccolta di novelle veriste dal titolo Novelle rusticane -Il reverendo -La roba -I galantuomini -Malaria -Il mistero -Don Licciu Papa -Gli orfani -Storia dell' asino di San Giuseppe -Cos'è il re- Libertà- Pane nero. In questa nuova raccolta composta da 12 novelle si oscilla dalla denuncia nei confronti di uno stato assente o repressivo alla denuncia di un'umanità devastata dalla miseria, dalla malattia, dal destino, dalla legge suprema della <<roba>>. La legge suprema della <<roba>> domina incontrastata nell'omonima novella: Mazzarò  è un uomo che ha provato la durezza del lavoro sotto padrone e che ha fatto della -roba- l'unico scopo della propria vita sacrificando ad essa ogni altro sentimento, ogni altro valore. Ha accumulato beni e ricchezze ma non conosce né riposo né lussi ma solo lavoro e pane nero mangiato di fretta nei campi, in mezzo alla terra. Coltiva il sogno di possedere tutta la terra quanta ne possiede il re e si distrugge di questo pensiero. Rimane da solo e di fronte all'incombere della morte; Mazzarò vede svanire l'unico scopo della sua vita e, follemente, <<andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: -Roma mia, vientene con me!- Il finale tragicomico della novella mostra un mondo in cui l'interesse, l'avidità e l'avarizia sono le uniche leggi capaci di legare tra loro gli uomini.

Un'altra raccolta di 12 novelle, Per le vie è ambientata a Milano. Della città milanese, Verga, riprende, lo squallore della periferia. Drammi intimi, 1884 comprende 5 racconti che hanno in comune il tema della morte. Vagabondaggio, 1887, esprime una vaga ansia di evasione dalle miserie quotidiane.

 I Malavoglia,1881 e Mastro-don Gesualdo, 1888, sono i 2 capolavori di Verga; nel primo prevalgono i valori tradizionali della casa, della famiglia- nel secondo, si avverte un profondo mutamento ideologico in quanto prevalgono l'avidità e l'ansia di accumulare terra e denaro. La polemica verghiana è contro il progresso che crea la falsa illusione di riscatto e di promozione sociale.

Don Candeloro e C.i, 1894, ultima raccolta di 12 novelle a cui segue l'ultimo romanzo di Verga, Dal tuo al mio, pubblicato a puntate sulla "Nuova Antologia" nel 1905 e poi in volume nel 1906 e ricavato dal dramma teatrale. Proprio dal teatro e dal cinema arrivano nuovi successi scrivendo le sceneggiature di Cavalleria rusticane, La lupa e Storia di una capinera. Negli ultimi anni Verga aveva fatto ritorno a Catania e qui muore il 27 gennaio 1922.

 

Maria Giovanna Argentiero

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