Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
ISTRUZIONE (7a)
MARTEDI' 14 MAGGIO 2002
81a Seduta
Presidenza del Presidente
ASCIUTTI
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Si riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 7 maggio scorso.
Interviene il senatore PASSIGLI, il quale ritiene che la rilevanza della riforma
scolastica sia tale da non attenere solamente agli aspetti specifici del
comparto in oggetto, coinvolgendo bensì lo stesso concetto di formazione del
cittadino e quindi riguardando l'interesse di tutti. Da questo punto di vista,
non appare una scelta felice il ricorso alla delega legislativa, che non
garantisce lo sviluppo di un dibattito ampio e approfondito, tanto più che non
si è in presenza né di una particolare urgenza, né di provvedimento che
richieda particolari tecnicismi da rimettere all'Esecutivo, né di un'esigua
maggioranza parlamentare. Mancano dunque le ragioni che abitualmente inducono a
ricorrere alla delega legislativa. Attraverso il percorso prescelto si finisce
invece per consegnare la definizione dei meccanismi che dovranno regolare il
sistema scolastico alla burocrazia ministeriale.
Egli denuncia peraltro il clima di incertezza che affligge il mondo della scuola
già dall'inizio dell'anno scolastico in corso e che si prolungherà almeno per
tutto il prossimo anno scolastico, non potendosi certo immaginare una rapida
emanazione dei decreti legislativi che dovranno seguire alla delega che il
Governo ha richiesto al Parlamento, il cui significato sembra pertanto
sostanziarsi in un messaggio squisitamente politico, che sta a indicare la
volontà di annullare quanto concluso a livello legislativo nel corso della XIII
Legislatura dalla precedente maggioranza.
Inoltre, il progetto governativo non appare realmente innovativo, né dotato
della necessaria compiutezza. Al tempo stesso, l'esiguità delle risorse
finanziarie destinate al settore dell'istruzione non solamente suscita
perplessità in merito alle possibilità di successo del disegno riformatore, ma
svuota anche di significato l'attuale assetto dell'autonomia scolastica e pone
in discussione la salvaguardia del tempo pieno nella scuola elementare; né sono
oggi prevedibili maggiori investimenti in presenza delle esigenze di risanamento
del bilancio statale.
Egli affronta poi alcune questioni di merito relative al provvedimento in esame,
dichiarando che, a suo avviso, l'anticipato ingresso alla scuola elementare non
pone particolari problemi, mentre il medesimo anticipo di quattro mesi riferito
alla scuola dell'infanzia si caratterizza come una scelta grave, che prefigura
una prosecuzione del segmento pre-materno più che l'inizio del percorso
formativo vero e proprio, andando così in senso contrario al naturale processo
evolutivo del bambino. Del resto, se la frequentazione della scuola materna
venisse intesa – come sarebbe auspicabile – quale parte integrante del
percorso formativo, la relativa iscrizione sarebbe allora un diritto di tutti e
ne discenderebbe l'esigenza di reperire le risorse adeguate.
Dopo aver rilevato criticamente come si sia rinviata l'estensione dell'obbligo
scolastico, egli si sofferma sulla previsione del doppio canale nella scuola
secondaria, giudicando negativamente la differente durata della formazione
professionale rispetto al sistema dei licei e la mancanza di un reale
collegamento fra i due percorsi, che si dovrebbe realizzare attraverso la
previsione di curricoli integrabili, più che mediante l'istituzione di un anno
integrativo alla formazione professionale ai fini dell'accesso all'università.
D'altra parte, la distinzione fra i due percorsi rappresenta un modello di
retroguardia, di tipo gentiliano, coerente con una realtà nazionale ormai
risalente nel tempo, quando l'Italia era povera di risorse e vi era l'esigenza
di formare una classe dirigente distinta dagli altri ceti sociali. Riproporre
oggi quel modello è segno di arretratezza culturale, dal momento che le
esigenze socio-economiche di un Paese moderno, di fronte alle sfide della
globalizzazione, richiedono la formazione di un capitale umano che si mostri
capace di flessibilità e di cambiamento fra i diversi percorsi professionali.
Il senatore TONINI richiama l'opportunità di un confronto approfondito su
questioni che toccano intessi vitali per la nazione tutta e che andrebbero perciò
sottratte a logiche di schieramento politico. D'altra parte, le riforme del
sistema scolastico non possono avere la medesima durata dei normali cicli
politici in cui si verifica l'alternanza fra le diverse maggioranze. Al
riguardo, occorre tenere presente l'esempio fornito dagli Stati Uniti d'America,
dove si è assistito a un ampio spirito di collaborazione tra le forze politiche
in merito alla riforma del sistema scolastico. Del resto, pur giudicando
sbagliata la decisione del Governo di bloccare l'attuazione della legge n. 30
del 2000, egli rileva come anche l'attuale maggioranza si trovi di fronte alla
necessità di dare soluzione alle medesime questioni e ai medesimi intenti che
indussero il centro-sinistra ad approvare la predetta legge.
La prima di tali questioni concerne l'esigenza di rimodulare la formazione del
cittadino, in modo da rendere più compatta e più breve la formazione iniziale
e dare vita a un sistema di formazione continua che consenta l'apprendimento
lungo l'arco di tutta la vita. In proposito, però, appare difficile il
passaggio dalle enunciazioni teoriche all'attuazione pratica.
In secondo luogo, occorre accelerare l'innalzamento del tasso di
scolarizzazione, che rappresenta un elemento di debolezza strutturale del
sistema sociale e produttivo italiano rispetto agli altri paesi
industrializzati. Ancora oggi, infatti, è eccessivamente esiguo il numero dei
giovani che consegue la laurea. E' necessario inoltre assicurare centralità
alla cultura del lavoro, superando la grande tradizione idealista che ha
impregnato la cultura italiana del Novecento e ha comportato la divaricazione
fra l'istruzione teorica e la formazione volta al conseguimento di un sapere
pratico. Occorre invece prevedere più cultura nel lavoro e più lavoro nella
fase di trasmissione culturale.
A suo avviso, risultano più convincenti le risposte che l'ex ministro
Berlinguer fornì alle questioni sopra esposte, pur riconoscendo egli i limiti
di un riformismo a volte incapace di incontrare il senso comune del Paese, anche
nelle sue componenti sociali che tradizionalmente fanno riferimento alle forze
politiche di sinistra. Ma, proprio per questo, l'attuale Governo dovrebbe
raccogliere il senso di quell'esperienza e rinunciare a inopportune forzature
legislative, così come dovrebbe evitare di procedere nel percorso riformatore
al solo scopo di annullare quanto realizzato in precedenza. Si rende pertanto
ineludibile un approfondimento costruttivo sui temi poc'anzi richiamati.
Quanto agli aspetti specifici del provvedimento, e in particolare alla
previsione di un ingresso anticipato alla scuola dell'infanzia e a quella
elementare, chiede al Governo se si tratti di misura transitoria che prelude a
una sistemazione di questi segmenti scolastici improntata a un anticipo
generalizzato, oppure se debba già ora considerarsi un dato permanente del
nuovo sistema scolastico; in quest'ultimo caso, le perplessità sarebbero anche
maggiori, soprattutto sotto il profilo dell'uguaglianza delle opportunità, con
la quale confliggerebbe la norma che condiziona l'anticipato ingresso alla
disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni.
In relazione poi al doppio canale della scuola secondaria, dichiara di non
essere pregiudizialmente contrario alla formazione professionale come seconda
gamba del sistema, ma nel contempo afferma che sarebbe stato preferibile
confermare un biennio di orientamento comune, rinviando la scelta fra i due
canali a un'età più elevata e a un livello più alto del percorso formativo;
ciò, al fine di scongiurare il rischio di una formazione professionale di base
che vincoli i soggetti a svolgere lo stesso lavoro per tutta la vita,
contraddicendo così all'obiettivo di maggiori flessibilità
e capacità di cambiamento nel mondo del lavoro. Esprime pertanto la
preoccupazione che il percorso della formazione professionale, così come ora
configurato, si traduca in una marginalizzazione di coloro che lo dovessero
scegliere, che si rifletterebbe pertanto sull'intera loro vita lavorativa.
Da ultimo, egli affronta la questione delle competenze regionali, sottolineando
come la previsione di quote regionali dei curricoli scolastici si differenzi
nettamente dalla scelta di privilegiare l'autonomia delle istituzioni
scolastiche. Non vi può essere una contrarietà pregiudiziale nei confronti
delle competenze regionali, ma esse vanno opportunamente armonizzate con il
sistema dell'autonomia scolastica, altrimenti si passerebbe dal centralismo
statale ai centralismi regionali, che sottoporrebbero la scuola alle logiche
connesse alle contese politiche locali.
Prende, infine, la parola la senatrice PAGANO, la quale si associa
all'intervento precedente in relazione all'esigenza di fornire risposte adeguate
a problemi che riguardano il Paese intero. In tal senso, sebbene lo schema
proposto dall'opposizione sia assolutamente alternativo rispetto al disegno di
legge n. 1306, ella invita il Governo a riconoscere che su alcuni aspetti si
registrano difficoltà oggettive, peraltro rilevate anche da autorevoli
esponenti della maggioranza, che trovano riscontro nelle audizioni delle
associazioni di categoria svoltesi dinanzi all'Ufficio di Presidenza della
Commissione. Su questi punti controversi, infatti, sono state espresse nette
contrarietà o quanto meno serie perplessità ed è bene allora comprendere se
su tali questioni vi è la possibilità di un confronto serio. In proposito, non
rappresenta un segnale positivo il ricorso alla delega legislativa, che non
favorisce lo sviluppo del dibattito e contraddice clamorosamente a quanto
lamentato dall'allora opposizione nel corso della XIII Legislatura. E' noto, del
resto, che la scelta della delega legislativa è stata imposta al ministro
Moratti in sede di Consiglio dei ministri sulla base di motivazioni
essenzialmente attinenti ai profili finanziari della riforma.
Ella osserva poi come la recente modifica del Titolo V della Costituzione
comporti inevitabilmente la conseguente correzione del sistema di istruzione
introdotto dalla legge n. 30 del 2000. In particolare, occorre specificare le
modalità attraverso cui attuare la ripartizione concorrente della competenza
legislativa in materia di istruzione, garantire il sistema dell'autonomia
scolastica e realizzare il passaggio della formazione professionale alle
regioni. Su quest'ultimo punto, peraltro, ella denuncia quanto sta accadendo nel
settore della formazione professionale, dove si verificano sempre meno
iscrizioni negli istituti professionali statali e dove si registra la fuga degli
insegnanti verso i licei, motivata dal timore di un passaggio dai ruoli statali
a quelli regionali. Al contrario, l'esperienza degli istituti professionali
dovrebbe essere salvaguardata e valorizzata e pertanto occorre valutare tutte le
implicazioni pratiche connesse al passaggio di tali strutture alle regioni. Di
conseguenza, non è possibile esprimere un giudizio positivo su un secondo
canale costituito dalla sola formazione professionale regionale, nel quale non
è garantita la coesistenza della formazione e di una adeguata preparazione
culturale.
Dal punto di vista poi del rispetto dell'obbligo scolastico, ella denuncia
l'affermazione del cosiddetto sistema a canne d'organo, che prevede percorsi
formativi di differente durata, dagli 11 ai 13 anni, e che non è riequilibrato
dal diritto all'istruzione e alla formazione per almeno 12 anni.
Quanto all'anticipato ingresso alla scuola dell'infanzia, la senatrice non la
ritiene una scelta priva di fondamento, in quanto potrebbe intercettare una
domanda proveniente da una parte dei genitori, ma reputa che non sia compito del
legislatore seguire acriticamente gli orientamenti popolari e al riguardo si
chiede se siano stati realmente valutati i costi pubblici che tale scelta
comporterebbe, se essa debba intendersi come misura transitoria o definitiva e
su quale progetto pedagogico sia fondata. Con questo anticipo, fra l'altro, si
va a stravolgere un segmento del sistema scolastico ritenuto eccellente a
livello internazionale, anche perché costituito da figure professionali
specificamente preparate e non più legate al concetto di mera assistenza. Ella
ritiene peraltro preferibile la previsione dell'obbligatorietà dell'ultimo anno
della scuola materna.
L'oratrice rivolge quindi alcune critiche alla ripristinata differenziazione fra
le specificità proprie delle scuole elementari e delle scuole medie, che ha
soddisfatto le spinte corporative degli insegnanti della secondaria inferiore,
ma che non tiene conto della realtà, dal momento che l'esistenza di migliaia di
istituti comprensivi (mai citati nel provvedimento governativo) contrasta con la
predetta differenziazione. Al tempo stesso, il progetto in esame appare per
alcuni versi troppo generico e per altri eccessivamente dettagliato in merito
alla scansione interna del ciclo di base.
Conclusivamente, l'oratrice sottolinea la discrasia che separa gli intendimenti
del Governo in materia di riforma scolastica dalle misure finora concretamente
varate. I tagli operati con l'ultima manovra finanziaria mettono infatti in
discussione l'autonomia delle istituzioni scolastiche, incidendo sulle
possibilità di attuazione dei loro progetti, pregiudicano la realizzazione di
un sistema d'istruzione secondaria che garantisca effettivamente il passaggio da
un percorso formativo all'altro, e costringono alla riduzione del tempo scuola.
Il Governo deve pertanto assumere un chiaro impegno politico in merito alla
ricognizione delle risorse finanziarie che l'attuazione della riforma richiede,
senza celarsi dietro motivazioni di carattere tecnico-contabile.
Il presidente ASCIUTTI dichiara quindi chiusa la discussione generale.
Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 16,30.
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