Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Disegno di legge

 

ISTRUZIONE (7a)

GIOVEDI' 11 APRILE 2002
75a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI


Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Maria Grazia Siliquini.

La seduta inizia alle ore 15.

IN SEDE REFERENTE

(1251) CORTIANA ed altri.- Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione
(1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)


Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta antimeridiana.

Il senatore TESSITORE formula un giudizio positivo sulla relazione svolta dal presidente Asciutti, ritenendo in particolare corretta la prospettiva storica in cui è stata inquadrata la vicenda delle riforme scolastiche italiane. A conclusione di quella vicenda si è giunti nella scorsa legislatura all'approvazione della legge n. 30 del 2000 sul riordino dei cicli scolastici, che l'attuale Governo ha però ritenuto di non attuare, trovandosi ora nella condizione di imprimere una forte accelerazione alla nuova riforma elaborata dal ministro Moratti. Sarebbe stato forse meglio però procedere attraverso interventi correttivi alla legge quadro predisposta dall'ex ministro Berlinguer, poiché oggi appare difficile ipotizzare l'entrata in vigore del nuovo sistema già dal settembre 2002. Come senatore dell'opposizione, egli dovrebbe peraltro augurarsi che quella ipotesi non si realizzi, in quanto ciò rappresenterebbe il sicuro segnale del fallimento della riforma medesima; e del resto anche la predetta legge n. 30 ebbe a subire contraccolpi negativi dall'accelerazione che si tentò di imprimere al riordino dei cicli. Ma in nome dell'interesse generale e soprattutto nel rispetto dei destinatari della riforma scolastica occorre evitare che l'approvazione di quest'ultima si dispieghi attraverso tempi biblici, pur nella consapevolezza che la serietà dei temi trattati deve far scongiurare nel contempo immotivati sconti temporali.
Egli denuncia poi come l'impianto complessivo del progetto governativo costituisca un ritorno all'impostazione verticale del sistema dell'istruzione, che non lascia alternative tra l'uscita dal sistema attraverso il conseguimento della laurea e l'incremento della mortalità scolastica. Una simile impostazione poteva essere giustificata in altre epoche storiche, ma oggi non è più coerente con l'assetto sociale del Paese. Viceversa, un rimedio al grave fenomeno della mortalità scolastica sarebbe rappresentato da un sistema d'istruzione che consentisse differenziate uscite orizzontali.
Senza voler soffermarsi quindi sui singoli punti del disegno di legge in esame, egli affronta in particolare il tema della formazione degli insegnanti, dando atto al Governo di aver acquisito la consapevolezza del fallimento delle scuole di specializzazione: una superfetazione del sistema formativo rispetto alle istituzioni universitarie. Al tempo stesso, egli dichiara di non condividere il rimedio offerto dalla laurea specialistica, la quale mantiene la stessa opzione di fondo delle scuole di specializzazione che egli identifica nel panpedagogismo. Si tratta di una scelta che dequalifica invece proprio il profilo pedagogico e si fonda solo sulle esigenze connesse al potere accademico di un gruppo disciplinare. Ma il potere culturale dei gruppi è assicurato dalla loro autorevolezza e non dal numero dei docenti che li compongono.
La formazione culturale dovrebbe piuttosto separare la disciplina che si insegna dalle modalità con cui la si insegna. E la formazione professionale dovrebbe realizzarsi attraverso una preparazione culturale idonea, che badi alla sostanza delle cose e non si ispiri ai metodi assolutizzanti di quelle pseudoscienze che indicano il modo in cui si deve fare qualcosa senza che però si sappia cosa sia.
Nel dettaglio della normativa proposta, egli stigmatizza poi l'istituzione delle classi dei corsi di laurea specialistica finalizzate alla formazione degli insegnanti, che si verranno a sovrapporre alle quasi tremila classi di laurea infaustamente già attivate dalla recente riforma universitaria. Si viene così a determinare un assurdo organizzativo attraverso un parallelismo che fa venire meno il collegamento fra una scienza e la didattica ad essa relativa; parallelismo e superfetazione che vengono riproposti con la previsione di un'apposita struttura di ateneo per la formazione degli insegnanti. Queste lauree specialistiche del resto sono caratterizzate da insussistenza logica e metodologica, in quanto l'apprendimento del come insegnare non può prescindere dall'adeguata conoscenza della materia oggetto dell'insegnamento.
Egli propone pertanto un sistema alternativo, che preveda un periodo di tirocinio successivo alla laurea, organizzato sotto la responsabilità delle università ma da tenersi presso le strutture scolastiche. Il valore abilitante della laurea dovrebbe essere successivo al tirocinio, che dovrebbe a sua volta essere affiancato dal tutorato o da un master. Si darebbe così fondamento alla formazione post-universitaria, destinata a rafforzare il rapporto tra l'università e il mondo produttivo e delle professioni. D'altra parte, la rilevanza e l'urgenza delle tematiche concernenti la formazione degli insegnanti non possono sfuggire a nessuno, non dovendosi dimenticare il livello qualitativo del personale docente che l'università ha consegnato alla scuola a partire dal biennio 1968-1969.
Anche per le ragioni sopra esplicitate, egli esprime di conseguenza un giudizio negativo sul provvedimento, ma dichiara altresì il proprio rammarico per tale contrarietà, in quanto rappresenterebbe un momento storico quello in cui si realizzasse la convergenza delle forze politiche non solo sulla constatazione della centralità della scuola nel sistema Paese, come struttura portante della società civile, ma anche sull'esigenza di affrontare questi temi senza pregiudizi di parte, senza tentativi surrettizi di coprire tali pregiudizi, senza presumere di avere in tasca la verità, ma invece essendo tutti disponibili a prestare ascolto alle opinioni degli altri. Rivolge quindi un appello al Governo a riflettere in maniera approfondita sulle questioni in campo, dando con ciò una prova di forza e non di debolezza.

Il senatore FAVARO ricorda in primo luogo il vasto dibattito che ha preceduto l'elaborazione del provvedimento legislativo in esame e che è culminato nell'iniziativa degli Stati Generali della scuola. Ne è scaturito un testo che è frutto di un compromesso anche tra le posizioni inizialmente non del tutto coincidenti all'interno della stessa maggioranza, ma che testimonia nel contempo come per questo Governo la scuola sia un bene comune e abbia un ruolo centrale per la crescita della società italiana.
Tuttavia, le anticipazioni e gli annunci che hanno accompagnato l'elaborazione del disegno di legge hanno nel contempo caricato di tensione politica l'attuale fase parlamentare, anche in considerazione del fatto che il provvedimento viene proposto da forze politiche che hanno avversato l'approvazione della legge n. 30 del 2000. Nonostante ciò, egli rivela di nutrire la sensazione che certi toni polemici particolarmente accesi trovino giustificazione più nel ricordo di una situazione politica contrassegnata da nette contrapposizioni di parte che nella realtà attuale. Fortunatamente il documento elaborato dalla commissione guidata dal professor Bertagna e la stessa relazione del presidente Asciutti sembrano voler attenuare i toni polemici e sottolineare gli elementi di continuità anche rispetto a provvedimenti approvati nella precedente legislatura. Questo atteggiamento potrà risultare più vantaggioso per le esigenze del mondo scolastico e per la serenità di un dibattito all'interno del quale la maggioranza non chiede sconti, ma di poter portare avanti un progetto di scuola che ritiene rispondente alle esigenze di crescita dei ragazzi e allo sviluppo di una società pluralista avanzata. Fra l'altro, la riforma che ci si accinge ad approvare si va a inserire in un contesto ancora mobile, caratterizzato dalle recenti trasformazioni istituzionali e dal nuovo rapporto fra Stato e regioni, che ancora non trova soluzioni certe e condivise.
L'oratore si sofferma quindi su alcuni aspetti particolarmente significativi del progetto governativo, a partire dall'affiancamento della formazione professionale al sistema dei licei, con la possibilità di passaggi reciproci fra l'uno e l'altro canale. La pari dignità fra i due percorsi è peraltro un obiettivo di assoluto valore destinato però a incontrare numerose resistenze e che proprio per questo va perseguito con ogni mezzo. Al riguardo, egli propone di sperimentare un sistema integrato, che faccia coesistere i due canali all'interno degli stessi istituti.
Affrontando poi la questione dell'alternanza scuola-lavoro, di cui all'articolo 4 del provvedimento, si domanda se sarà la scuola a fare da traino all'economia o viceversa. La formulazione della norma in oggetto lascia intendere che l'iniziativa venga rimessa alle istituzioni scolastiche, ma gli incentivi previsti per le aziende e per l'assistenza tutoriale agli studenti in formazione prefigurano il rischio di una sorta di assistenzialismo in favore delle imprese e in proposito condivide le riserve già espresse dal senatore Betta.
Successivamente, egli svolge una analitica disamina del nuovo meccanismo di valutazione, che contempla anche il cosiddetto voto in condotta e che assume un'importanza particolare in una scuola che persegue una didattica fondata sulla pari dignità formativa di tutte le discipline. Le finalità che il provvedimento intende perseguire sotto questo profilo riguardano la riduzione degli sprechi educativi, la riconduzione della scuola alla sua funzione sociale e l'evidenziazione del ruolo degli insegnanti cui la valutazione è affidata.
Significativa è inoltre la disposizione introdotta dalla lettera l) del comma 1 dell'articolo 2 relativa ai piani di studio, che dovranno contenere un nucleo fondamentale attinente alla cultura e all'identità nazionale e una quota riservata alle regioni concernente gli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche in collegamento con le realtà locali. Si tratta di una vera svolta del sistema, che consentirà agli istituti di arricchire l'offerta formativa all'interno di una visione organica dell'autonomia, superando l'uniformità dei programmi con percorsi flessibili e personalizzati. Attraverso la riforma, si mira infatti ad attuare il federalismo inteso non come mero decentramento, bensì come affermazione di un sistema scolastico destinato alla collettività e alle singole persone. Ciò non toglie che dovrà essere adeguatamente approfondito il profilo delle competenze regionali rapportate all'autonomia didattica e organizzativa.
In relazione alla formazione degli insegnanti, disciplinata dall'articolo 5, egli considera una conquista strategica il rilievo conferito alla formazione iniziale universitaria per tutti i docenti, così come ritiene una scelta culturale e politica qualificante l'impegno a sostenere la formazione in servizio, che non può essere ricondotta esclusivamente a dimensioni accademiche senza tenere conto della tradizione formativa interna al sistema scolastico. Indi, circa la possibilità di anticipare la frequenza della scuola materna e di quella elementare, presume che l'opzione diventerà presto regola, con implicazioni negative soprattutto per la scuola dell'infanzia. Occorre del resto riconoscere che questa previsione normativa riflette un compromesso finalizzato ad anticipare al diciottesimo anno l'uscita dalla scuola senza intaccare la durata tradizionale dei cicli. E' un aspetto che suscita dubbi e perplessità, sia perché non sembra che ci si allinei al resto d'Europa, bensì solo ad alcuni Paesi (come è emerso anche dalla relazione del Presidente), sia perché appare inutile conseguire questo anticipo quando poi il vantaggio ottenuto si disperde nell'elevato numero di anni dedicato mediamente agli studi universitari.
Un'attenzione particolare egli riserva alla questione dell'alternanza scuola-lavoro. Il sistema scolastico è ancora infatti orientato prevalentemente alla continua e indefinita prosecuzione degli studi, fino al livello universitario, senza tenere conto delle aspettative dei giovani né delle domande del mondo economico, come se il lavoro non fosse la risorsa fondamentale nella costruzione dell'identità personale di ciascun cittadino. Si è dovuta peraltro registrare fino ad oggi la mancanza di un canale di formazione professionale degno di questo nome, dal momento che, nonostante la previsione costituzionale che assegna alle regioni la competenza in questo settore, nulla si è fatto per sostenere uno strumento così prezioso per lo sviluppo dell'economia e della cultura locali. Anche la recente riforma della legge sulla formazione professionale è timida e limitata, oltre che risentire della mancanza di adeguate risorse.
Da questo punto di vista, persino l'innalzamento dell'obbligo scolastico risente di una impostazione classista, non riconoscendo alle giovani generazioni il diritto a percorrere itinerari formativi diversi e alternativi rispetto a quello scolastico tradizionale e confermando il difetto cronico del sistema di istruzione nazionale rappresentato dalla rigidità e uniformità dell'offerta formativa. Del resto, i giovani meno predisposti allo studio e che si inseriscono più facilmente nel mondo del lavoro non sono per definizione i meno dotati o coloro che meno riusciranno nella vita, come dimostra l'esperienza degli imprenditori del Veneto tradizionalmente provenienti dai corsi di formazione professionale regionali. Al tempo stesso, oggi appare anche superata la polemica sull'esigenza di assicurare una solida cultura di base anche a coloro che scelgono la formazione professionale; esigenza che ormai nessuno più disconosce. La valorizzazione del lavoro e perciò della formazione professionale, infine, contribuisce ad attenuare il grave fenomeno della mortalità scolastica e al riguardo egli si dissocia dalle conclusioni del senatore Cortiana circa i pericoli di una scuola troppo attenta al mondo del lavoro e meno rivolta all'istruzione vera e propria. In una Repubblica fondata sul lavoro, infatti, non c'è cittadinanza piena, né integrazione nella società, senza inserimento e realizzazione nel mondo del lavoro.
In conclusione, egli ritiene che il disegno di legge governativo sia il primo passo di un processo riformatore che dovrà poi essere implementato con l'adozione dei provvedimenti attuativi. Fin da ora, tuttavia, si registrano numerose reazioni critiche, che dimostrano la sensibilità delle categorie interessate soprattutto quando si interviene sugli organici. Egli ricorda però come la riduzione della spesa destinata all'istruzione e la sua riqualificazione rappresentino una scelta non attribuibile al Governo in carica. I tagli al personale della scuola erano stati decisi già nel corso della precedente legislatura, sebbene quegli obiettivi non solo non siano stati raggiunti, ma si sia ottenuto il risultato opposto a fronte di un aumento del personale pari al 5,75 per cento.
Gli operatori della scuola, i quali debbono inevitabilmente partecipare al processo riformatore, sono inoltre allarmati dalle incertezze relative ai tempi e alle modalità della riforma stessa. In proposito, l'oratore non si dichiara fiducioso sulla possibilità che il Parlamento riesca a pronunciarsi in tempo per poter far entrare in vigore il nuovo sistema sin dal prossimo anno scolastico ed auspica pertanto una comunicazione tempestiva agli utenti e agli operatori della scuola in relazione ai tempi che saranno realisticamente necessari per l'approvazione della riforma e alle scelte riguardanti gli organici, al fine di assicurare maggiore tranquillità sia all'ambiente scolastico che al dibattito politico.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16 .

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