Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
ISTRUZIONE (7a)
MERCOLEDI' 15 MAGGIO 2002
82a Seduta
Presidenza del Presidente
ASCIUTTI
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.
Il presidente relatore ASCIUTTI ringrazia preliminarmente per il generale
apprezzamento espresso nei confronti della sua relazione introduttiva. Egli
aveva infatti ritenuto utile introdurre l'argomento con un excursus
storico che costituisse il preambolo e, non ultimo, il fondamento su cui
poggiare la trattazione di una materia che necessitava di attenzione particolare
nei confronti di una evoluzione che rappresenta lo specchio dello sviluppo della
società italiana. Da questo punto di vista, innegabile è il valore che il
sistema scolastico ha costituito per l'innalzamento culturale del Paese, come
pure innegabile è che oggi esso non sia più sufficiente a garantire quella
qualità culturale che i tempi e i nuovi scenari mondiali richiedono.
Inevitabile si rivela pertanto la necessità di adeguamento del sistema
scolastico ad un tipo di società senza dubbio orientata verso una nuova matrice
che ha superato ormai tutti i pregressi modelli, imponendone uno in cui
l'individuo con le sue potenzialità e con le sue capacità a specializzarsi può
meritatamente inserirsi, ed in maniera competitiva, nel mondo del lavoro. Perché
tutto questo sia realizzabile è però necessario che la scuola sia strutturata
in modo da facilitare una formazione culturale e professionale valida e che
contenga già in sé tutti gli elementi, gli stimoli e le possibilità che poi
spetterà all'individuo cogliere. In altri termini, occorre un sistema
scolastico regolato da una precisa scansione interna, ma al contempo fondato su
criteri di flessibilità: gli stessi che caratterizzano una personalità in
evoluzione e che, così rispettandola, ne permettono la maturazione.
L'impianto della legge governativa si fonda ineluttabilmente
sull'interpretazione della soggettività umana come protagonista del proprio
processo di divenire, nell'ambito del quale lo Stato e le sue strutture devono
avere il compito di garantire la sussistenza e la validità degli strumenti
forniti allo scopo. Questa concezione è l'elemento permeante della proposta di
Governo; attiene senz'altro ad una visione ideologica ben precisa e in linea, in
termini di esaustività delle risposte rispetto alle domande, con le rapide
trasformazioni societarie in atto.
Ciò premesso, risulta chiaro, secondo il relatore, come sia necessario
riformare la scuola partendo da presupposti diversi da quelli fondanti la
cosiddetta legge Berlinguer. Per l'attuale maggioranza si tratta di una scelta
consequenziale e non di una presa di posizione a priori e arbitraria,
diretta non solo ad adeguare il sistema alle recenti modifiche del Titolo V, ma
anche a progettare un sistema scolastico che garantisca la piena realizzazione
delle potenzialità individuali nella consapevolezza e nel rispetto delle loro
diversificazioni. Diverse sono infatti le esigenze e le capacità individuali di
cui il sistema scolastico deve tener conto, al fine di promuoverne la piena
realizzazione, senza nutrire il timore che ciò si traduca in uno strumento di
discriminazione sociale. Egli ribadisce quindi che la scuola deve saper
soddisfare tutte le esigenze soggettive, fornendo strumenti di elevazione sia
culturale che professionale e partendo dal presupposto che la società richiede
figure professionali diverse, ma non per questo diversamente rispettabili. Tale
concezione consente di operare sul sistema scolastico innalzandolo e non
appiattendolo, in quanto essa sostiene il valore della diversificazione come
patrimonio della società e propone una scuola che possa formare tutti ad un
livello elevato. I timori di natura ideologica non possono limitare un percorso
già in atto e si peccherebbe di cecità politica, laddove si volesse preservare
un sistema di istruzione legato a concetti e pregiudizi anacronistici. Spetta
del resto al legislatore il compito di operare sulla base sia dei segnali
provenienti dai cittadini, sia di una visione ampia e riconducibile a sistemi
diversi, tutti però concorrenti al funzionamento di una società complessa.
Il Presidente relatore sottolinea inoltre di voler assumere una posizione
precisa, ma non rigida per ciò che concerne l'iter del disegno di legge
e le sue possibilità di discussione e revisione. Dopo aver quindi dato atto ai
membri della Commissione della loro capacità di prescindere dalla
strumentalizzazione politica, egli auspica venga riconosciuto come
l'atteggiamento del Governo nei confronti di questa problematica sia di grande
disponibilità. D'altra parte, gli Stati generali sulla scuola hanno voluto
essere uno dei momenti di verifica necessari ad elaborare una proposta
rapportata alle esigenze che la società civile pone con sempre maggiore
insistenza e lo stesso confronto in Commissione dimostra l'apertura a modifiche
e revisioni, laddove naturalmente non si intenda stravolgere i presupposti
fondanti della proposta governativa. Vi è dunque la volontà di ragionare su
una materia di importanza fondamentale e di addivenire in tempi ragionevoli ad
una riforma valida, mantenendo costante il monitoraggio sulla situazione delle
scuole italiane e sulle esigenze dei loro operatori e fruitori.
In tal senso, egli precisa che il ricorso alla delega rappresenta solo una
tecnica normativa già utilizzata per le riforme più complesse, specie in
materia di ordinamento regionale, richiamando in merito l'esempio fornito dalla
legge 22 luglio 1975, n. 382, recante norme sull'ordinamento regionale e
sull'organizzazione della pubblica amministrazione, e dalle cosiddette leggi
Bassanini. Per quanto riguarda poi l'eccezione secondo cui la legislazione
statale in materie ripartite non può esercitarsi attraverso leggi delega, in
quanto si configurerebbero come leggi di principi e criteri sui principi, egli
rileva come si tratti di orientamento minoritario e soprattutto privo di
riscontro esplicito, posto che la delegazione legislativa non incontra alcun
limite costituzionale rispetto al tipo di utilizzo che se ne fa nella riforma
governativa.
Entrando nel merito delle obiezioni sollevate sui contenuti della riforma, il
Presidente relatore si sofferma sulle perplessità manifestate verso l'anticipo
dell'ingresso alla scuola materna e in proposito si dichiara in linea di
principio concorde con l'idea di lasciare immutato il ciclo della scuola
dell'infanzia per non interferire in un processo pedagogico che oggi rispetta in
pieno l'età evolutiva del bambino e che ha mostrato di essere un impianto assai
valido. Del resto, è pur vero che solo pochi Paesi d'Europa prevedono una
scolarizzazione così anticipata e che comunque ogni Stato organizza il proprio
sistema scolastico tenendo conto il più possibile delle proprie tradizioni
culturali e sociali. Senza con ciò caldeggiare forme di rigidità e chiusura, a
suo avviso sempre rischiose, egli sostiene che il cambiamento e l'evoluzione
costituiscono sempre processi fisiologici, purchè non comportino, specie nel
settore dell'istruzione, stravolgimenti e traumi. Occorre peraltro tenere in
considerazione un orientamento che non solo è maggioritario in sede di
Commissione, ma risulta dominante anche fra le varie associazioni
rappresentative del comparto audite dall'Ufficio di Presidenza. Del resto, la
scuola materna, così come la scuola elementare che nel progetto in esame vede
mantenuti i suoi cinque anni di durata, sono elementi portanti del sistema di
istruzione italiano; su questo punto la Casa delle Libertà manifesta la propria
coerenza con quanto sostenuto nella scorsa legislatura e nel corso della
campagna elettorale.
Quanto al tema del doppio canale costituito da istruzione e formazione
professionale, considerati momenti paralleli e di pari dignità, esso
rappresenta un aspetto fortemente innovativo della proposta governativa che,
nella visione umanistica che permea il progetto, appare estremamente positivo,
oltre che coerente, dal momento che soddisfa l'esigenza di corrispondere alle
diverse tendenze e preferenze degli individui. Fondamentale, al riguardo, è la
libertà di scelta, per rendere effettiva la quale la Repubblica non può
limitarsi a garantirla in teoria, dovendo viceversa offrire gli strumenti
affinché essa si realizzi.
Più in particolare, la formazione professionale va configurata in maniera tale
da consentire una strutturazione della personalità non secondaria e non
inferiore a quella conseguita grazie al canale dell'istruzione. Tale premessa,
se correttamente interpretata, annulla il rischio paventato da alcuni della
discriminazione sociale a danno dei ceti meno privilegiati. Al contrario, è
opportuno garantire a chi intenda non proseguire lo studio teorico e sia più
orientato verso una professione di poter seguire tale direzione.
A questo proposito, in riferimento all'altra obiezione relativa alla precocità
della scelta tra i due canali, che contrasterebbe con le capacità di arbitrio
individuali proprie di quella fase dell'età evolutiva, il Presidente relatore
afferma che potrebbe rappresentare un rischio reale solo laddove non si renda
effettiva la possibilità, realizzabile attraverso la mobilità tra i due
comparti, di modificare la propria scelta in itinere. Dovrà tuttavia
essere elevata la qualità della preparazione culturale di base nei primi anni
di scuola superiore, così da realizzare una accettabile osmosi tra i due
canali; positivo in tal senso sarebbe prevedere un biennio curricolare, che si
prefigga lo scopo di completare la formazione dell'individuo nella sua interezza
e che, pur non essendo unificato, favorisca un opportuno raccordo all'interno
del sistema dei licei e fra quest'ultimo e la formazione professionale. Non è
corretto invece riferirsi alla pari dignità tra istruzione e formazione
professionale, dovendosi peraltro registrare, già nella fase di presentazione
della riforma, il fenomeno della fuga di docenti e alunni dagli istituti
professionali verso gli istituti tecnici, nella presunzione che i primi
diventeranno di competenza regionale e nella convinzione che le strutture
regionali non siano in grado di garantire una formazione professionale di
livello qualitativamente elevato. Tali supposizioni tuttavia non sembrano
supportate da una corretta conoscenza della normativa vigente, in quanto è
prevedibile che, in mancanza di un'ulteriore modifica del Titolo V della
Costituzione, il personale dell'intero comparto, attualmente dipendente dallo
Stato, passerà nei ruoli regionali.
In relazione poi alla questione attinente all'obbligo scolastico, il Presidente
relatore ricorda che il principio è previsto dalla Costituzione, mentre la
legge n. 144 del 1999 ha introdotto l'obbligo formativo fino a 18 anni. La
stessa legge n. 30 del 2000 a sua volta richiamava la disposizione sull'obbligo
formativo, senza con ciò apparire contraddittoria rispetto alla
puntualizzazione, pure in essa contemplata, concernente l'obbligo scolastico dal
sesto al quindicesimo anno di età. Allo stesso modo, nel testo governativo la
norma relativa all'obbligo di formazione non modifica la disciplina già vigente
in materia di obbligo scolastico.
Conclusivamente, egli fa presente di non aver voluto rispondere ad ogni singolo
intervento reso in discussione generale, rinviando per questo alla replica del
Ministro, ma di aver inteso fornire chiarimenti di ordine generale alle
osservazioni più ricorrenti e significative.
Ringrazia infine i membri della Commissione per il contributo apportato al
dibattito che, al di là delle differenti posizioni politiche, si è svolto
correttamente e si è caratterizzato per la ricchezza dei contenuti.
Prende quindi la parola il ministro Letizia MORATTI, la quale esprime
innanzitutto un vivo e sincero apprezzamento per la relazione del presidente
Asciutti che, attraverso un'ampia panoramica storica delle riforme scolastiche
che hanno interessato il Paese a partire dal secolo scorso, ha introdotto in
modo preciso e puntuale i temi e le problematiche dell'istruzione, cui la
proposta di legge delega in discussione offre alcune soluzioni.
Ringrazia inoltre i senatori di maggioranza e di opposizione intervenuti nel
dibattito per l'impegno, la serietà e lo spessore che hanno voluto imprimere
alle loro riflessioni e per avere indicato al Governo con franchezza gli aspetti
di particolare criticità delle innovazioni contenute nella proposta di riforma.
Del resto, quest'ultima, come noto, è stata inizialmente prevista per
modificare alcuni aspetti della legge n. 30 del 2000, ma si è poi resa
indifferibile dopo l'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione. Per
queste ragioni, il progetto del Governo non può e non deve essere visto come
una risposta polemica, o, peggio, una specie di rivalsa rispetto alle iniziative
dei precedenti Esecutivi.
Il nuovo quadro istituzionale, come ha bene evidenziato il senatore Gaburro,
ridisegna, infatti, il ruolo dello Stato e delle autonomie locali nella gestione
e nel governo del sistema di istruzione e di formazione.
Lo Stato, da amministratore e gestore unico del sistema di istruzione, diventa
il soggetto istituzionale deputato al governo delle funzioni di indirizzo,
controllo e valutazione del sistema; alle autonomie locali e alle scuole
autonome sono affidati i compiti di gestione diretta.
Di tutto questo si è dovuto tenere conto nella revisione degli ordinamenti e
non si è trattato, certamente, di questioni di poco conto. Tuttavia, nella
scrittura del testo di legge si sono volutamente mantenuti tutti quei principi e
quegli aspetti ancora compatibili con il nuovo quadro istituzionale in segno di
rispetto del lavoro parlamentare che ha visto deputati e senatori confrontarsi a
lungo nella scorsa Legislatura sulle ipotesi di riforma del sistema scolastico.
Al senatore Monticone, tuttavia, che ha espresso il rammarico per una mancata
riscrittura totale del quadro valoriale del sistema educativo, il Ministro
esprime la sua personale disponibilità ad accogliere suggerimenti migliorativi
soprattutto se finalizzati ad arricchire la dimensione educativa.
Venendo poi ai motivi per cui era indispensabile rivedere la legge n. 30 del
2000, ella rileva come quel provvedimento non considerasse sufficientemente la
cornice europea entro cui, dopo l'accelerazione del processo di integrazione
impresso dall'adozione della moneta unica, l'Italia è tenuta a muoversi con il
preciso obiettivo di favorire al più presto uno "spazio europeo"
dell'educazione e della cittadinanza europea, necessaria premessa per l'inizio
della costruzione duratura e solida dell'Europa politica.
La predetta legge n. 30 non sembrava, altresì, rispondere adeguatamente alle
sfide che la società della conoscenza e dell'informazione pone, ormai sempre più
incessantemente, ai sistemi di istruzione e di formazione alle professioni, che
devono garantire la mobilità internazionale attraverso la spendibilità dei
titoli. In particolare, sullo sviluppo di un moderno sistema di formazione
professionale, la legge n. 30 rimandava ad un provvedimento di natura economica,
la legge n. 144 del 1999, in cui era confinato l'obbligo formativo. In realtà
l'impianto della legge n. 30 e la stessa proposta di legge presentata, in questa
legislatura, dal senatore Cortiana (atto Senato n. 1251), riconducendo tutto il
percorso di formazione alla dimensione scolastica, affermano il principio per
cui la formazione al lavoro e alle professioni debba essere relegata in propri
ambiti specifici, estranei ai processi di istruzione, secondo un vecchio
paradigma tradizionale in base al quale prima si studia e poi si lavora. Oggi
invece l'educazione e la formazione sono processi che durano per tutto l'arco
della vita in coerenza con l'obiettivo strategico dell'Unione Europea sulla
formazione permanente e che, alle soglie dell'adolescenza, debbono intrecciarsi
in percorsi flessibili e il più possibile diversificati nei tempi, nelle
metodologie, nelle sedi e nei contenuti. La vera sfida allora è fare in modo
che non ci siano interruzioni nel processo di formazione dei giovani e che ogni
segmento dei percorsi formativi possa valere per un livello successivo di
istruzione e/o di qualificazione professionale. In questa scelta il Governo è
confortato dai modelli dei sistemi europei ed internazionali dei Paesi
economicamente avanzati che già negli anni '90 hanno introdotto flessibilità
nei percorsi e sviluppato sistemi di formazione professionale di grande
prestigio, di notevole efficacia e rispondenti a bisogni autentici dei ragazzi e
delle loro famiglie. E' altresì confortato da studiosi come Gardner, professore
alla Harward Graduate School, uno dei massimi esperti mondiali di educazione,
che ha recentemente dichiarato che non si dovrebbero costringere i giovani ad un
alto livello di istruzione entro venti anni, ma che si dovrebbe dare loro la
possibilità di istruirsi lungo tutto l'arco della vita.
D'altra parte, in Italia la mancanza di una valida alternativa agli studi
liceali – come ha ben evidenziato il senatore Favaro - ha privato troppi
giovani di opportunità di formazione che valorizzassero le loro inclinazioni,
attitudini e capacità e consentissero loro di mantenere un rapporto positivo,
perché utile per il loro avvenire e perché attento ai loro progetti, alla loro
intelligenza e alle loro aspettative, con il sistema di formazione. È avvenuto,
invece, che i ragazzi, costretti alla frequenza dell'unico canale liceale o di
scuole licealizzate, sottoposti spesso a un carico di materie (fino a 15-16) che
risulterebbe insopportabile anche ai migliori alunni dei licei e a un peso
orario (fino a 40 ore la settimana), costituito in prevalenza da una serie di
lezioni frontali, abbiano preferito abbandonare completamente gli studi ed
alimentare quella dispersione scolastica, e da qualche anno anche formativa, che
rappresenta il vero punto di crisi del sistema italiano e che ne minaccia la
credibilità e la legittimità presso i giovani e le loro famiglie. Da questo
punto di vista l'obbligo scolastico, se disgiunto da un vero successo educativo
è un non senso.
Rassicura quindi il senatore D'Andrea circa le sue preoccupazioni in merito ad
una effettiva esigibilità dei diritti di cittadinanza e dell'obbligo come
servizio alla persona. Se si vuole innovare profondamente l'offerta di
formazione, si devono comprende i giovani e le loro scelte, che non
rappresentano una fuga, ma una ricerca del loro personale progetto di vita. Se
non si vuole consegnare questi giovani ad un destino di esclusi, bisogna offrire
loro quell'opportunità educativa che è stata loro negata. Non è affatto detto
che questo possa avvenire obbligandoli a rimanere più a lungo a scuola. anche
se si trattasse di una scuola rinnovata, con insegnanti più competenti, con
programmi più aggiornati, con meno vincoli burocratici. Al contrario, la legge
delega, introducendo flessibilità e differenziazione dei percorsi di istruzione
e formazione nei modi, nei tempi e negli sbocchi, offre agli studenti una reale
possibilità di personalizzazione del progetto formativo di ciascuno, con il
sostegno, l'aiuto ed il riconoscimento degli insegnanti e della scuola, come
auspicato dal senatore Togni. In questo senso, il Ministro rassicura quanti
hanno voluto mettere in guardia il Governo dai rischi di una scelta precoce da
parte dei ragazzi che, comunque, il disegno di legge delega non contempla,
atteso che le esperienze professionalizzanti e di raccordo con il sistema
produttivo e socio culturale possono iniziare solo dopo il quindicesimo anno,
così come previsto dalle attuali norme sull'obbligo formativo. Quindi, non vi
è nessuna precocità sia rispetto alla legge n. 30, sia rispetto alla proposta
del senatore Cortiana. Nel provvedimento in discussione, il sistema amplia la
gamma dell'offerta formativa consentendo ai giovani di conseguire qualifiche e
diplomi professionali che rispondano ai loro bisogni e alle loro aspettative a
partire dal quattordicesimo anno di età.
Al senatore Tessitore poi, che si è dichiarato a favore dell'integrazione
"in orizzontale" dei sistemi, ella precisa che il Governo punta
piuttosto all'unitarietà dei due sistemi di istruzione e di formazione
professionale che vengono ritenuti di pari dignità. Le ragioni fin qui esposte
in merito ad una reale personalizzazione dei piani di studio e alla sfida del
raggiungimento del successo scolastico e formativo da parte di tutti hanno
portato il Ministro, peraltro, a superare la logica del legislatore ottocentesco
in materia di obbligo scolastico nel concetto più moderno di diritto-dovere
all'educazione. È infatti volontà del Governo affermare una nuova cultura dei
diritti in cui l'istruzione e la formazione siano considerati, a pieno titolo,
diritti essenziali di cittadinanza. In tal senso rassicura le senatrici Manieri
e Franco che attraverso questa legge di riforma, nel rispetto del nuovo quadro
costituzionale, si lavorerà perché non ci siano offerte statali di serie A e
offerte regionali di serie B, alcune di spessore culturale ed educativo e altre
no. I saperi di base, che attualmente sono previsti nel percorso dell'obbligo
scolastico, verranno previsti e rafforzati anche nei percorsi di istruzione e
formazione professionale. Queste gerarchie e queste distinzioni infatti vanno
superate per approdare ad un sistema educativo della Repubblica che veda
concorrere, per la migliore istruzione e formazione possibile dei giovani, Stato
e regioni, licei e istituti professionali, ma anche centri di formazione
professionale che dovranno riqualificarsi ed arricchirsi, in linea con i nuovi standard
qualitativi di cui lo Stato si renderà garante.
Ella ringrazia a questo proposito la senatrice Bianconi per avere ricordato il
prezioso e significativo patrimonio di conoscenze e di esperienze dei molti
centri di formazione professionale del Paese, messo al servizio, anche e
soprattutto, delle persone più svantaggiate. Rassicura peraltro la senatrice
che il nuovo quadro istituzionale riconoscerà a questi centri il giusto ruolo
nell'ambito del sistema educativo di istruzione e di formazione, affinché ci
sia la necessaria valorizzazione delle esperienze migliori nei diversi settori
della formazione professionale, mirabilmente curati dai medesimi centri. Ogni
percorso, al di là della durata, consentirà accessi ad un livello superiore di
istruzione e di formazione. Infatti, mentre si ridisegnerà tutto il sistema
della formazione professionale, si lavorerà anche per creare percorsi di
formazione professionale superiore, culturalmente e qualitativamente validi, così
come ha auspicato il senatore Gaburro.
Inoltre, i ragazzi dovranno sapere che nessuna scelta da loro effettuata nelle
diverse fasi di formazione sarà mai irreversibile. Le scuole organizzeranno
attività didattiche che rendano effettivo il passaggio tra gli indirizzi e tra
i diversi percorsi, fornendo ai giovani una adeguata preparazione per affrontare
il nuovo percorso di studio. Per questo rassicura i senatori Delogu e Bevilacqua
circa le loro preoccupazioni in merito e si impegna fin da ora a dedicare
un'attenzione particolare a questo aspetto della riforma nella predisposizione
dei decreti delegati. Così pure, si avvierà una riduzione decisiva dei
percorsi liceali e dei loro indirizzi per porre freno all'attuale eccessiva
frammentazione degli studi che, come hanno ben evidenziato i senatori Valditara
e Compagna, ha finito per confondere gli assi culturali originari e determinato
percorsi che, talvolta, per la loro originalità, non sono più riconducibili
all'indirizzo da cui sono nati. Una prova di questa degenerazione è certamente
l'alto numero di seconde prove di esame di Stato che il Ministero predispone
ogni anno e che supera, anche quest'anno, il numero di 600. Al contrario,
nell'ipotesi di riforma proposta, i licei dovranno ispirarsi alla migliore
tradizione scolastica italiana e contemporaneamente innovarsi attraverso
percorsi che forniscano una risposta alle moderne esigenze formative.
All'accorato appello della senatrice Acciarini perché non vada perduto il
patrimonio dell'istruzione professionale statale e degli istituti tecnici, ella
risponde di condividere tali preoccupazioni dichiarando di conoscere ed
apprezzare dell'istruzione professionale e dell'istruzione tecnica le punte di
eccellenza e l'efficacia di molti percorsi che hanno contribuito a garantire lo
sviluppo di interi settori produttivi del Paese. Questi percorsi confluiranno
nei licei tecnologici ed economici per consentire l'accesso alla formazione
universitaria, che la direttiva europea 89/48 richiede per la spendibilità su
tutto il territorio dell'Unione dei titoli professionali pregiati, ivi compresi
geometri, periti industriali, periti agrari ed agrotecnici. L'istruzione
professionale di competenza regionale, secondo il recente dettato
costituzionale, riguarderà tutti quei profili che saranno concordati d'intesa
con le regioni e che dovranno mantenere gli attuali livelli culturali e
professionali.
Dunque, si tratta di una sfida per l'intero Paese e non di una questione che
riguarda soltanto le competenze del Ministero o dell'amministrazione scolastica.
In proposito, il Ministro si dice convinta che le istituzioni coinvolte sapranno
cogliere questa sfida per dare maggiori opportunità ai giovani e per lo
sviluppo del Paese.
Ritornando poi al quadro istituzionale, ella rassicura la senatrice Soliani che,
contrariamente a quanto da lei sostenuto, rispetto ad una presunta visione
localistica del Governo nell'ambito dell'istruzione e della formazione alle
professioni, la dimensione prescelta è esattamente opposta a tale impostazione.
La proposta del Governo infatti – come il senatore Valditara ha avuto modo di
apprezzare - valorizza la cultura, le tradizioni e l'identità nazionale, e si
inquadra nell'ambito europeo. Nel contempo, garantisce e valorizza l'autonomia
degli istituti scolastici, pur prevedendo una quota di approfondimenti dei piani
di studio di competenza delle regioni relativa ad aspetti specifici e locali. Si
tratta dunque di approfondimenti intensivi, nella dimensione locale, di
obiettivi specifici di apprendimento nazionali. A tal proposito, il Ministro
conforta il senatore Betta circa la volontà del Governo di attivare una sempre
più stretta collaborazione con le regioni, con i comuni e le province, e di
valorizzare le capacità di autogoverno delle scuole. In tal senso, rende noto
di aver apprezzato l'esperienza della provincia di Trento, in modo particolare
la riconduzione in un unico sistema educativo dei percorsi di istruzione e
formazione professionale, che ha portato ad un miglioramento qualitativo
complessivo ed a una forte riduzione della dispersione scolastica. In merito
all'anticipo dell'età di iscrizione, aspetto richiamato da più senatori, ella
fa presente che la ricerca pedagogica internazionale invita i Governi a
investire nella prima infanzia e a generalizzare i servizi educativi destinati
all'infanzia. Come è del resto noto, l'Italia ha saputo creare in questi anni
una scuola materna, oggi scuola dell'infanzia, di eccellenza, mentre non ha
adeguatamente sviluppato il sistema degli asili nido, lasciando le famiglie
prive di un servizio essenziale soprattutto per i genitori entrambi impegnati in
attività lavorative e con redditi che non consentono loro in molti casi
soluzioni alternative per la cura dei piccoli. Tuttavia, in molte località del
Paese si sono attivati progetti di sperimentazione che realizzano eccellenti
esperienze con sezioni di raccordo fra nido e materna, così come già avviene
istituzionalmente in molte realtà internazionali.
Per queste ragioni, non certo casualmente o per scelte improvvisate, come
affermato dalla senatrice Franco, e senza ignorare le implicazioni di natura
pedagogica, didattica ed organizzativa, il Governo ha voluto inserire, tra gli
elementi di flessibilità, la questione, peraltro dibattuta da decenni nel
Paese, dell'anticipo nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria. In ogni
caso, anticipare l'iscrizione sarà un'opportunità e non un obbligo che la
scuola pubblica offrirà alla libera scelta delle famiglie. Ancora a questo
proposito, ella rassicura i senatori che l'anticipo delle iscrizioni non
significherà anticipazione degli apprendimenti. Si tratta di costruire contesti
adeguati perché ciascun bambino possa mettere a frutto le proprie conquiste con
un approccio progressivo di esperienze.
Il Governo è altresì consapevole del fatto che la frequenza anticipata nelle
due scuole dovrà trovare condizioni adeguate per realizzarsi, un contesto
rassicurante ed interventi educativi mirati. Per la riuscita di questo nuovo
aspetto del sistema si punta sicuramente sulla cooperazione e sull'incontro tra
scuola e famiglia che rappresentano, senza dubbio, condizioni necessarie e
imprescindibili. Nella scuola dell'infanzia occorrerà, altresì, prevedere
nuovi modelli organizzativi e nuove figure professionali, capaci di realizzare
interventi specifici. E in risposta alla senatrice Soliani, rende noto che tali
interventi saranno progettati ed attuati con la necessaria gradualità e
d'intesa con i comuni, nella assoluta consapevolezza di dover garantire la loro
qualità. Alla senatrice Franco, dichiara poi di non condividere affatto il
pessimismo sulla capacità di scelta delle famiglie, le quali sono responsabili,
naturalmente e costituzionalmente, dell'educazione dei loro figli e vanno messe
nelle condizioni di poter scegliere modalità e tempi della stessa.
Alle senatrici Soliani e Franco, inoltre, che hanno paventato il rischio di un
impoverimento complessivo dell'offerta formativa a partire dal prossimo anno
scolastico come conseguenza dei tagli agli organici operati dalla recente legge
finanziaria, il Ministro riferisce che l'operazione di contenimento delle
dotazioni organiche previste per l'anno scolastico 2002/03, peraltro con
parametri ampiamente al di sotto di quelli approvati dai Governi precedenti e
mai rispettati, non può compromettere affatto il diritto allo studio degli
alunni, né i livelli quantitativi e qualitativi del servizio scolastico, così
come risulta dal confronto dei livelli di apprendimento rapportati al numero dei
docenti secondo le medie europee. Il costante monitoraggio, effettuato su tutte
le scuole e attivato attraverso il sistema informativo del Ministero, che
consente di conoscere quotidianamente scuola per scuola la situazione degli
organici rispetto agli alunni, oltre che di mantenere un confronto continuo con
gli uffici scolastici regionali, induce ad essere fiduciosi.
Ad ogni buon fine, rispetto ad eventuali situazioni di particolare disagio,
legate ad imprevedibili incrementi del numero degli alunni o a particolari
emergenze di alcune realtà territoriali, si potrà far fronte con l'utilizzo
degli strumenti previsti dall'articolo 3 della legge n. 333 del 2001. In ogni
caso, ricorda ai senatori, che più volte hanno richiamato la legge n. 30, che
l'impianto ordinamentale di quella legge, con la riduzione di un anno nel primo
ciclo, avrebbe comportato una diminuzione di oltre un quinto degli insegnanti
delle scuole elementari, o di un terzo di quelli delle scuole medie.
Riguardo all'innovazione della modalità di apprendimento in alternanza scuola
lavoro, richiamata da molti senatori, esprime apprezzamento per l'intervento del
senatore Brignone che ringrazia per le tesi che ha esposto al riguardo.
L'alternanza è una nuova opportunità formativa che si offre ai giovani; essa
non è riconducibile all'apprendistato né ad un "sottopercorso" che
si può intraprendere soltanto nell'ambito della formazione professionale.
L'ipotesi del Governo è che il processo di apprendimento debba avvenire anche
in un terreno diverso, quello del lavoro, che non è di per sé un'esperienza
formativa e a cui non bisogna annettere un significato di emancipazione che non
sempre ha: non è un caso che i giovani che vanno a lavorare presto trovano
facilmente occupazione, ma altrettanto facilmente la perdono. Il lavoro però può
rappresentare, se opportunamente organizzato nell'ambito di un progetto
formativo, una via di emancipazione per molti giovani. Si tratta di una modalità
di apprendimento, ampiamente adottata con buoni risultati in altri Paesi e che,
come tale, dovrà essere offerta anche a chi frequenta il liceo. In tale
contesto, tutti i ragazzi in tutti i percorsi formativi dovranno poter fare
esperienza di stage presso enti, organizzazioni e imprese per arricchire
le loro esperienze, per farle valere come credito formativo e per iniziare
concretamente a misurare le proprie attitudini ed essere guidati nelle future
scelte di vita. In merito alle osservazioni sul primo ciclo fatte dal senatore
Brignone, il Ministro sottolinea che esso, preservando in primo luogo le
riconosciute specificità della scuola primaria e della scuola secondaria di
primo grado, punta a introdurre una maggior continuità su tutto l'arco degli
otto anni. In questo senso, rassicura anche la senatrice Pagano che gli istituti
comprensivi ovviamente rimarranno. In questo quadro unitario, la scansione
interna alla scuola primaria si caratterizzerà per uno sviluppo progressivo
della disciplinarietà, che dovrà favorire un passaggio graduale ma solido alla
scuola secondaria di primo grado.
Rispetto al sistema nazionale di valutazione, ella ringrazia i senatori che
hanno colto la portata dell'innovazione legata alle funzioni del nuovo servizio,
il quale fornirà al Paese, al Parlamento e al Governo, in modo permanente e
continuo, dati ed elementi di conoscenza sul funzionamento effettivo del sistema
scolastico, così come avviene già in tutti i Paesi europei. Tale servizio
peraltro non interferisce con la valutazione formativa degli apprendimenti
individuali, che rimane naturalmente una prerogativa dei docenti, e sarà uno
strumento per sostenere le scuole nel processo di autovalutazione. Le nuove
funzioni assegnate al sistema nazionale di valutazione hanno richiesto una
revisione della configurazione dell'Istituto nazionale di valutazione del
sistema di istruzione (INVALSI) ed è per queste ragioni – ella precisa
replicando al senatore Berlinguer - che la legge prevede una riorganizzazione
funzionale di tale Istituto.
Le sfide che attendono il nostro sistema educativo, anche nella prospettiva di
una piena integrazione nello "spazio europeo", inducono a considerare
strategico l'investimento sugli insegnanti, nella valorizzazione del loro ruolo
sociale e professionale, come hanno avuto modo di porre in risalto i senatori
Valditara e Bianconi. La qualità del sistema educativo sarà determinata,
principalmente, dalla qualità professionale delle persone che vi insegnano. In
tal senso, dichiara di aver molto apprezzato la larga condivisione su questo
tema dei senatori intervenuti nel dibattito. Per questi motivi, attraverso
l'articolo 5 della proposta di legge, si intende avviare una politica pubblica
di alta qualità dei corsi di formazione degli insegnanti. Corsi che saranno
universitari o di alta formazione per tutti, con percorsi di sicura competenza
disciplinare, svolti nelle rispettive Facoltà e seguiti da corsi di laurea
specialistica finalizzati ad un approfondimento disciplinare – oggi abbastanza
incerto – unitamente alla acquisizione di competenze pedagogiche, psicologiche
e didattiche.
Comunica pertanto ai senatori Tessitore e Compagna che sul tema della formazione
iniziale dei docenti il Governo sarà di certo rigoroso, soprattutto in
relazione alla necessità di un serio tirocinio degli aspiranti, che sarà
previsto dopo il conseguimento della laurea specialistica e affidato anche alla
valutazione delle scuole. Rassicura inoltre i senatori Bevilacqua e Compagna
sulla grande attenzione che il Governo pone sui temi della valorizzazione dei
docenti e sul riconoscimento della loro professionalità con disposizioni
contrattuali che ne esaltino il ruolo e la specificità all'interno del comparto
scuola. Al riguardo, ella stessa ha avuto un primo e proficuo incontro con i
sindacati su questi temi e presto invierò uno specifico atto di indirizzo
all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) affinché colga queste indicazioni.
Infine, in merito alle osservazioni di alcuni degli intervenuti sull'opportunità
dello strumento della delega, valgono le osservazioni del senatore Valditara e
del senatore Delogu circa la necessità di un provvedimento che consenta di
graduare e monitorare costantemente l'attuazione della riforma sia in relazione
alla predisposizione di un piano di investimenti, sia in riferimento alla
complessiva attuazione del nuovo quadro costituzionale. Tra l'altro, il ricorso
a provvedimenti delegati è stato ampiamente praticato in Italia in tutte le
fasi di grande cambiamento: nel 1974 con la predisposizione di quattro decreti
delegati, poi per l'autonomia delle istituzioni scolastiche e per la riforma
della pubblica amministrazione nelle ultime legislature.
Circa, infine, la preoccupazione del senatore Brignone sul tempo di attuazione
della delega, osserva che tale tempo rappresenta il periodo massimo entro il
quale il Governo è chiamato a definire l'intero processo. Gli interventi di
legislazione delegata verranno cadenzati in ragione della messa a regime della
riforma, a seconda dei diversi gradi ed indirizzi di studio. Concordo, infine,
con i senatori Tessitore e Passigli sulla necessità di non dilatare i tempi di
approvazione della legge al fine di dare al Paese una riforma organica della
scuola.
In definitiva, riprendere l'iniziativa legislativa era un dovere costituzionale
e il Governo lo ha assolto secondo la propria impostazione e i propri principi,
restando aperto, comunque, a proposte di integrazione e di miglioramento. Ci si
trova di fronte a una grande impresa che merita un sostegno straordinario del
Parlamento. Non si tratta solo di riformare un singolo aspetto del sistema
scolastico, bensì di costruire nuovi strumenti gestionali e amministrativi del
sistema educativo che coinvolgono, per la prima volta, più livelli e più
soggetti istituzionali. Vanno poste insomma le basi giuridiche per una scuola
che non sia più solo dello Stato, ma della Repubblica. Ecco perché il buon
esito di questa impresa non può interessare soltanto il Governo e la sua
maggioranza parlamentare, ma rimanda ad una grande collaborazione istituzionale
con le regioni, le province, le autonomie locali e, prima ancora, con il
Parlamento, e al coinvolgimento dell'intera società civile. Il Ministro
raccoglie in questo senso l'appello del senatore D'Andrea al confronto nel
merito delle questioni e dichiara che, in questa delicata fase di approvazione
del testo di legge in discussione, farà tesoro dei suggerimenti che le
perverranno, come quelli emersi dal dibattito in Commissione, per migliorare la
proposta di legge, per la predisposizione dei successivi provvedimenti delegati
e per una scuola in cui si augura il Paese tutto possa riconoscersi. Auspica
pertanto che i senatori siano d'accordo nel favorire un rapido iter parlamentare
della legge delega.
Il presidente ASCIUTTI propone che il termine per la presentazione degli
emendamenti venga fissato per le ore 18 di mercoledì 29 maggio prossimo.
Conviene la Commissione.
Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 16,10.
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