Manuale del docente virtuale

 

a cura del prof. Pietro De Paolis

Un testo fondamentale per la formazione del docente virtuale.

Il docente tradizionale è una persona reale che ha svolto un lavoro egregio nelle scuole statali italiane fino agli anni 1960. La riforma Gentile aveva messo delle basi durevoli di cultura, nonostante le carenze tecniche e scientifiche, in quanto dava la precedenza alle materie umanistiche, rispetto alle materie scientifiche e tecniche. Con l'avvento della scuola media obbligatoria, istituita con la legge 31 dicembre 1962, n. 1859, si verificò una mancanza di docenti laureati in grado di istruire i ragazzi; si fece, quindi, ricorso a professori improvvisati, cioè persone senza laurea, senza diploma di maturità e, strano a dirsi, anche privi del diploma di licenza media. Tale situazione, cioè di docenti privi del diploma di licenza di scuola media, si protrae ancora oggi, anno 2015, nonostante che la riforma Moratti, ( LEGGE 28 marzo 2003, n.53 Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione (Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 77 del 2-4-2003 - in vigore dal: 17-4-2003 ) )  abbia previsto la laurea magistrale, cioè di 5 anni, per tutti gli ordini di scuola. Ancora oggi molti docenti della scuola superiore sono privi del diploma di maturità, cioè non hanno ancora fatto l'esame di Stato della Scuola Superiore, e, strano a dirsi, hanno la precedenza di nomina come Presidenti delle Commissioni per gli esami di Stato, avendo più anni di servizio, nei confronti dei docenti laureati di pari età anagrafica.

Anche la "buona scuola" del 2015 ha assunto numerosi docenti non laureati e non ha risolto il tranello insito nelle leggi vigenti che tutela i docenti non laureati, che poi sono quelli iscritti ai vari sindacati della scuola e che operano nella scuola sabotando il processo educativo, che buona parte dei docenti statali tende invano di realizzare. Uno dei tanti tranelli delle leggi è quello di non aver istituito il corso di laurea o di non aver assegnato quale sia il corso di laurea che abilita all'insegnamento nei laboratori degli istituti tecnici. Sembra nulla, ma così non è; infatti la prima classe di insegnamento nei laboratori la C001 è proprio quella detta dell'Ufficio Tecnico scolastico, cioè quell'ufficio che sceglie i fornitori della scuola, assegna le gare scolastiche, dovrebbe controllare che quei circa due milioni di euro l'anno che ogni singolo istituto spende per i vari progetti venga destinato alla istruzione e non agli interessi personali dei vari sindacalisti e dirigenti scolastici.

Nel contempo la pubblicità di stato (Mediaset, Rai, La7, e giornalisti della carta stampata al seguito) continua a distogliere l'attenzione da questi bubboni scolastici e la concentra sul fatto che manca la carta igienica, mancano i colori, mancano le pile dette batterie, manca l'inchiostro, ecc. ecc.

I danni economici gravissimi creati da simili obbrobri burocratici della scuola statale sono sotto gli occhi di tutti. Senza una scuola al passo con i tempi il sistema economico italiano si è incancrenito e autodistrutto; licenziare quel  milione circa di docenti che distrugge ogni giorno il sistema Italia è una impresa titanica, cioè impossibile da attuarsi. Tuttavia, noi osiamo porre le basi di una scuola virtuale nuova; cioè una scuola dove pochi docenti reali, appena un centinaio, gestiscono l'intera scuola italiana, in modo virtuale, cioè avvalendosi della scuola a distanza o e-learning o scuola telematica. 

Cercheremo, fino al limite dei nostri giorni, di non contribuire ai nuovi danni digitali che stanno invadendo la rete di internet; mi riferisco ai danni pubblicitari che causa il noto motore di ricerca. Ormai vanno di moda i siti scolastici gratuiti, che si mantengono in vita grazie alla pubblicità inserita nelle pagine che dovrebbero parlare di scuola. Fino ad ora i libri scolastici erano puliti da questo punto di vista; cioè non erano mai stati dati gratuitamente in cambio della pubblicità. Noi teniamo fede ai questi ideali, cioè non mettiamo la pubblicità nel nostro sito; il motivo lo dichiariamo da sempre, cioè la pubblicità non crea nuove imprese e non favorisce il commercio o il progresso, ma è una poderosa tangente che le imprese oneste devono pagare per poter rimanere sul mercato.

Certo piace a tutti la pubblicità; ormai quasi il 100% della televisione è diventato pubblicità. Anche su internet un tempo i quotidiani erano gratuiti; ora, invece, occorre districarsi tra i vari banner pubblicitari nella ricerca affannosa di quella notizia falsa, fornita dalla pubblicità ingannevole di stato, cadendo dalla padella nella brace.

Dicevamo la pubblicità crea povertà e disoccupazione; parliamo ora sugli effetti della povertà, che ora nel 2015, interessa circa il 20% della popolazione, costretta a comprare nei supermercati la pasta, lo zucchero, il latte, il pane, cioè gli alimenti di base, che costano circa il 20% in più proprio a causa del fatto che le ditte produttrici devono rivalersi sull'utente finale aumentando del 20% i prezzi dei generi di prima necessità.

Quando vediamo la pubblicità in televisione stiamo dando il nostro contributo personale a fare morire di fame il nostro povero vicino di casa, costretto a pagare anche lui la tangente del 20% alle classi sociali più agiate e a morire 10 anni prima a causa delle varie malattie che causa una dieta non equilibrata.

Dicevamo che la pubblicità non crea progresso, cioè non è l'anima del commercio, ma è l'anima del diavolo che si serve di essa per far chiudere le imprese oneste. Dai dati elaborati dalle varie camere di commercio risulta che circa il 70% delle imprese nate in un anno chiude la propria attività entro i cinque anni dalla sua apertura o nascita.

Ovviamente una impresa che nasce in Italia non ha i mezzi economici delle grandi imprese che hanno tutte la sede fiscale nei paesi stranieri ed hanno quasi tutte, anche quelle locali, una squadra di calcio di cui accollarsi i debiti in modo da poter essere esenti dalle tasse. Ovviamente tutto legale!

Molte maestre statali sono juventine: davvero belle queste maestre che danno una mano ai grandi evasori.

Queste nuove imprese sono costrette a chiudere, sia perché il 70% dei loro profitti se ne vanno in tasse e balzelli statali, comunali, provinciali, regionali, ecc. e sia perché, ovviamente, subiscono la concorrenza sleale di quelle imprese che si possono permettere di pagare il 20% del proprio fatturato in pubblicità per poter restare sul mercato.

Ci auguriamo che questo manuale sia utile a quanti vogliano intraprendere questa nuova professione, cioè quella di docente virtuale, in modo serio.

 2015

Prof. Pietro De Paolis

 

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