Intervengono il ministro per l'istruzione, l'università e la ricerca Letizia
Moratti e i sottosegretari di Stato per lo stesso dicastero Valentina Aprea e
Maria Grazia Siliquini.
La seduta inizia alle ore 14,40
IN SEDE REFERENTE (1251) CORTIANA ed altri. - Legge-quadro in materia di riordino dei cicli
dell'istruzione. (1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e di formazione professionale.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)
Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta pomeridiana di giovedì 11
aprile scorso.
Nel dibattito interviene il senatore BERLINGUER, il quale registra anzitutto che
il blocco della riforma avviata con la legge n. 30 del 2000 ha comportato un
brusco arresto di significative innovazioni, fra cui l'introduzione della lingua
straniera nella scuola elementare, il potenziamento dell'educazione fisica,
alcune importanti novità curricolari in campo matematico e scientifico, l'avvio
dell'istruzione e formazione tecnica superiore, la strutturazione dell'ultimo
anno dell'obbligo scolastico, il consolidamento dell'obbligo formativo a 18
anni, il rafforzamento dei centri di educazione per adulti. Non condividendo il
giudizio del Presidente-relatore Asciutti che, nell'esposizione introduttiva (di
cui invece egli apprezza significativamente altri profili), aveva criticato la
legge n. 30 per aver livellato le basi culturali tradizionali, ritiene infatti
che l'azione riformatrice del centro-sinistra aveva avuto, nella scorsa
legislatura, proprio nella scuola uno dei campi di maggiore espressione.
A fronte di tante innovazioni, il blocco voluto dal centro-destra appare dunque
segnato da un improvvido esprit de revanche, che finisce peraltro per
ricadere sulla scuola anziché sui responsabili dell'innovazione e rende
contemporaneamente assai difficile il necessario approccio bipartisan.
Sarebbe stato al contrario assai più ragionevole operare di cesello, attraverso
adeguamenti anche in itinere, evitando comunque l'attuale paralisi.
E' vero, prosegue l'oratore, che il nuovo Titolo V della Costituzione imponeva
una revisione. E' discutibile tuttavia che il disegno di legge del Governo
contenga effettivamente le norme generali richieste dal nuovo ordinamento
costituzionale, oltre ad ogni considerazione critica sull'opportunità di dare
attuazione a norme costituzionali attraverso il ricorso ad una delega
legislativa. Né il disegno di legge governativo pare rispondente all'impegno
annunciato in campagna elettorale di un forte coinvolgimento, sociale a maggior
ragione parlamentare, sui contenuti della riforma. Assai più proficuo sarebbe
stato svolgere un lavoro ricognitivo delle norme generali e dei livelli
essenziali già esistenti (autonomia scolastica, innalzamento dell'obbligo,
legge n. 30 e parità scolastica), onde poter successivamente procedere ad una
migliore definizione degli ambiti oggetto di legislazione esclusiva, di quelli
oggetto di legislazione concorrente e conseguentemente individuare la sfera di
potestà regolamentare, sia statale che regionale. In tal senso, certo non
appare sufficiente l'articolo 6 del disegno di legge n. 1306.
Quanto poi ai contenuti, egli lamenta che la centralità della continuità
curricolare alla base della legge n. 30 (che pure avrebbe potuto essere più
coraggiosa sotto questo profilo), risulti ora del tutto vanificata nel progetto
del Governo. Con riferimento invece alla scuola secondaria, sollecita una
tempestiva discussione sulle discipline e sui curricoli.
Egli si sofferma poi criticamente su alcuni aspetti specifici della riforma,
quali l'anticipo dell'età scolare a cinque anni e mezzo (che giudica un
compromesso fra opposte corporazioni e con riferimento al quale invita ad un
confronto ragionevole senza cedimenti sul piano dell'innovazione), i piani di
studio, l'attribuzione alle regioni di competenza curricolare (in merito alla
quale evidenzia i rischi di incostituzionalità nel caso in cui non sia
definitivamente approvato il disegno di legge Bossi sulla devolution).
Lamenta altresì la confusione, operata nel disegno di legge governativo, fra
obbligo formativo e obbligo scolastico, deplorando che quest'ultimo scompaia in
favore del diritto all'istruzione. A fronte di un processo comune a tutta
l'Europa, di estensione della scolarizzazione di base, appare infatti un vulnus
sociale ed etico, prima ancora che culturale, attenuare la pregnanza
dell'obbligo scolastico.
Né appaiono opportune le modifiche riferite al sistema di valutazione, atteso
che le innovazioni introdotte dal centro-sinistra in questo campo avevano
riportato l'Italia fra i paesi evoluti dopo una lunghissima assenza.
Dichiarando di non voler entrare nel dettaglio delle questioni legate ai
docenti, egli si sofferma infine sugli aspetti finanziari del provvedimento,
criticando la scelta di rinviare ad un decreto successivo il piano degli
interventi finanziari. Ritiene infatti che la copertura del provvedimento debba
essere assicurata contestualmente ad esso, pena l'incorrere nella violazione
dell'articolo 81 della Costituzione.
Conclude osservando come l'impresa legislativa cui il Governo chiama il
Parlamento sia profondamente rischiosa, tanto più in una prospettiva assai
incerta dal punto di vista finanziario, e sostanzialmente determinata da un esprit
de revanche i cui effetti, una volta esaurito il furore iconoclasta, saranno
pagati dalla scuola italiana.
Il senatore VALDITARA prende atto che il Parlamento sia oggi chiamato a
scegliere fra il mantenimento in vigore della legge n. 30, varata dall'ex
maggioranza di centro-sinistra, e l'approvazione della riforma proposta dal
nuovo Governo. Premesso che contrasterebbe con i principi democratici più
elementari negare il diritto alla nuova maggioranza di centro-destra di
riformare la scuola appena riformata, atteso che ciò era nel programma
elettorale su cui ha raccolto il consenso popolare, egli si interroga quindi sui
nodi cruciali dell'ordinamento scolastico attuale, nel quale rinviene punti di
forza (la scuola elementare, che è considerata fra le migliori d'Europa, e i
licei, in particolare classico e scientifico) e punti di debolezza (la scuola
media, la mancanza di un adeguato canale di istruzione e formazione
professionale, lo scarso rapporto fra scuola e mondo del lavoro, l'inidoneità
dei curricoli tecnico-professionali).
A tali problematiche, non dava tuttavia sufficiente risposta la riforma
Berlinguer. Essa sopprimeva infatti le scuole medie, che rappresentano invece un
passaggio indispensabile per la maturazione degli alunni, con conseguente
elementarizzazione del percorso corrispondente e grave abbassamento delle basi
culturali dei giovani. Inoltre, essa sconvolgeva ed annullava nella sua identità
la scuola elementare. Lo stesso liceo risultava indebolito con il biennio comune
e dunque caratterizzato da una preparazione livellata verso il basso: troppe
erano infatti le possibilità di passaggio da un modulo all'altro, secondo
esigenze legate più all'orientamento che all'approfondimento. Ancora, essa non
prevedeva alcuna qualificazione per coloro che avessero deciso di non continuare
gli studi, la formazione era vista come un percorso di serie B e la formazione
in azienda era limitata a brevi stage. Oltre a non approfondire i
collegamenti con l'università, la riforma Berlinguer incideva poi pesantemente
sugli organici, con una perdita di 70-80.000 posti di lavoro. Infine,
l'"onda anomala" avrebbe comportato l'esigenza di massicci
investimenti sull'edilizia scolastica, che la riforma non prevedeva affatto,
pretendendo al contrario di essere a costo zero.
A tale riforma il centro-destra contrappone ora il progetto presentato dal
ministro Moratti che, sia pure configurato quale delega, appare assai più
dettagliato ed articolato di quanto non fosse la riforma Berlinguer. Il ricorso
alla delega operato dal disegno di legge n. 1306 ha del resto una sola funzione:
graduare l'applicazione della riforma nel tempo, considerato che essa ha costi
finanziari rilevanti, quantificati e previsti. Peraltro egli preannuncia fin
d'ora la presentazione di un ordine del giorno che impegni il Governo a
stanziare, nei prossimi cinque anni, risorse pari a 8-9,5 miliardi di euro per
la scuola italiana.
Egli si sofferma quindi sui punti qualificanti della riforma.
Innanzitutto, sottolinea la distinzione fra elementari e medie, fortemente
voluta da Alleanza Nazionale, che consente di salvaguardare la tradizione delle
elementari sia pure articolate in una forma atta a rafforzare la preparazione
del bambino. Anche la valutazione prevista al termine della quinta elementare
avrà caratteristiche analoghe all'attuale esame.
Per la prima volta, si individua poi una funzione rivolta al futuro per la
scuola media, che diventa una piattaforma forte verso la scuola secondaria di
secondo livello. Nel rivendicare ad Alleanza Nazionale questa innovazione
rispetto all'impostazione originaria della Commissione Bertagna, egli dichiara
poi che, sotto il profilo dei programmi, la sua parte politica si attende in
particolare il potenziamento dei contenuti logico-linguistici.
Quanto al doppio canale, egli registra che si tratta del modello che ha dato
migliori risultati all'estero ed era contenuto nel programma elettorale del
centro-destra. Non si tratta in alcun modo di un canale di serie B, bensì di un
pilastro del sistema della produzione, con riferimento al quale Alleanza
Nazionale giudica fondamentale salvaguardare lo studio di materie culturalmente
qualificanti come italiano, matematica e storia. Egli sottolinea poi che il
disegno di legge non prevede un'istruzione professionale necessariamente
quadriennale: in tal caso, Alleanza Nazionale non avrebbe infatti dato il suo
assenso al provvedimento. Al contrario, l'articolato sancisce un diritto alla
formazione per almeno dodici anni e la possibilità di accesso all'università
per coloro che provengano da corsi di istruzione professionale
"almeno" quadriennali. Si tratta del resto di un'intuizione di cui lo
stesso ex ministro Berlinguer ha riconosciuto la bontà e che era presente anche
nel manifesto elettorale dell'Ulivo, ancorchè poi non compiutamente realizzato.
Nel sottolinearne poi la rispondenza a logiche culturali conformi alla visione
cristiana, tesa a valorizzare la persona in relazione ai suoi talenti, egli nega
che possa avere effetti discriminatori, stanti le molteplici possibilità di
passaggio dal sistema della formazione a quello dell'istruzione.
Con particolare riferimento all'alternanza scuola-lavoro, che Alleanza Nazionale
giudica essenziale, osserva che essa dovrà essere applicata prevalentemente nei
licei tecnologici, economici e professionali. Anche in questo caso, si tratta di
un'innovazione già presente nel programma dell'Ulivo, nonostante ora sia
oggetto di serrata critica da parte della CGIL e della Sinistra in generale,
specificatamente per la previsione di incentivi alle imprese. E' evidente
peraltro che dovranno essere realizzati accordi tra direzioni generali
scolastiche e associazioni imprenditoriali e dovranno essere previste sanzioni
per evitare usi distorti di tale strumento.
Egli rivendica poi ad Alleanza Nazionale la scelta di mantenere quinquennale la
durata dei licei, con un quinto anno destinato a completare il percorso
disciplinare nonché ad approfondire le conoscenze richieste per l'accesso
all'università.
Giudica altresì positivamente le valutazioni biennali, che rappresentano un
passo avanti rispetto al sistema dei debiti infiniti e possono incentivare la
responsabilizzazione degli studenti. Preannuncia peraltro un ordine del giorno
di Alleanza Nazionale che impegni il Governo a valutare, in sede di verifica
triennale della riforma, gli effetti concreti di questa innovazione.
Soffermandosi indi sull'anticipo scolastico, il senatore Valditara osserva che
esso si configura come una possibilità lasciata alla discrezione delle famiglie
e finalizzata a garantire ai bimbi precoci di non perdere un anno. Alleanza
Nazionale, pur non avendola proposta, ha dato e mantiene pertanto il suo assenso
a questa innovazione che, come dimostrato del presidente relatore Asciutti nella
sua esposizione introduttiva, è comune del resto a molti paesi europei. Né va
dimenticato che fu proprio il centro-sinistra a proporre inizialmente un
anticipo dell'età scolare. Esso dimostra d'altro canto che la riforma Moratti
non regala nulla alle scuole private, togliendo anzi a queste ultime il
monopolio delle "primine".
La riforma del Governo risolve poi, una volta per tutte, il problema decisivo
del reclutamento degli insegnanti, che potrà essere maggiormente selettivo,
garantirà una formazione più approfondita e consentirà, grazie al numero
programmato, di adeguare la domanda con l'offerta. Per quanto riguarda il
percorso universitario dei docenti, Alleanza Nazionale ritiene che esso non
possa prescindere da una riforma del 3+2 ed auspica conseguentemente un diverso
modulo (4+2). La sua parte politica considera altresì indispensabile che le
scuole di specializzazione non si caratterizzino per la prevalenza di contenuti
pedagogici ma costituiscano prioritariamente una sede di approfondimento
disciplinare. Ritiene altresì doveroso, prima che il nuovo sistema vada a
regime, procedere ad un'equa sistemazione degli attuali docenti precari.
Egli sottolinea infine con favore la reintroduzione del voto di condotta,
giudicando fondamentale l'etica dei doveri per la costruzione di una società
equilibrata ed una cittadinanza matura e responsabile.
Avviandosi alla conclusione, il senatore Valditara valuta il progetto
governativo pienamente compatibile con il nuovo articolo 117 della Costituzione.
Dichiara tuttavia che per Alleanza Nazionale i curricoli e i programmi sono
importanti quanto il federalismo per la Lega e registra che nel Paese sta
crescendo la richiesta di una rinnovata attenzione per tutta la storia culturale
italiana e la nostra identità nazionale.
Poste a confronto, le riforme Berlinguer e Moratti sono dunque entrambe
legittime ma profondamente diverse l'una dall'altra: la prima, come del resto la
riforma universitaria del 3+2, consegue ad un impianto ideologico egualitalista
e massificatore, volto ad appiattire i livelli di preparazione dei giovani verso
il basso; la seconda è volta invece a valorizzare la persona, i suoi talenti,
le sue potenzialità. Preannuncia conseguentemente un sostegno convinto e leale
al progetto del Governo.
Il senatore MONTICONE, premesso di intervenire scevro da qualunque
condizionamento legato a schieramenti politici, osserva anzitutto che il
progetto del Governo non offre ragioni convincenti per una delega così ampia,
prevalentemente rivolta ad aspetti organizzativi. Nel sottolineare lo stretto
collegamento fra mutamenti profondi della società civile e riforme scolastiche,
evidenziato del resto anche dal presidente relatore Asciutti nella sua
esposizione introduttiva, deplora che il disegno di legge n. 1306 non si ponga
un orizzonte nuovo, né si cali in un'idea attuale dell'Italia, nel contesto
europeo e mondiale.
La Commissione Bertagna aveva svolto un lavoro apprezzabile sul piano tecnico,
offrendo alcune indicazioni prospettiche interessanti. La traduzione politica di
tali spunti nel disegno di legge n. 1306 non è tuttavia all'altezza dei
fondamenti culturali richiesti, trascurando totalmente di calarsi nella storia
del proprio tempo e di svolgere il suo ruolo di raccordo con la società.
Al contrario, sarebbe stato necessario uno stretto legame con i più
significativi mutamenti dell'ultimo ventennio: rivoluzione tecnologica e
comunicativa, orizzonte mondialistico dei diritti umani e globalizzazione.
La riforma del ministro Moratti sembra così approntata dagli adulti per i
ragazzi rispettando la loro originalità, ma sostanzialmente incapace di
storicizzare la formazione della persona in termini di cittadinanza, secondo i
valori della Costituzione italiana e i fondamenti di quella europea.
Quanto ai contenuti, è senz'altro per il tramite degli insegnanti che essi
saranno veicolati e in tal senso è indubbiamente opportuno l'impegno per la
loro formazione. E' tuttavia altrettanto fondamentale l'acquisizione sui testi
ed in tal senso il progetto del Governo appare particolarmente carente.
Egli si sofferma indi sui rapporti tra contenuti offerti e soggettività
dell'alunno, interrogandosi su quale parte abbia la sperimentazione nel progetto
governativo. Non ritiene infatti che l'alternanza scuola-lavoro sia sufficiente,
atteso che la soggettività dell'alunno deve essere correlata – a suo giudizio
– con la sperimentazione in tutto il percorso formativo. Invita poi a
riscoprire il senso della comunità scolastica, nel contesto dell'autonomia,
dando fin d'ora un indirizzo chiaro non delegabile a decreti successivi.
In assenza dei chiarimenti di fondo suesposti, egli individua infine due punti
di maggiore criticità nel progetto avanzato dal ministro Moratti: anzitutto,
l'anticipazione della scelta fra i due canali formativi a 14 anni (neanche
sempre compiuti); in secondo luogo, l'anticipo dell'età scolare, sia pure in
termini di mera possibilità. Con riferimento al primo aspetto, non ritiene
sufficienti le possibilità di passaggio fra i due percorsi, atteso che la
precoce canalizzazione non rispetta la soggettività dei ragazzi e rischia di
non corrispondere alla loro originalità. Con riferimento al secondo, ritiene
che disparità di crescita possano essere consentite solo in casi eccezionali e
non di norma.
Conclusivamente, pur dichiarandosi non pregiudizialmente contrario alla riforma
proposta dal Governo, esprime un giudizio severamente critico sul suo impianto
culturale e politico.
Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.