Legge n. 59
Roma, 15 marzo 1997
“Delega
al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti
locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa”
CAPO
I
1.
Il Governo è delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a conferire
alle regioni e agli enti locali, ai sensi degli articoli 5, 118 e 128 della
Costituzione, funzioni e compiti amministrativi nel rispetto dei princìpi e dei
criteri direttivi contenuti nella presente legge. Ai fini della presente legge,
per "conferimento" si intende trasferimento, delega o attribuzione di
funzioni e compiti e per "enti locali" si intendono le province, i
comuni, le comunità montane e gli altri enti
locali.
2.
Sono conferite alle regioni e agli enti locali, nell'osservanza del principio di
sussidiarietà di cui all'articolo 4, comma 3, lettera a), della presente legge,
anche ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte le
funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla
promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni
e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto
esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o
periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.
3.
Sono esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2 le funzioni e i compiti
riconducibili alle seguenti materie:
a)
affari esteri e commercio estero, nonché cooperazione internazionale e attività
promozionale all'estero di rilievo nazionale;
b)
difesa, forze armate, armi e munizioni, esplosivi e materiale
strategico;
c)
rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose;
d)
tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico;
e)
vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe;
f)
cittadinanza, immigrazione, rifugiati e asilo politico, estradizione;
g)
consultazioni elettorali, elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale,
consultazioni referendarie escluse quelle regionali;
h)
moneta, sistema valutario e perequazione delle risorse
finanziarie;
i)
dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi
internazionale;
j)
ordine pubblico e sicurezza pubblica;
k)
amministrazione della giustizia;
l)
poste e telecomunicazioni;
m)
previdenza sociale, eccedenze di personale temporanee e strutturali;
n)
ricerca scientifica;
o)
istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici,
organizzazione generale dell'istruzione scolastica e stato giuridico del
personale;
p)
vigilanza in materia di lavoro e cooperazione.
4.
Sono inoltre esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2:
a)
i compiti di regolazione e controllo già attribuiti con legge statale ad
apposite autorità indipendenti;
b)
i compiti strettamente preordinati alla programmazione, progettazione,
esecuzione e manutenzione di grandi reti infrastrutturali dichiarate di
interesse nazionale con legge statale;
c)
i compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile, per la difesa
del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute,
per gli indirizzi, le funzioni e i programmi nel settore dello
spettacolo,
per la ricerca, la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia; gli
schemi di decreti legislativi, ai fini della
individuazione dei compiti di rilievo nazionale, sono predisposti previa intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano; in mancanza dell'intesa, il Consiglio dei
ministri delibera motivatamente in via definitiva su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri;
d)
i compiti esercitati localmente in regime di autonomia funzionale dalle camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dalle università degli
studi;
e)
il coordinamento dei rapporti con l'Unione europea e i compiti preordinati ad
assicurare l'esecuzione a livello nazionale degli obblighi derivanti dal
Trattato sull'Unione europea e dagli
accordi
internazionali.
5.
Resta ferma la disciplina concernente il sistema statistico nazionale, anche ai
fini del rispetto degli obblighi derivanti dal Trattato sull'Unione europea e
dagli accordi internazionali.
6.
La promozione dello sviluppo economico, la valorizzazione dei sistemi produttivi
e la promozione della ricerca applicata sono interessi pubblici primari che lo
Stato, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali assicurano
nell'ambito delle rispettive competenze, nel rispetto delle esigenze della
salute, della sicurezza pubblica e della tutela dell'ambiente.
1.
La disciplina legislativa delle funzioni e dei compiti conferiti alle regioni ai
sensi della presente legge spetta alle regioni quando è riconducibile alle
materie di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione. Nelle restanti
materie spetta alle regioni il potere di emanare norme attuative ai sensi
dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
2.
In ogni caso, la disciplina della organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni e dei compiti amministrativi conferiti ai sensi dell'articolo 1 è
disposta, secondo le rispettive competenze e nell'ambito della rispettiva potestà
normativa, dalle regioni e dagli enti locali.
1.
Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono:
a)
individuati tassativamente le funzioni e i compiti da mantenere in capo alle
amministrazioni statali, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 1;
b)
indicati, nell'ambito di ciascuna materia, le funzioni e i compiti da conferire
alle regioni anche ai fini di cui all'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n.
142, e osservando il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 4, comma 3,
lettera a), della presente legge, o da conferire agli enti locali territoriali o
funzionali ai sensi degli articoli 128 e 118, primo comma, della Costituzione,
nonché i criteri di conseguente e contestuale attribuzione e ripartizione tra
le regioni, e tra queste e gli enti locali, dei beni e delle risorse
finanziarie, umane, strumentali e organizzative; il conferimento avviene
gradualmente ed entro il periodo massimo di tre anni, assicurando l'effettivo
esercizio delle funzioni conferite;
c)
individuati le procedure e gli strumenti di raccordo, anche permanente, con
eventuale modificazione o nuova costituzione di forme di cooperazione
strutturali e funzionali, che consentano la collaborazione e l'azione coordinata
tra enti locali, tra regioni e tra i diversi livelli di governo e di
amministrazione anche con eventuali interventi sostitutivi nel caso di
inadempienza delle regioni e degli enti locali nell'esercizio delle funzioni
amministrative ad essi conferite, nonché la presenza e l'intervento,
anche unitario, di rappresentanti statali, regionali e locali nelle diverse
strutture, necessarie per l'esercizio delle funzioni di raccordo, indirizzo,
coordinamento e controllo;
d)
soppresse, trasformate o accorpate le strutture centrali e periferiche
interessate dal conferimento di funzioni e compiti con le modalità e nei
termini di cui all'articolo 7, comma 3,
salvaguardando l'integrità di ciascuna regione e l'accesso
delle comunità locali alle strutture sovraregionali;
e)
individuate le modalità e le procedure per il trasferimento del personale
statale senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica;
f)
previste le modalità e le condizioni con le quali l'amministrazione dello Stato
può avvalersi, per la cura di interessi nazionali, di uffici regionali e
locali, d'intesa con gli enti interessati o con gli organismi rappresentativi
degli stessi;
g)
individuate le modalità e le condizioni per il conferimento a idonee strutture
organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per la loro natura,
l'esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali;
h)
previste le modalità e le condizioni per l'accessibilità da parte del singolo
cittadino temporaneamente dimorante al di fuori della propria residenza ai
servizi di cui voglia o debba
usufruire.
2.
Speciale normativa è emanata con i decreti legislativi di cui all'articolo 1
per il comune di Campione d'Italia, in considerazione della sua collocazione
territoriale separata e della conseguente peculiare realtà istituzionale,
socio-economica, valutaria, doganale, fiscale e finanziaria.
1.
Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in
conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai
comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario
esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni
provvedono sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere
ascoltati anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti
dalle leggi regionali.
2.
Gli altri compiti e funzioni di cui all'articolo 1, comma 2, della presente
legge, vengono conferiti a regioni, province, comuni ed altri enti locali con i
decreti legislativi di cui all'articolo 1.
3.
I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2 avvengono nell'osservanza dei
seguenti princìpi fondamentali:
a)
il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti
e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità
montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e
organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le
dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di
favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte
delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e
funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;
b)
il principio di completezza, con la attribuzione alla regione dei compiti e
delle funzioni amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e delle
funzioni di programmazione;
c)
il principio di efficienza e di economicità, anche con la soppressione delle
funzioni e dei compiti divenuti superflui;
d)
il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche al fine di
garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito
dell'Unione europea;
e)
i princìpi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con la
conseguente attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti
connessi, strumentali e complementari, e quello di identificabilità in capo ad
un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun servizio o
attività amministrativa;
f)
il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare delle funzioni già
esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello
di governo;
g)
il principio di adeguatezza, in relazione all'idoneità organizzativa
dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri
enti, l'esercizio delle funzioni;
h)
il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni in
considerazione delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche,
territoriali e strutturali degli enti riceventi;
i)
il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per
l'esercizio delle funzioni amministrative conferite;
j)
il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità
degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad
essi conferiti.
4.
Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1 il Governo provvede anche a:
a)
delegare alle regioni i compiti di programmazione e amministrazione in materia
di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale; attribuire
alle regioni il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello
dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare
la domanda di mobilità dei cittadini, servizi i cui costi sono a carico dei
bilanci regionali, prevedendo che i costi dei servizi ulteriori rispetto a
quelli minimi siano a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio;
prevedere che l'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse
alle regioni siano precedute da appositi accordi di programma tra il Ministro
dei trasporti e della navigazione e le regioni medesime, sempre che gli stessi
accordi siano perfezionati entro il 30 giugno 1999;
b)
prevedere che le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive
competenze, regolino l'esercizio dei servizi con qualsiasi modalità effettuati
e in qualsiasi forma affidati, sia in concessione che nei modi di cui agli
articoli 22 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, mediante contratti di
servizio pubblico, che rispettino gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n.
1191/69 ed il regolamento (CEE) n. 1893/91, che abbiano caratteristiche di
certezza finanziaria e copertura di bilancio e che garantiscano entro il 1°
gennaio 2000 il conseguimento di un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da
traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura previa
applicazione della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991 ai
trasporti ferroviari di interesse regionale e locale; definire le modalità per
incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei
servizi di trasporto urbano e extraurbano e per introdurre regole di
concorrenzialità nel periodico affidamento dei servizi; definire le modalità
di subentro delle regioni entro il 1° gennaio 2000 con propri autonomi
contratti di servizio regionale al contratto di servizio pubblico tra Stato e
Ferrovie dello Stato Spa per servizi di interesse locale e regionale;
c)
ridefinire, riordinare e razionalizzare, sulla base dei princìpi e criteri di
cui al comma 3 del presente articolo, al comma 1 dell'articolo 12 e agli
articoli 14, 17 e 20, comma 5, per quanto possibile individuando momenti
decisionali unitari, la disciplina relativa alle attività economiche ed
industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo delle
imprese operanti nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nel comparto
agroindustriale e nei servizi alla produzione; per quanto riguarda le politiche
regionali, strutturali e di coesione della Unione europea, ivi compresi gli
interventi nelle aree depresse del territorio nazionale, la ricerca applicata,
l'innovazione tecnologica, la promozione della internazionalizzazione e della
competitività
delle imprese nel mercato globale e la promozione della razionalizzazione della
rete commerciale anche in relazione all'obiettivo del contenimento dei prezzi e
dell'efficienza della distribuzione; per quanto riguarda la cooperazione nei
settori produttivi e il sostegno dell'occupazione; per quanto riguarda le
attività relative alla realizzazione, all'ampliamento, alla ristrutturazione e
riconversione degli impianti industriali, all'avvio degli impianti medesimi e
alla creazione, ristrutturazione e valorizzazione di aree industriali
ecologicamente attrezzate, con particolare riguardo alle dotazioni ed impianti
di tutela dell'ambiente, della sicurezza e della salute pubblica.
5.
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e
del principio di sussidiarietà di cui al comma 3, lettera a), del presente
articolo, ciascuna regione adotta, entro sei mesi dall'emanazione di ciascun
decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni
trasferite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla
regione stessa. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il
Governo è delegato ad emanare, entro i successivi novanta giorni, sentite le
regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi di ripartizione di funzioni
tra regione ed enti locali le cui disposizioni si applicano fino alla data di
entrata in vigore della legge regionale.
1.
È istituita una Commissione parlamentare, composta da venti senatori e venti
deputati, nominati rispettivamente dai Presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei deputati, su designazione dei gruppi parlamentari.
2.
La Commissione elegge tra i propri componenti un presidente, due vicepresidenti
e due segretari che insieme con il presidente formano l'ufficio di presidenza.
La Commissione si riunisce per la sua prima seduta entro venti giorni dalla
nomina dei suoi componenti, per l'elezione dell'ufficio di presidenza. Sino alla
costituzione della Commissione, il parere, ove occorra, viene espresso dalle
competenti Commissioni parlamentari.
3.
La Commissione ha sede presso la Camera dei deputati. Alle spese necessarie per
il funzionamento della Commissione si provvede, in parti uguali, a carico dei
bilanci interni di ciascuna delle due Camere.
4.
La Commissione:
a)
esprime i pareri previsti dalla presente legge;
b)
verifica periodicamente lo stato di attuazione delle riforme previste dalla
presente legge e ne riferisce ogni sei mesi alle Camere.
1.
Sugli schemi di decreto legislativo di cui all'articolo 1 il Governo acquisisce
il parere della Commissione di cui all'articolo 5 e della Commissione
parlamentare per le questioni regionali, che devono essere espressi entro
quaranta giorni dalla ricezione degli schemi stessi. Il Governo acquisisce
altresì i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza
Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità
montane; tali pareri devono essere espressi entro venti giorni dalla ricezione
degli schemi stessi. I pareri delle Conferenze sono immediatamente comunicati
alle Commissioni parlamentari predette. Decorsi inutilmente i termini previsti
dal presente articolo, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
1.
Ai fini della attuazione dei decreti legislativi di cui agli articoli 1, 3 e 4 e
con le scadenze temporali e modalità dagli stessi previste, alla puntuale
individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e
organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni
ed enti locali ed ai conseguenti trasferimenti si provvede con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati e il
Ministro del tesoro. Il trasferimento dei beni e delle risorse deve comunque
essere congruo rispetto alle competenze trasferite e al contempo deve comportare
la parallela soppressione o il ridimensionamento dell'amministrazione statale
periferica, in rapporto ad eventuali compiti residui.
2.
Sugli schemi dei provvedimenti di cui al comma 1 è acquisito il parere della
Commissione di cui all'articolo 5, della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della
Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle
comunità montane.
Sugli
schemi, inoltre, sono sentiti gli organismi rappresentativi degli enti locali
funzionali ed è assicurata la consultazione delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative. I pareri devono essere espressi entro trenta
giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine i decreti possono
comunque essere emanati.
3.
Al riordino delle strutture di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), si
provvede, con le modalità e i criteri di cui al comma 4-bis dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotto dall'articolo 13, comma 1, della
presente legge, entro novanta giorni dalla adozione di ciascun decreto di
attuazione di cui al comma 1 del presente articolo. Per i regolamenti di
riordino, il parere del Consiglio di Stato è richiesto entro cinquantacinque
giorni ed è reso entro trenta giorni dalla richiesta. In ogni caso, trascorso
inutilmente il termine di novanta giorni, il regolamento è adottato su proposta
del Presidente del Consiglio dei ministri. In sede di prima emanazione gli
schemi di regolamento sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica perché su di essi sia espresso il parere della Commissione di cui
all'articolo 5, entro trenta giorni dalla data della loro trasmissione. Decorso
tale termine i regolamenti possono essere comunque emanati.
1.
Gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali,
gli atti di coordinamento tecnico, nonché le direttive relative all'esercizio
delle funzioni delegate, sono adottati previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, o con la singola regione interessata.
2.
Qualora nel termine di quarantacinque giorni dalla prima consultazione l'intesa
non sia stata raggiunta, gli atti di cui al comma 1 sono adottati con
deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione
parlamentare per le questioni regionali da esprimere entro trenta giorni dalla
richiesta.
3.
In caso di urgenza il Consiglio dei ministri può provvedere senza l'osservanza
delle procedure di cui ai commi 1 e 2. I provvedimenti in tal modo adottati sono
sottoposti all'esame degli organi di cui ai commi 1 e 2 entro i successivi
quindici giorni. Il Consiglio dei ministri è tenuto a riesaminare i
provvedimenti in ordine ai quali siano stati espressi pareri negativi.
4.
Gli atti di indirizzo e coordinamento, gli atti di coordinamento tecnico, nonché
le direttive adottate con deliberazione del Consiglio dei ministri, sono
trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari.
5.
Sono abrogate le seguenti disposizioni concernenti funzioni di indirizzo e
coordinamento dello Stato:
a)
l'articolo 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382;
b)
l'articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616, il primo comma del medesimo
articolo limitatamente alle parole da: "nonché la funzione di
indirizzo" fino a: "n. 382" e alle parole "e con la
Comunità economica europea", nonché il terzo comma del medesimo
articolo, limitatamente alle parole: "impartisce direttive per l'esercizio
delle funzioni amministrative delegate alle regioni, che sono tenute ad
osservarle, ed";
c)
l'articolo 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n.
400, limitatamente alle parole: "gli atti di indirizzo e
coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni e, nel rispetto delle
disposizioni statutarie, delle regioni a statuto speciale e delle province
autonome di Trento e Bolzano";
d)
l'articolo 13, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400,
limitatamente alle parole: "anche per quanto concerne le
funzioni statali di indirizzo e coordinamento";
e)
l'articolo 1, comma 1, lettera hh), della legge 12 gennaio 1991,
n. 13.
6.
È soppresso l'ultimo periodo della lettera a) del primo comma
dell'articolo 17 della legge
6
maggio 1970, n. 281.
1.
Il Governo è delegato ad emanare, entro cinque mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a
definire ed ampliare le attribuzioni della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, unificandola, per le materie e i compiti di interesse comune
delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-Città e
autonomie locali. Nell'emanazione del decreto legislativo il Governo si atterrà
ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
potenziamento dei poteri e delle funzioni della Conferenza prevedendo la
partecipazione della medesima a tutti i processi decisionali di interesse
regionale, interregionale ed infraregionale almeno a livello di attività
consultiva obbligatoria;
b)
semplificazione delle procedure di raccordo tra Stato e regioni attraverso la
concentrazione in capo alla Conferenza di tutte le attribuzioni relative ai
rapporti tra Stato e regioni anche attraverso la soppressione di comitati,
commissioni e organi omologhi all'interno delle amministrazioni pubbliche;
c)
specificazione delle materie per le quali è obbligatoria l'intesa e della
disciplina per i casi di dissenso;
d)
definizione delle forme e modalità della partecipazione dei rappresentanti dei
comuni, delle province e delle comunità montane.
2.
Dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, i
pareri richiesti dalla presente legge alla Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla
Conferenza Stato-Città e autonomie
locali sono espressi dalla Conferenza unificata.
1.
Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui
all'articolo 1 possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi criteri e
princìpi direttivi e con le stesse procedure, entro un anno dalla data della
loro entrata in vigore.
CAPO
II
Art.
11
1.
Il Governo è delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a:
a)
razionalizzare l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei
Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di
Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo;
b)
riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla
assistenza e previdenza, nonché gli enti privati, controllati direttamente o
indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione e
nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale;
c)
riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta
dalle amministrazioni pubbliche;
d)
riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a promuovere e sostenere il
settore della ricerca scientifica e tecnologica nonché gli organismi operanti
nel settore stesso.
2.
I decreti legislativi sono emanati previo parere della Commissione di cui
all'articolo 5, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli
stessi. Decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque
emanati.
3.
Disposizioni correttive e integrative ai decreti legislativi possono essere
emanate, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi e con le
medesime procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore.
4.
Anche al fine di conformare le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, alle disposizioni della presente legge
e di coordinarle con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente capo,
ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono essere emanate entro
il 31 dicembre 1997. A tal fine il Governo, in sede di adozione dei decreti
legislativi, si attiene ai princìpi contenuti negli articoli 97 e 98 della
Costituzione, ai criteri direttivi di cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre
1992, n. 421, a partire dal principio della separazione tra compiti e
responsabilità di direzione politica e compiti e responsabilità di direzione
delle amministrazioni, nonché, ad integrazione, sostituzione o modifica degli
stessi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del
lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni
del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa;
estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti
generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le
altre esclusioni di cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29;
b)
prevedere per i dirigenti, compresi quelli di cui alla lettera a), l'istituzione
di un ruolo unico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, articolato in modo da garantire la necessaria specificità tecnica;
c)
semplificare e rendere più spedite le procedure di contrattazione collettiva;
riordinare e potenziare l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni (ARAN) cui è conferita la rappresentanza negoziale
delle amministrazioni interessate ai fini della sottoscrizione dei contratti
collettivi nazionali, anche consentendo forme di associazione tra
amministrazioni, ai fini dell'esercizio del potere di indirizzo e direttiva
all'ARAN per i contratti dei rispettivi comparti;
d)
prevedere che i decreti legislativi e la contrattazione possano distinguere la
disciplina relativa ai dirigenti da quella concernente le specifiche tipologie
professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo sanitario
di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni, e stabiliscano altresì una distinta disciplina per
gli altri dipendenti pubblici che svolgano qualificate attività professionali,
implicanti l'iscrizione ad albi, oppure tecnico-scientifiche e di ricerca;
e)
garantire a tutte le amministrazioni pubbliche autonomi livelli di
contrattazione collettiva integrativa nel rispetto dei vincoli di bilancio di
ciascuna amministrazione; prevedere che per ciascun ambito di contrattazione
collettiva le pubbliche amministrazioni, attraverso loro istanze associative o
rappresentative, possano costituire un comitato di settore;
f)
prevedere che, prima della definitiva sottoscrizione del contratto collettivo,
la quantificazione dei costi contrattuali sia dall'ARAN sottoposta,
limitatamente alla certificazione delle compatibilità con gli strumenti di
programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni, alla Corte dei conti, che può
richiedere elementi istruttori e di valutazione ad un nucleo di tre esperti,
designati, per ciascuna certificazione contrattuale, con provvedimento del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro;
prevedere che la Corte dei conti si pronunci entro il termine di quindici
giorni, decorso il quale la certificazione si intende effettuata; prevedere che
la certificazione e il testo dell'accordo siano trasmessi al comitato di settore
e, nel caso di amministrazioni statali, al Governo; prevedere che, decorsi
quindici giorni dalla trasmissione senza rilievi, il presidente del consiglio
direttivo dell'ARAN abbia mandato di sottoscrivere il contratto collettivo il
quale produce effetti dalla sottoscrizione definitiva; prevedere che, in ogni
caso, tutte le procedure necessarie per consentire all'ARAN la sottoscrizione
definitiva debbano essere completate entro il termine di quaranta giorni dalla
data di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi di accordo;
g)
devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto
previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ancorché concernenti in via
incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione,
prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte
a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso; procedure
stragiudiziali di conciliazione e arbitrato; infine, la contestuale estensione
della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad
oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici,
prevedendo altresì un regime processuale transitorio per i procedimenti
pendenti;
h)
prevedere procedure di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie
dei contratti collettivi dei relativi comparti prima dell'adozione degli atti
interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro;
i)
prevedere la definizione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento della funzione pubblica di un codice di comportamento dei
dipendenti della pubblica amministrazione e le modalità di raccordo con la
disciplina contrattuale delle sanzioni disciplinari, nonché l'adozione di
codici di comportamento da parte delle singole amministrazioni pubbliche;
prevedere la costituzione da parte delle singole amministrazioni di organismi di
controllo e consulenza sull'applicazione dei codici e le modalità di raccordo
degli
organismi
stessi con il Dipartimento della funzione pubblica.
5.
Il termine di cui all'articolo 2, comma 48, della legge 28 dicembre 1995, n.
549, è riaperto fino al 31 luglio 1997.
6.
Dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 4, sono
abrogate tutte le disposizioni in contrasto con i medesimi. Sono apportate le
seguenti modificazioni alle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, della legge
23 ottobre 1992, n. 421: alla lettera e) le parole: "ai dirigenti generali
ed equiparati" sono soppresse; alla lettera i) le parole: "prevedere
che nei limiti di cui alla lettera h) la contrattazione sia nazionale e
decentrata" sono sostituite dalle seguenti: "prevedere che la
struttura della contrattazione, le aree di contrattazione e il rapporto tra i
diversi livelli siano definiti in coerenza con quelli del settore privato";
la lettera q) è abrogata; alla lettera t) dopo le parole: "concorsi unici
per profilo professionale" sono inserite le seguenti: ", da espletarsi
a livello regionale,".
7.
Sono abrogati gli articoli 38 e 39 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29.
1.
Nell'attuazione della delega di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 11
il Governo si atterrà, oltreché ai princìpi generali desumibili dalla legge
23 agosto 1988, n. 400, dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e dal decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni,
ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
assicurare il collegamento funzionale e operativo della Presidenza del Consiglio
dei ministri con le amministrazioni interessate e potenziare, ai sensi
dell'articolo 95 della Costituzione, le autonome funzioni di impulso, indirizzo
e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri, con eliminazione,
riallocazione e trasferimento delle funzioni e delle risorse concernenti compiti
operativi o gestionali in determinati settori, anche in relazione al
conferimento di funzioni di cui agli articoli 3 e seguenti;
b)
trasferire a Ministeri o ad enti ed organismi autonomi i compiti non
direttamente riconducibili alle predette funzioni di impulso, indirizzo e
coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri secondo criteri di
omogeneità e di efficienza gestionale, ed anche ai fini della riduzione dei
costi amministrativi;
c)
garantire al personale inquadrato ai sensi dell'articolo 38 della legge 23
agosto 1988, n. 400, il diritto di opzione tra il permanere nei ruoli della
Presidenza del Consiglio dei ministri e il transitare nei ruoli
dell'amministrazione cui saranno trasferite le competenze;
d)
trasferire alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'eventuale
affidamento alla responsabilità dei Ministri senza portafoglio, anche funzioni
attribuite a questi ultimi direttamente dalla
legge;
e)
garantire alla Presidenza del Consiglio dei ministri autonomia organizzativa,
regolamentare e finanziaria nell'ambito dello stanziamento previsto ed approvato
con le leggi finanziaria e di bilancio dell'anno in corso;
f) procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle
competenze tra i Ministeri, tenuto conto delle esigenze derivanti
dall'appartenenza dello Stato all'Unione europea, dei conferimenti di cui agli
articoli 3 e seguenti e dei principi e dei criteri direttivi indicati
dall'articolo 4 e dal presente articolo, in ogni caso riducendone il numero,
anche con decorrenza differita all'inizio della nuova legislatura;
g)
eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all'interno di
ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra
organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento,
riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e
ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di
dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo risultanti dalla
aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di
omogeneità, di complementarietà e di organicità;
h)
riorganizzare e razionalizzare, sulla base dei medesimi criteri e in coerenza
con quanto previsto dal capo I della presente legge, gli organi di
rappresentanza periferica dello Stato con funzioni di raccordo, supporto e
collaborazione con le regioni e gli enti locali;
i)
procedere, d'intesa con le regioni interessate, all'articolazione delle attività
decentrate e dei servizi pubblici, in qualunque forma essi siano gestiti o
sottoposti al controllo dell'amministrazione centrale dello Stato, in modo che,
se organizzati a livello sovraregionale, ne sia assicurata la fruibilità
alle comunità, considerate unitariamente dal punto di vista regionale.
Qualora esigenze organizzative o il rispetto di standard dimensionali impongano
l'accorpamento di funzioni amministrative statali con riferimento a dimensioni
sovraregionali, deve essere comunque fatta salva l'unità di ciascuna regione;
j) riordinare le residue strutture periferiche dei Ministeri,
dislocate presso ciascuna provincia, in modo da realizzare l'accorpamento e la
concentrazione, sotto il profilo funzionale, organizzativo e logistico, di tutte
quelle presso le quali i cittadini effettuano operazioni o pratiche di
versamento di debiti o di riscossione di crediti a favore o a carico dell'Erario
dello Stato;
k)
istituire, anche in parallelo all'evolversi della struttura del bilancio dello
Stato ed alla attuazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, un più razionale collegamento tra
gestione finanziaria ed azione amministrativa, organizzando le strutture per
funzioni omogenee e per centri di imputazione delle responsabilità;
l)
rivedere, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti
collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale,
il trattamento economico accessorio degli addetti ad uffici di diretta
collaborazione dei Ministri, prevedendo, a fronte delle responsabilità e degli
obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, un unico
emolumento, sostitutivo delle ore di lavoro straordinario autorizzabili in via
aggiuntiva e dei compensi di incentivazione similari;
m)
diversificare le funzioni di staff e di line, e fornire criteri generali e princìpi
uniformi per la disciplina degli uffici posti alle dirette dipendenze del
Ministro, in funzione di supporto e di raccordo tra organo di direzione politica
e amministrazione e della necessità di impedire, agli uffici di diretta
collaborazione con il Ministro,
lo svolgimento di attività amministrative rientranti nelle competenze
dei dirigenti ministeriali;
n)
garantire la speditezza dell'azione amministrativa e il superamento della
frammentazione delle procedure, anche attraverso opportune modalità e idonei
strumenti di coordinamento tra uffici, anche istituendo i centri interservizi,
sia all'interno di ciascuna amministrazione, sia fra le diverse amministrazioni;
razionalizzare gli organi collegiali esistenti anche mediante soppressione,
accorpamento e riduzione del numero dei componenti;
o)
istituire servizi centrali per la cura delle funzioni di controllo interno, che
dispongano di adeguati servizi di supporto ed operino in collegamento con gli
uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre
1989, n. 322, prevedendo interventi sostitutivi nei confronti delle singole
amministrazioni che non provvedano alla istituzione dei servizi di controllo
interno entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo;
p)
organizzare le strutture secondo criteri di flessibilità, per consentire sia lo
svolgimento dei compiti permanenti, sia il perseguimento di specifici obiettivi
e missioni;
q)
realizzare gli eventuali processi di mobilità ricorrendo, in via prioritaria,
ad accordi di mobilità su base territoriale, ai sensi dell'articolo 35, comma
8, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni,
prevedendo anche per tutte le amministrazioni centrali interessate dai processi
di trasferimento di cui all'articolo 1 della presente legge, nonché di
razionalizzazione, riordino e fusione di cui all'articolo 11, comma 1, lettera
a), procedure finalizzate alla riqualificazione professionale per il personale
di tutte le qualifiche e i livelli per la copertura dei posti disponibili a
seguito della definizione
delle piante organiche e con le modalità previste dall'articolo 3, commi
205 e 206, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, fermo restando che le singole
amministrazioni provvedono alla copertura degli oneri finanziari attraverso i
risparmi di gestione sui propri capitoli di bilancio;
r)
prevedere che i processi di riordinamento e razionalizzazione sopra indicati
siano accompagnati da adeguati processi formativi che ne agevolino l'attuazione,
all'uopo conferendo apposite attribuzioni alla Scuola superiore della pubblica
amministrazione; prevedere che, a tal fine, il contingente di personale indicato
nel regolamento recante disposizioni per l'organizzazione ed il funzionamento
della Scuola superiore sia considerato aggiuntivo rispetto ai contingenti di cui
alle tabelle A e B allegate alla legge 23 agosto 1988, n. 400; prevedere che il
50 per cento del contingente medesimo sia riservato al personale in posizione di
comando e di fuori ruolo; prevedere che le amministrazioni, se la richiesta di
comando è motivata da attività svolte dalla Scuola superiore nel loro
interesse, debbano dar corso alla richiesta.
2. Nell'ambito
dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri,
relativamente alle rubriche non affidate alla responsabilità di Ministri, il
Presidente del Consiglio dei ministri può disporre variazioni compensative, in
termini di competenza e di cassa, da adottare con decreto del Ministro del
tesoro.
3.
Il personale di ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, comunque in
servizio da almeno un anno alla data di entrata in vigore della presente legge
presso altre amministrazioni pubbliche, enti pubblici non economici ed autorità
indipendenti, è, a domanda, inquadrato nei ruoli delle amministrazioni, autorità
ed enti pubblici presso i quali presta servizio, ove occorra in soprannumero; le
dotazioni organiche di cui alle tabelle A, B e C allegate alla legge 23 agosto
1988, n. 400, sono corrispondentemente ridotte.
1.
All'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni,
è aggiunto il seguente comma: "4-bis. L'organizzazione e la disciplina
degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi
del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del
Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi
posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a)
riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i
Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze
di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e
l'amministrazione;
b)
individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e
periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con
funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo
criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c)
previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei
risultati;
d)
indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e)
previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la
definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici
dirigenziali generali".
2.
Gli schemi di regolamento di cui al comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono
trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica perché su di
essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per
materia entro trenta giorni dalla data della loro trasmissione. Decorso il
termine senza che i pareri siano stati espressi, il Governo adotta comunque i
regolamenti.
3.
I regolamenti di cui al comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sostituiscono, per i soli
Ministeri, i decreti di cui all'articolo 6, commi 1 e 2, del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 4 del decreto legislativo
23 dicembre 1993, n. 546, fermo restando il comma 4 del predetto articolo 6. I
regolamenti già emanati o adottati restano in vigore fino alla emanazione dei
regolamenti di cui al citato articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto
1988, n. 400, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
1.
Nell'attuazione della delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo
11, il Governo perseguirà l'obiettivo di una complessiva riduzione dei costi
amministrativi e si atterrà, oltreché ai princìpi generali desumibili dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dal decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, dall'articolo 3, comma 6,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
fusione o soppressione di enti con finalità omologhe o complementari,
trasformazione di enti per i quali l'autonomia non sia necessaria o
funzionalmente utile in ufficio dello Stato o di altra amministrazione pubblica,
ovvero in struttura di università, con il consenso della medesima, ovvero
liquidazione degli enti inutili; per i casi di cui alla presente lettera il
Governo è tenuto a presentare contestuale piano di utilizzo del personale ai
sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera s), in carico ai suddetti enti;
b)
trasformazione in associazioni o in persone giuridiche di diritto privato degli
enti che non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico nonché
di altri enti per il cui funzionamento non è necessaria la personalità di
diritto pubblico; trasformazione in ente pubblico economico o in società di
diritto privato di enti ad alto indice di autonomia finanziaria; per i casi di
cui alla presente lettera il Governo è tenuto a presentare contestuale piano di
utilizzo del personale ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera s), in carico
ai suddetti enti;
c)
omogeneità di organizzazione per enti omologhi di comparabile rilevanza, anche
sotto il profilo delle procedure di nomina degli organi statutari, e riduzione
funzionale del numero di componenti degli organi collegiali;
d)
razionalizzazione ed omogeneizzazione dei poteri di vigilanza ministeriale, con
esclusione, di norma, di rappresentanti ministeriali negli organi di
amministrazione, e nuova disciplina del commissariamento degli enti;
e)
contenimento delle spese di funzionamento, anche attraverso ricorso obbligatorio
a forme di comune utilizzo di contraenti ovvero di organi, in analogia a quanto
previsto dall'articolo 20, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni;
f)
programmazione atta a favorire la mobilità e l'ottimale utilizzo delle
strutture impiantistiche.
1.
Al fine della realizzazione della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni,
l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione è incaricata, per
soddisfare esigenze di coordinamento, qualificata competenza e indipendenza di
giudizio, di stipulare, nel rispetto delle vigenti norme in materia di scelta
del contraente, uno o più contratti-quadro con cui i prestatori dei servizi e
delle forniture relativi al trasporto dei dati e all'interoperabilità si
impegnano a contrarre con le singole amministrazioni alle condizioni ivi
stabilite. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto
legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, in relazione alle proprie esigenze, sono
tenute a stipulare gli atti esecutivi dei predetti contratti-quadro. Gli atti
esecutivi non sono soggetti al parere dell'Autorità per l'informatica nella
pubblica amministrazione e, ove previsto, del Consiglio di Stato. Le
amministrazioni non ricomprese tra quelle di cui all'articolo 1, comma 1, del
decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, hanno facoltà di stipulare gli
atti esecutivi di cui al presente comma.
2.
Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati
con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime
forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici,
sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità
di applicazione del presente comma sono stabiliti, per la pubblica
amministrazione e per i privati, con specifici regolamenti da emanare entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi
dell'articolo 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Gli schemi dei regolamenti
sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per
l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni.
1.
Il Comitato scientifico di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 24 dicembre
1993, n. 537, individua, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro per la
funzione pubblica, previa ricognizione delle attività già espletate ivi
comprese quelle relative a progetti in corso, i progetti più strettamente
finalizzati alla modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, all'efficacia
e all'efficienza dei servizi pubblici nel quadro di una ottimizzazione e
razionalizzazione dell'utilizzazione delle risorse finanziarie. Il Comitato
procede altresì alla verifica di congruità dei costi di attuazione dei
progetti selezionati ed alla eventuale riduzione della spesa autorizzata.
2.
Ai progetti selezionati e verificati ai sensi del comma 1 si applicano le
procedure di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3 e 6, della legge 24 dicembre
1993, n. 537, e al decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 1994, n.
303. I progetti non selezionati o per i quali non sia stata accettata la
rideterminazione dei costi non possono avere ulteriore esecuzione. Con decreto
del Ministro per la funzione pubblica è dichiarata la revoca dell'approvazione
dei predetti progetti ed è determinato il rimborso delle spese per le attività
già svolte e per i costi sostenuti relativamente ad essi.
3.
Le somme recuperate ai sensi del presente articolo affluiscono allo stato di
previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate con decreto
del Ministro del tesoro ai capitoli 2557, 2560 e 2543 dello stato di previsione
della Presidenza del Consiglio dei ministri per la realizzazione di nuovi
progetti per l'attuazione dei processi di riforma della pubblica amministrazione
previsti dalla presente legge, secondo le procedure di cui all'articolo 2, commi
1, 2, 3 e 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e al decreto del Presidente
della Repubblica 19 aprile 1994, n. 303, nonché per attività di studio e
ricerca per l'elaborazione di schemi normativi necessari per la predisposizione
dei provvedimenti attuativi di cui alla presente legge, svolta anche in forma
collegiale.
1.
Nell'attuazione della delega di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 11
il Governo si atterrà, oltreché ai princìpi generali desumibili dalla legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, dall'articolo 3, comma 6,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a)
prevedere che ciascuna amministrazione organizzi un sistema
informativo-statistico di supporto al controllo interno di gestione, alimentato
da rilevazioni periodiche, al massimo annuali, dei costi, delle attività e dei
prodotti;
b)
prevedere e istituire sistemi per la valutazione, sulla base di parametri
oggettivi, dei risultati dell'attività amministrativa e dei servizi pubblici
favorendo ulteriormente l'adozione di carte dei servizi e assicurando in ogni
caso sanzioni per la loro violazione, e di altri strumenti per la tutela dei
diritti dell'utente e per la sua partecipazione, anche in forme associate, alla
definizione delle carte dei servizi ed alla valutazione dei risultati;
c)
prevedere che ciascuna amministrazione provveda periodicamente e comunque
annualmente alla elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza
ed economicità ed alla valutazione comparativa dei costi, rendimenti e
risultati;
d)
collegare l'esito dell'attività di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei
risultati alla allocazione annuale delle risorse;
e)
costituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una banca dati
sull'attività di valutazione, collegata con tutte le amministrazioni attraverso
i sistemi di cui alla lettera a) ed il sistema informatico del Ministero del
tesoro – Ragioneria generale dello Stato e accessibile al pubblico, con
modalità da definire con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
2.
Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta annualmente una relazione al
Parlamento circa gli esiti delle attività di cui al comma 1.
1.
Nell'attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera d), il
Governo, oltre a quanto previsto dall'articolo 14 della presente legge, si
attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:
a)
individuazione di una sede di indirizzo strategico e di coordinamento della
politica nazionale della ricerca, anche con riferimento alla dimensione europea
e internazionale della ricerca;
b)
riordino, secondo criteri di programmazione, degli enti operanti nel settore,
della loro struttura, del loro funzionamento e delle procedure di assunzione del
personale, nell'intento di evitare duplicazioni per i medesimi obiettivi, di
promuovere e di collegare realtà operative di eccellenza, di assicurare il
massimo livello di flessibilità, di autonomia e di efficienza, nonché una più
agevole stipula di intese, accordi di programma e consorzi;
c)
ridefinire la disciplina e lo snellimento delle procedure per il sostegno della
ricerca scientifica, tecnologica e spaziale e per la promozione del
trasferimento e della diffusione della tecnologia nell'industria, in particolare
piccola e media, individuando un momento decisionale unitario al fine di
evitare, anche con il riordino degli organi consultivi esistenti,
sovrapposizioni di interventi da parte delle amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
riordinando gli enti operanti nel settore secondo criteri di programmazione e di
valutazione, in aggiunta a quelli previsti dall'articolo 14 della presente
legge, favorendo inoltre la mobilità del personale e prevedendo anche forme di
partecipazione dello Stato ad organismi costituiti dalle organizzazioni
imprenditoriali e dagli enti di settore o di convenzionamento con essi;
d)
previsione di organismi, strumenti e procedure per la valutazione dei risultati
dell'attività di ricerca e dell'impatto dell'innovazione tecnologica sulla vita
economica e sociale;
e)
riordino degli organi consultivi, assicurando una rappresentanza, oltre che alle
componenti universitarie e degli enti di ricerca, anche al mondo della
produzione e dei servizi;
f)
programmazione e coordinamento dei flussi finanziari in ordine agli obiettivi
generali della politica di ricerca;
g)
adozione di misure che valorizzino la professionalità e l'autonomia dei
ricercatori e ne favoriscano la mobilità interna ed esterna tra enti di
ricerca, università, scuola e imprese.
2.
In sede di prima attuazione e ai fini dell'adeguamento alla vigente normativa
comunitaria in materia, il Ministro dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica è autorizzato ad aggiornare, con propri decreti, i limiti, le
forme e le modalità di intervento e di finanziamento previsti dalle
disposizioni di cui al n. 41 dell'allegato 1, previsto dall'articolo 20, comma
8, della presente legge, ferma restando l'applicazione dell'articolo 11, secondo
comma, della legge 17 febbraio 1982, n. 46, ai programmi di ricerca finanziati a
totale carico dello Stato.
3.
Il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, entro
quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasmette
alle Camere una relazione sulle linee di riordino del sistema della ricerca,
nella quale:
a)
siano censiti e individuati i soggetti già operanti nel settore o da istituire,
articolati per tipologie e funzioni;
b)
sia indicata la natura della loro autonomia e dei rispettivi meccanismi di
governo e di funzionamento;
c)
sia delineata la tipologia degli interventi per la programmazione e la
valutazione, nonché di quelli riguardanti la professionalità e la mobilità
dei ricercatori.
1.
Sui provvedimenti di attuazione delle norme previste dal presente capo aventi
riflessi sull'organizzazione del lavoro o sullo stato giuridico dei pubblici
dipendenti sono sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative.
Art.
20
1.
Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta al Parlamento un disegno
di legge per la delegificazione di norme concernenti procedimenti
amministrativi, anche coinvolgenti amministrazioni centrali, locali o autonome,
indicando i criteri per l'esercizio della potestà regolamentare nonché i
procedimenti oggetto della disciplina, salvo quanto previsto alla lettera a) del
comma 5. In allegato al disegno di legge è presentata una relazione sullo stato
di attuazione della semplificazione dei procedimenti amministrativi.
2.
Con lo stesso disegno di legge di cui al comma 1, il Governo individua i
procedimenti relativi a funzioni e servizi che, per le loro caratteristiche e
per la loro pertinenza alle comunità territoriali, sono attribuiti alla potestà
normativa delle regioni e degli enti locali, e indica i princìpi che restano
regolati con legge della Repubblica ai sensi degli articoli 117, primo e secondo
comma, e 128 della Costituzione.
3.
I regolamenti sono emanati con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con
il Ministro competente, previa acquisizione del parere delle competenti
Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato. A tal fine la Presidenza del
Consiglio dei ministri, ove necessario, promuove, anche su richiesta del
Ministro competente, riunioni tra le amministrazioni interessate. Decorsi trenta
giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere
comunque emanati.
4.
I regolamenti entrano in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data
della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Con
effetto dalla stessa data sono abrogate le norme, anche di legge, regolatrici
dei procedimenti.
5.
I regolamenti si conformano ai seguenti criteri e princìpi:
a)
semplificazione dei procedimenti amministrativi, e di quelli che agli stessi
risultano strettamente connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero
delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, anche
riordinando le competenze degli uffici, accorpando le funzioni per settori
omogenei, sopprimendo gli organi che risultino superflui e costituendo centri
interservizi dove raggruppare competenze diverse ma confluenti in una unica
procedura;
b)
riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei
tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;
c)
regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso
diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione;
d)
riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei
procedimenti che si riferiscono alla medesima attività, anche riunendo in una
unica fonte regolamentare, ove ciò corrisponda ad esigenze di semplificazione e
conoscibilità normativa, disposizioni provenienti da fonti di rango diverso,
ovvero che pretendono particolari procedure, fermo restando l'obbligo di porre
in essere le procedure stesse;
e)
semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche
mediante adozione ed estensione alle fasi di integrazione dell'efficacia degli
atti, di disposizioni analoghe a quelle di cui all'articolo 51, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;
f)
trasferimento ad organi monocratici o ai dirigenti amministrativi di funzioni
anche decisionali, che non richiedano, in ragione della loro specificità,
l'esercizio in forma collegiale, e sostituzione degli organi collegiali con
conferenze di servizi o con interventi, nei relativi procedimenti, dei soggetti
portatori di interessi diffusi;
g)
individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica e controllo;
h)
previsione, per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di
mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto
assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica
amministrazione, di forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei
soggetti richiedenti il provvedimento; contestuale individuazione delle modalità
di pagamento e degli uffici che assolvono all'obbligo di corrispondere
l'indennizzo, assicurando la massima pubblicità e conoscenza da parte del
pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione
dell'indennizzo stesso.
6.
I servizi di controllo interno compiono accertamenti sugli effetti prodotti
dalle norme contenute nei regolamenti di semplificazione e di accelerazione dei
procedimenti amministrativi e possono formulare osservazioni e proporre
suggerimenti per la modifica delle norme stesse e per il miglioramento
dell'azione amministrativa.
7.
Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dai commi da 1 a
6 nel rispetto dei princìpi desumibili dalle disposizioni in essi contenute,
che costituiscono princìpi generali dell'ordinamento giuridico. Tali
disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni fino a quando esse
non avranno legiferato in materia. Entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme
fondamentali contenute nella legge medesima.
8.
In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi,
criteri e modalità di cui al presente articolo, quali norme generali
regolatrici, sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare
i procedimenti di cui all'allegato 1 alla presente legge, nonché le seguenti
materie:
a)
sviluppo e programmazione del sistema universitario, di cui alla legge 7 agosto
1990, n. 245, e successive modificazioni, nonché valutazione del medesimo
sistema, di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni;
b)
composizione e funzioni degli organismi collegiali nazionali e locali di
rappresentanza e coordinamento del sistema universitario, prevedendo altresì
l'istituzione di un Consiglio nazionale degli studenti, eletto dai medesimi, con
compiti consultivi e di proposta;
c)
interventi per il diritto allo studio e contributi universitari. Le norme sono
finalizzate a garantire l'accesso agli studi universitari agli studenti capaci e
meritevoli privi di mezzi, a ridurre il tasso di abbandono degli studi, a
determinare percentuali massime dell'ammontare complessivo della contribuzione a
carico degli studenti in rapporto al finanziamento ordinario dello Stato per le
università, graduando la contribuzione stessa, secondo criteri di equità,
solidarietà e progressività in relazione alle condizioni economiche del nucleo
familiare, nonché a definire parametri e metodologie adeguati per la
valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti nuclei. Le norme
di cui alla presente lettera sono soggette a revisione biennale, sentite le
competenti Commissioni parlamentari;
d)
procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, di cui
all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.
382, e procedimento di approvazione degli atti dei concorsi per ricercatore in
deroga all'articolo 5, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;
e)
procedure per l'accettazione da parte delle università di eredità, donazioni e
legati, prescindendo da ogni autorizzazione preventiva, ministeriale o
prefettizia.
9.
I regolamenti di cui al comma 8, lettere a), b) e c), sono emanati previo parere
delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
10.
In attesa dell'entrata in vigore delle norme di cui al comma 8, lettera c), il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dall'articolo 4
della legge 2 dicembre 1991, n. 390, è emanato anche nelle more della
costituzione della Consulta nazionale per il diritto agli studi universitari di
cui all'articolo 6 della medesima legge.
11.
Con il disegno di legge di cui al comma 1, il Governo propone annualmente al
Parlamento le norme di delega ovvero di delegificazione necessarie alla
compilazione di testi unici legislativi o regolamentari, con particolare
riferimento alle materie interessate dalla attuazione della presente legge. In
sede di prima attuazione della presente legge, il Governo è delegato ad
emanare, entro il termine di sei mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi di cui all'articolo 4, norme per la delegificazione
delle materie di cui all'articolo 4, comma 4, lettera c), non coperte da riserva
assoluta di legge, nonché testi unici delle leggi che disciplinano i settori di
cui al medesimo articolo 4, comma 4, lettera c), anche attraverso le necessarie
modifiche, integrazioni o abrogazioni di norme, secondo i criteri previsti dagli
articoli 14 e 17 e dal presente articolo.
Art.
21
1.
L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si
inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione
dell'intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione della autonomia delle
istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione centrale e periferica
della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione,
fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo
studio nonché gli elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in
materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente
attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l'estensione
ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di
istruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e
professionali e degli istituti d'arte ed ampliando l'autonomia per tutte le
tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in
materia di contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si
applicano anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro specificità
ordinamentali.
2.
Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più regolamenti
da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sulla base dei criteri generali e princìpi direttivi contenuti nei commi
3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli schemi di regolamento è
acquisito, anche contemporaneamente al parere del Consiglio di Stato, il parere
delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla
richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono essere comunque
emanati. Con i regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare le
norme di cui all'articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo
16 aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge.
3.
I requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione della personalità
giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1, anche
tra loro unificate nell'ottica di garantire agli utenti una più agevole
fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a
particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto
alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei
settori di istruzione compresi nell'istituzione scolastica. Le deroghe
dimensionali saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio
è per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e
provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di
insediamenti abitativi.
4.
La personalità giuridica e l'autonomia sono attribuite alle istituzioni
scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i requisiti
dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di dimensionamento della rete
scolastica, e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente alla
gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere
esercitate dalle istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime
di autonomia sarà accompagnato da apposite iniziative di formazione del
personale, da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed economiche
delle singole istituzioni scolastiche per l'adozione dei conseguenti interventi
perequativi e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che valorizzino le
capacità di iniziativa delle istituzioni stesse.
5.
La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già in
possesso di personalità giuridica e di quelle che l'acquistano ai sensi del
comma 4 è costituita dall'assegnazione dello Stato per il funzionamento
amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro
vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo
svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento
proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola.
6.
Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per
l'accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle istituzioni
scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione artistica, delle
fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o di assistenza
scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di regolamento
in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti
per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le successioni e le
donazioni.
7.
Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità giuridica e
autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già dotate di
personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste ultime delle
operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno autonomia organizzativa e
didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e
degli standard di livello nazionale.
8.
L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità,
della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio
scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle
strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il
contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento
dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell'unitarietà del
gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo
finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche,
materiali e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale
previsti a livello nazionale, la distribuzione dell'attività didattica in non
meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali
di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere
assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un'apposita
programmazione plurisettimanale.
9.
L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali
del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di
insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del
diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di
metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel
rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni
iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale
offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle
esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto
dall'articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti
criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi
restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e
quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come
fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo di adottare
procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e
del raggiungimento degli obiettivi.
10.
Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni
scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti
dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti,
iniziative di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica,
iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari
extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di
partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di
accordi tra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra
diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche
autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo
esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa. Gli istituti regionali di
ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi, il Centro europeo
dell'educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e le scuole ed
istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo
unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati
come enti finalizzati al supporto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche
autonome.
11.
Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì attribuite la
personalità giuridica e l'autonomia alle Accademie di belle arti, agli Istituti
superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica, alle Accademie
nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi contenuti nei commi
8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificità proprie di
tali istituzioni.
12.
Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni allo
scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di orientamento
scolastico e universitario.
13.
Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui ai
commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti con esse incompatibili, la
cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi. Il Governo è delegato ad
aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data di entrata in vigore delle
predette disposizioni regolamentari, le norme del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando tutte le conseguenti e necessarie
modifiche.
14.
Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro
del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per l'autonoma allocazione delle
risorse, per la formazione dei bilanci, per la gestione delle risorse ivi
iscritte e per la scelta dell'affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa,
nonché per le modalità del riscontro delle gestioni delle istituzioni
scolastiche, anche in attuazione dei princìpi contenuti nei regolamenti di cui
al comma 2. È abrogato il comma 9 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993,
n. 537.
15.
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo è
delegato ad emanare un decreto legislativo di riforma degli organi collegiali
della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico che tenga conto
della specificità del settore scolastico, valorizzando l'autonomo apporto delle
diverse componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonché delle
specifiche professionalità e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri:
a)
armonizzazione della composizione, dell'organizzazione e delle funzioni dei
nuovi organi con le competenze dell'amministrazione centrale e periferica come
ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonché con quelle delle istituzioni
scolastiche autonome;
b)
razionalizzazione degli organi a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera p);
c)
eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo quanto
previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera g);
d)
valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma dell'articolo
12, comma 1, lettera i);
e)
attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del
principio della libertà di insegnamento.
16.
Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in connessione con
l'individuazione di nuove figure professionali del personale docente, ferma
restando l'unicità della funzione, ai capi d'istituto è conferita la qualifica
dirigenziale contestualmente all'acquisto della personalità giuridica e
dell'autonomia da parte delle singole istituzioni scolastiche. I contenuti e le
specificità della qualifica dirigenziale sono individuati con decreto
legislativo integrativo delle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, sulla base dei seguenti criteri:
a)
l'affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici,
di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle
risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse
responsabilità in ordine ai risultati;
b)
il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l'organizzazione e le
attribuzioni dell'amministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai
sensi dell'articolo 13, comma 1;
c)
la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente con
adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità previste
dall'articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
d)
attribuzione della dirigenza ai capi d'istituto attualmente in servizio,
assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un apposito
corso di formazione.
17.
Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato in sede di
contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in autonome aree.
18.
Nell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 13 la riforma degli uffici
periferici del Ministero della pubblica istruzione è realizzata armonizzando e
coordinando i compiti e le funzioni amministrative attribuiti alle regioni ed
agli enti locali anche in materia di programmazione e riorganizzazione della
rete scolastica.
19.
Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al Parlamento,
a decorrere dall'inizio dell'attuazione dell'autonomia prevista nel presente
articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di apportare
eventuali modifiche normative che si rendano necessarie.
20.
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano
disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo nel
rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione.
1.
Sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative dello Stato in materia
di ricerca e utilizzazione delle acque minerali e termali e la vigilanza sulle
attività relative. Di conseguenza le partecipazioni azionarie o le attività, i
beni, il personale, i patrimoni, i marchi e le pertinenze delle aziende termali,
già inquadrate nel soppresso Ente autonomo gestione aziende termali (EAGAT) e
del Centro ittico tarantino-campano S.p.A. sono trasferiti a titolo gratuito
alle regioni e alle province autonome nel cui territorio sono ubicati gli
stabilimenti termali in base ai piani di rilancio di cui al comma 2.
2.
Ai fini del trasferimento di cui al comma 1 la regione o la provincia autonoma,
entro novanta giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente
legge, presenta al Ministro del tesoro un piano di rilancio delle terme, nel
quale sono indicati gli interventi, le risorse ed i tempi di realizzazione con
impegno dell'ente interessato al risanamento delle passività dei bilanci delle
società termali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Il
trasferimento di cui al comma 1 avrà luogo entro sessanta giorni dalla
presentazione del piano.
3.
Le regioni e le province autonome possono cedere, in tutto o in parte, le
partecipazioni nonché le attività, i beni e i patrimoni trasferiti ad uno o più
comuni. Possono altresì prevedere forme di gestione attraverso società a
capitale misto pubblico-privato o attraverso affidamento a privati.
4.
Nel caso in cui le regioni o le province autonome territorialmente interessate
non presentino alcun progetto entro il termine indicato al comma 2, il Ministro
del tesoro, anche in deroga alle vigenti norme di legge e di regolamento sulla
contabilità dello Stato, determina i criteri per le cessioni, volti a favorire
la valorizzazione delle finalità istituzionali, terapeutiche e curative delle
aziende interessate, tenuto conto dell'importanza delle stesse per l'economia
generale, nonché per gli interessi turistici.
(Pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997)