Relazione al disegno di legge:
Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull' istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
SENATO DELLA REPUBBLICA
N. 1306
presentato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
(MORATTI)
di concerto col Ministro per gli affari regionali
(LA LOGGIA)
col Ministro dell’economia e delle finanze
(TREMONTI)
col Ministro per la funzione pubblica
(FRATTINI)
col Ministro per l’innovazione e le tecnologie
(STANCA)
col Ministro del lavoro e delle politiche sociali
(MARONI)
e col Ministro delle attività produttive
(MARZANO)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 APRILE 2002
———–
Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
———–
Il Governo è
ovviamente consapevole della necessità di riformare il nostro sistema educativo
ed anzi, proprio a questo fine si è impegnato nel programma sul quale ha
ottenuto il consenso degli elettori.
L’esigenza di una riconsiderazione complessiva del
sistema educativo si è posta, inoltre, in termini nuovi a seguito
dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
che ha ridefinito, attraverso la modifica del titolo V della Costituzione,
l’assetto delle competenze dello Stato e delle regioni. In base alla nuova
normativa costituzionale, allo Stato è ora attribuita potestà legislativa
esclusiva in materia di «norme generali sull’istruzione» e di «determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Alle regioni è
attribuita potestà legislativa esclusiva nella materia dell’istruzione e
della formazione professionale.
In questo nuovo scenario l’istruzione professionale,
che attualmente è impartita in istituti statali, e che interessa più del 25
per cento dell’attuale popolazione scolastica delle scuole secondarie
superiori, dovrà essere trasferita integralmente alle regioni. Affinchè questo
avvenga conservando i livelli dei diritti attualmente garantiti agli alunni
degli istituti professionali di Stato, occorre che la legge statale si faccia
carico di prevedere la determinazione dei criteri essenziali idonei alla
fruizione di quei diritti, in modo che venga assicurato ai predetti alunni, e a
quelli dei futuri istituti regionali, il passaggio da un istituto all’altro in
tutto il territorio nazionale, e l’accesso all’esame di Stato a compimento
del corso di studi secondario, esame di Stato il cui superamento è titolo
necessario (ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione) per poter accedere
alle Università. Questa esigenza – che rappresenta una pre-condizione per il
passaggio delle competenze in materia di istruzione professionale alle regioni
– impone di disegnare unitariamente i lineamenti essenziali del sistema
educativo, sia di istruzione che di formazione, definendo le condizioni affinchè
in ognuno dei due sistemi si realizzi il diritto-dovere all’apprendimento e
siano assicurati, da un lato, omogeneità su tutto il territorio nazionale dei
livelli di apprendimento e, dall’altro, la possibilità di passaggi, in ogni
momento, dall’uno all’altro sistema.
Il diritto all’istruzione e alla formazione è
riconosciuto, come diritto sociale, a tutti i cittadini. Spetta quindi allo
Stato la potestà legislativa esclusiva per la definizione del contenuto
essenziale di tale diritto, cui corrisponde il correlativo dovere, da parte di
tutte le articolazioni istituzionali della Repubblica, ciascuna secondo le
proprie competenze, di apprestare e assicurare un servizio adeguato a rendere
effettivo tale diritto. In particolare lo Stato deve disegnare le linee
essenziali del sistema, che va comunque sviluppato e realizzato nel rispetto del
principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche secondo quanto previsto
dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, così come modificato
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; deve definire il sistema
di valutazione nazionale, prevedendo parametri di valutazione validi su tutto il
territorio nazionale; deve garantire la libertà di insegnamento; deve tutelare
le fasce di soggetti più deboli.
Le regioni, cui spetta la legislazione concorrente in
materia di «istruzione» e quella esclusiva in materia di «istruzione e
formazione professionale», devono provvedere alla organizzazione del servizio
sul territorio regionale.
Tutta la disciplina relativa al sistema educativo deve
essere pertanto riconsiderata alla luce di questi nuovi princìpi e criteri. In
particolare, va poi tenuto conto, da un lato, del necessario raccordo che deve
essere assicurato con i princìpi sanciti, in materia di istruzione,
dall’articolo 33 della Costituzione e, dall’altro, dell’avvenuta
acquisizione, a livello costituzionale, con la citata legge costituzionale n. 3
del 2001, dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, per cui queste
potranno continuare a sviluppare tutte le loro potenzialità e capacità nel
progettare e realizzare i piani di studio, con il presidio di un principio al
quale si deve uniformare ormai tutta la legislazione.
Tale premessa di carattere ordinamentale generale è
alla base della redazione del presente progetto di riforma. La legge statale di
riforma, infatti, detta le norme generali sull’istruzione e richiama la
necessità di assicurare livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione, rispettando competenze e poteri assegnati alle regioni
da un lato, e i princìpi propri dell’autonomia delle istituzioni scolastiche,
dall’altro.
Come è noto, infine, lo Stato può emanare norme
regolamentari nelle materie oggetto di sua legislazione esclusiva. Tali norme
regolamentari sono necessarie nella materia dell’istruzione per garantire su
tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali al fine di realizzare una organicità complessiva di
tutta la disciplina. Tutto ciò – si ribadisce – fermo restando che la
legislazione relativa all’organizzazione scolastica competerà alle regioni,
nel rispetto ovviamente dei princìpi di autonomia delle istituzioni
scolastiche.
Ciò posto, i princìpi innovatori contenuti nel
presente disegno di legge di delega si articolano nel modo seguente:
1. L’istruzione scolastica e l’istruzione e formazione professionale, nelle loro varie articolazioni, vengono ricomposte nel «sistema educativo di istruzione e di formazione» e concorrono a perseguire i medesimi obiettivi di crescita e valorizzazione della persona umana. Tale unitarietà di sistema assicura il valore nazionale dei titoli, nonchè la spendibilità dei medesimi a livello nazionale ed europeo. L’obbligo di istruzione viene riformulato nei termini di diritto-dovere: nessun ragazzo può uscire dal sistema senza una qualifica utile per l’inserimento nel mondo del lavoro ovvero prima del compimento del diciottesimo anno di età.
2. Il percorso
viene articolato in due cicli: un primo ciclo, costituito dalla scuola primaria
e dalla scuola secondaria di primo grado e un secondo ciclo, costituito dal
sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della formazione
professionale. Nell’ambito del «secondo ciclo di istruzione e formazione» è
valorizzato il sistema di istruzione e formazione professionale, che diventa la
«seconda gamba» del sistema educativo nazionale. Il sistema educativo di
istruzione e di formazione è così strutturato secondo un modello binario, con
percorsi paralleli di pari dignità aventi ciascuno una propria identità e
finalità, e che però offrono, in tutto il loro rispettivo itinerario, la
possibilità di passare dall’uno all’altro secondo opportuni meccanismi, in
modo che i giovani possano costantemente rivedere e modulare le loro scelte
culturali e formative, in funzione degli interessi e degli obiettivi che
intendano perseguire. E tali possibilità sono esercitabili sulla base dei
criteri di flessibilità che presiederanno alla strutturazione dei piani di
studio. Nella definizione del sistema dell’istruzione e della formazione
professionale si è avuto comunque cura di rispettare i distinti ruoli
istituzionali dello Stato e delle regioni, alle quali è riconfermata la
legislazione esclusiva sulla materia. Le due «gambe» del sistema vengono poste
sullo stesso piano nella durata complessiva (seppur con diversa articolazione
dei percorsi) e nell’esito (corso annuale preparatorio all’esame di Stato
per coloro che hanno una qualifica professionale conseguita all’esito di un
corso almeno quadriennale).
3. Viene introdotta l’«alternanza scuola-lavoro»,
finalizzata ad utilizzare a fini educativi il grande potenziale formativo
presente nel mondo delle imprese pubbliche e private.
4. Viene garantita la possibilità di passaggio sia tra
le due grandi articolazioni del secondo ciclo attraverso appositi corsi – e
ogni segmento dà luogo a crediti formativi certificati –, sia all’interno
del sistema dei licei.
5. Viene introdotta una struttura sistemica di
valutazione nazionale, che interviene periodicamente sia lungo i percorsi di
istruzione e di formazione sia al momento degli esami di Stato.
Il disegno di legge, proposto come delega legislativa, puntuale nelle finalità e negli obiettivi, si compone, nella numerazione attribuita a seguito del parere della Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di sette articoli.
L’articolo 1
stabilisce gli obiettivi generali cui si ispira la riforma e delega il Governo
ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della
legge, uno o più decreti legislativi, per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione professionale. I decreti legislativi sono emanati su
proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la
funzione pubblica e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo n. 281 del
1997, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Per la
realizzazione delle finalità della delega l’articolo prevede inoltre la
predisposizione di un piano programmatico di interventi finanziari, da approvare
da parte del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui al
decreto legislativo n. 281 del 1997. Tale piano è adottato a sostegno di
una serie di interventi specificati nel medesimo articolo, interventi che si
rendono necessari ed indispensabili proprio ai fini del buon esito complessivo
della riforma. È prevista, inoltre, la possibilità di successivi interventi di
correzione ed integrazione delle norme delegate, in considerazione della
complessità dell’oggetto della delega stessa.
L’articolo 2 fissa i princìpi e criteri direttivi,
cui si devono ispirare i decreti legislativi:
a) promuovere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e assicurare a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e sviluppare capacità e competenze coerenti con le attitudini e le scelte individuali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea. Al riguardo va precisato che l’affermazione del predetto princìpio non comporta alcuna conseguenza in ordine agli accordi intervenuti in sede di Conferenza unificata in materia di educazione degli adulti;
b)
favorire la formazione spirituale e morale e lo sviluppo della coscienza storica
e di appartenenza alla comunità locale e nazionale ed alla civiltà europea;
c) assicurare a tutti il
diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni, ovvero fino
al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età, sulla base
di livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale e garantendo
l’integrazione delle persone con handicap; la fruizione dell’offerta
di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato;
d) articolare, come già
detto, il sistema di istruzione e formazione nella scuola dell’infanzia, in un
primo ciclo (che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo
grado) e in un secondo ciclo (che comprende il sistema dei licei e quello
dell’istruzione e della formazione professionale);
e) prevedere che la
scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorra all’educazione e allo
sviluppo dei bambini e delle bambine, promuovendone le potenzialità e la
formazione integrale, attraverso una continuità educativa con il complesso dei
servizi all’infanzia e la scuola primaria e la generalizzazione dell’offerta
formativa; alla scuola dell’infanzia possono essere iscritti i bambini e le
bambine che compiono i tre anni di età entro il 30 aprile dell’anno
scolastico di riferimento;
f) prevedere che,
nell’ambito del primo ciclo, la scuola primaria, con una durata di cinque
anni, e la scuola secondaria di primo grado, con una durata di tre anni,
mantengano la loro rispettiva specificità; la scuola primaria si articola in un
primo anno, la cui funzione è quella di far raggiungere agli alunni le
strumentalità di base, ed in due successivi periodi didattici biennali; la
scuola secondaria di primo grado si articola in un biennio ed in un terzo anno
che completa prioritariamente il percorso disciplinare ed assicura
l’orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo; alla scuola primaria sono
iscritti gli alunni e le alunne che compiono i sei anni di età entro il 31
agosto, ma possono iscriversi gradualmente anche quelli che li compiono entro il
30 aprile dell’anno scolastico di riferimento;
g) prevedere che il
secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale
dei giovani, sia costituito dal sistema dei licei e dal sistema
dell’istruzione e della formazione professionale; al compimento del
quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in
alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato. Il sistema dei licei,
formato dai licei artistico, classico, economico, linguistico, musicale,
scientifico, tecnologico e delle scienze umane, ha la durata di cinque anni e
l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali ed un quinto anno
che completa prioritariamente il percorso disciplinare, con l’approfondimento
e la verifica delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il corso di
studi. I licei si concludono con un esame di Stato, il cui superamento è titolo
necessario per l’accesso all’università, all’alta formazione artistica,
musicale e coreutica e all’istruzione e formazione tecnica superiore;
h) prevedere che, ferma
restando la competenza regionale in materia, i percorsi dell’istruzione e
della formazione professionale realizzino profili cui conseguono titoli e
qualifiche di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se
rispondenti ai livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c),
secondo modalità definite con appositi regolamenti. I titoli e le qualifiche
costituiscono condizione di accesso all’istruzione e formazione tecnica
superiore e, se di durata almeno quadriennale, consentono di frequentare un anno
di preparazione all’esame di Stato, realizzato d’intesa con le università;
i) prevedere la
possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei e di
passare dal sistema dei licei a quello dell’istruzione e formazione
professionale e viceversa, con la possibilità inoltre di acquisizione di
crediti certificati in relazione alla frequenza positiva di qualsiasi segmento
del secondo ciclo, che potranno essere fatti valere ai fini dei passaggi e della
ripresa degli studi; nell’ultimo anno di corso sono stabilite specifiche
modalità per l’approfondimento e la verifica delle conoscenze ed abilità
richieste per l’accesso ai corsi universitari, dell’alta formazione ed ai
percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore;
l) prevedere che i piani
di studio contengano un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale e che
deve riflettere l’identità nazionale, ed una quota riservata alle regioni,
per gli aspetti di loro specifico interesse, collegati anche con le realtà
locali. I decreti delegati dovranno ovviamente tenere conto delle norme vigenti
sulla autonomia delle istituzioni scolastiche, che riservano ad esse una quota
dei piani di studio.
L’articolo 3 prevede
che i decreti legislativi dettino le norme generali sulla valutazione del
sistema educativo di istruzione e formazione e degli apprendimenti degli
allievi, sulla base dei seguenti princìpi:
a) le valutazioni
periodiche e annuali degli allievi e le certificazioni delle competenze da essi
acquisite sono affidate al corpo docente. Per quanto concerne in particolare la
scuola elementare, resta comunque in vigore la norma dell’articolo 145 del
testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione,
relative alle scuole di ogni ordine e grado di cui al decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297, che aveva recepito l’analoga norma della legge 4
agosto 1977, n. 517, secondo cui la mancata ammissione dell’alunno alla
classe successiva può avvenire soltanto in casi eccezionali su conforme parere
del consiglio di interclasse e sulla base di una motivata relazione. A tali
valutazioni si aggiunge quella riferita ai periodi didattici, così come
indicati nell’articolo 2, e che è finalizzata al passaggio o meno al periodo
didattico successivo. È evidente che, in caso di esito negativo di tale
valutazione, l’alunno ripeterà non già l’intero periodo biennale, ma
soltanto il secondo anno dello stesso periodo. Per garantire efficacia educativa
a tale articolazione didattica, occorrerà vincolare contrattualmente i docenti
alla permanenza nella stessa sede per l’intero biennio, quale parametro della
continuità didattica. Si introduce inoltre nuovamente la valutazione anche del
comportamento degli alunni. L’esigenza di una valutazione complessiva anche
sotto il profilo del comportamento nell’ambiente scolastico ha registrato
infatti un orientamento largamente favorevole tra i docenti, le famiglie, e gli
alunni stessi. E’ inoltre affidato all’Istituto nazionale per la valutazione
del sistema di istruzione il compito di effettuare la valutazione del sistema,
coma avviene già nei paesi maggiormente avanzati, attraverso verifiche
periodiche e sistematiche sulle conoscenze ed abilità degli allievi e sulla
qualità complessiva del sistema scolastico e formativo;
b) l’esame di Stato conclusivo di entrambi i cicli d’istruzione si svolge su prove organizzate dalle commissioni esaminatrici e su prove predisposte e gestite dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, sulla base di obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline dell’ultimo anno di corso.
L’articolo 4 ha per
oggetto l’alternanza scuola-lavoro per gli studenti che hanno compiuto il
quindicesimo anno età, le cui modalità e contenuti sono regolamentati con un
apposito decreto legislativo, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali e con il Ministro delle attività produttive, entro il
termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, e con
le modalità previste dall’articolo 1, sentite le associazioni dei datori di
lavoro maggiormente rappresentative, nel rispetto dei seguenti princípi:
a) la formazione dai
quindici ai diciotto anni è svolta attraverso l’alternanza di periodi di
studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o
formativa, sulla base di intese con le imprese o le rispettive associazioni di
rappresentanza o con enti pubblici e privati, disponibili ad accogliere gli
studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di
lavoro;
b)
devono essere fornite le indicazioni necessarie per il reperimento delle risorse
finanziarie occorrenti allo scopo;
c) devono essere indicate
le modalità di certificazione degli esiti positivi del tirocinio e di
valutazione dei crediti formativi conseguiti dallo studente.
L’articolo 5 prevede
che i decreti legislativi dettino la disciplina della formazione degli
insegnanti, sulla base dei seguenti princìpi:
a) la formazione iniziale
è di pari dignità e durata per tutti i docenti e si svolge presso le università,
in corsi di laurea specialistica; la programmazione d’ingresso di corsi di
laurea specialistica è determinata dagli atenei sulla base dei posti
effettivamente disponibili in ciascuna regione nei ruoli organici delle
istituzioni scolastiche;
b)
devono essere individuate, con appositi decreti adottati ai sensi
dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le classi
dei corsi di laurea specialistica; i decreti inoltre disciplinano le attività
didattiche riguardanti l’integrazione degli alunni con handicap e
possono prevedere che la formazione si svolga anche con stage all’estero;
c) l’accesso al corso
di laurea specialistica è subordinato al possesso di requisiti minimi
curriculari e di una adeguata preparazione individuale;
d) l’esame finale di
laurea ha valore di esame di Stato ed abilita ad uno o più insegnamenti;
e) deve essere svolto dai
docenti laureati che aspirano all’immissione in ruolo un periodo di tirocinio,
con appositi contratti di formazione-lavoro. A tale fine le università devono
definire l’istituzione ed il funzionamento di apposite strutture di formazione
degli insegnanti, cui sono affidati anche i rapporti con le istituzioni
scolastiche, mediante apposite convenzioni;
f) alle strutture
universitarie sopra citate è inoltre affidato il compito della formazione in
servizio dei docenti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutoraggio
e di coordinamento delle attività didattiche e gestionali delle istituzioni
scolastiche e formative.
L’articolo 6 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano nella materia oggetto del disegno di legge. Tale norma di salvaguardia è stata inserita a seguito del parere della Conferenza unificata e della richiesta formulata al riguardo dai soggetti istituzionali interessati.
L’articolo 7
detta le disposizioni finali ed attuative, prevedendo che all’attuazione dei
decreti legislativi previsti dalla legge-delega si provvede con uno o più
regolamenti, adottati a norma dell’articolo 117, sesto comma, della
Costituzione e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
e successive modificazioni, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e nel rispetto dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche. La norma indica puntualmente, al riguardo, le materie
nelle quali sarà esercitato dallo Stato, ai fini dell’attuazione della
riforma, il potere regolamentare di cui s’è detto. È inoltre previsto che il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenti ogni tre
anni al Parlamento una relazione sul sistema educativo di istruzione e di
formazione professionale, al fine di consentire al Parlamento stesso le
opportune valutazioni circa l’efficacia delle norme introdotte, nonchè ogni
iniziativa conseguente. A decorrere dall’anno scolastico 2002-2003 possono
iscriversi alla scuola dell’infanzia i bambini che compiono i tre anni di età
entro il 28 febbraio 2003; possono iscriversi alla 1ª classe della scuola
primaria i bambini che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2003.
Dovranno poi essere dettate, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1,
le disposizioni per disciplinare le ulteriori anticipazioni fino alla data del
30 aprile prevista dall’articolo 2.
Sono poi dettate le disposizioni di carattere
finanziario e viene da ultimo sancita l’abrogazione della legge 10 febbraio
2000, n. 30.
Lo schema di disegno di legge è stato approvato dal
Consiglio dei ministri, in via preliminare, il 1º febbraio 2002. È stato
quindi trasmesso alla Conferenza unificata Stato-Regioni-città ed autonomie
locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni, al fine di acquisirne il parere a norma dell’articolo 9, comma
3, del medesimo decreto legislativo.
La Conferenza unificata ha esaminato il provvedimento
nelle sedute del 14 e del 28 febbraio e del 7 marzo 2002, esprimendo il proprio
parere in tale ultima data.
Sul provvedimento, sia l’Associazione nazionale dei
comuni italiani (ANCI) e l’Unione nazionale comuni, comunità, enti montani
(UNCEM), sia l’Unione delle province italiane (UPI) hanno espresso parere
favorevole condizionatamente all’accoglimento degli emendamenti proposti nei
rispettivi documenti consegnati in sede di Conferenza.
Per quanto riguarda le regioni, le regioni Lombardia,
Lazio, Puglia, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Sardegna, Veneto,
Calabria e Molise, hanno espresso parere favorevole, con gli emendamenti
presentati in seduta dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca, e riservandosi, in ordine all’emendamento proposto da ANCI e UNCEM
all’articolo 7, di chiederne modifiche o integrazioni, richiesta che la
regione Lombardia ha trasmesso alla Conferenza in data 11 marzo 2002. Le regioni
Marche, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria hanno espresso
parere negativo, nei termini risultanti dal documento da esse presentato in sede
di Conferenza. La provincia autonoma di Trento ha espresso il proprio parere nei
termini del documento presentato, anche questo, in sede di Conferenza.
A seguito del parere espresso dalla Conferenza il 7
marzo 2002 nei termini predetti, con una maggioranza favorevole, e alla luce
anche della documentazione presentata dai soggetti istituzionali interessati,
richiamata nel parere, si è provveduto ad apportare al testo del disegno di
legge alcune modifiche, recependo sostanzialmente il parere espresso dalla
maggioranza delle regioni, nonchè in larga misura quello espresso da ANCI e
UNCEM, e quello espresso dall’ UPI. Non sono state invece recepite le
osservazioni formulate dalle regioni Marche, Basilicata, Campania, Emilia
Romagna, Toscana e Umbria, sia perchè esse risultano superate dal parere di
maggioranza, come previsto dal decreto legislativo n. 281 del 1997,
sia perchè esse si traducono, anzichè in richieste di modifica, in una non
condivisione complessiva dell’impostazione di fondo del disegno di legge. Di
tutte le sopra indicate modifiche, e delle richieste di modifica non recepite
nel testo, così come di alcune altre modifiche dovute a ulteriori richieste o
riflessioni sul testo medesimo, si dà conto qui di seguito, con riferimento
agli articoli del disegno di legge.
Articolo 1
Il comma 1 è stato integrato, su richiesta dell’UPI, nonchè dell’ANCI e dell’UNCEM, con un’espressione intesa ad assicurare il rispetto anche delle competenze dei predetti soggetti istituzionali nelle materie oggetto dei decreti legislativi da emanare in attuazione della legge; lo stesso comma, inoltre, è stato integrato, in fine, con l’inserimento delle parole «istruzione e», completandosi così l’indicazione delle materie relativamente alle quali lo Stato definisce i livelli essenziali delle prestazioni.
Al comma 2 è
stato inserito tra i Ministri concertanti, su richiesta del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali, anche l’omologo Ministro. E’ stato inoltre
aggiunto, in fine, un periodo nel quale si precisa che i decreti legislativi in
materia di istruzione e formazione professionale – materia questa di
competenza esclusiva dello Stato sotto il profilo delle norme generali e dei
livelli essenziali delle prestazioni, e, per i restanti profili, di competenza
esclusiva delle regioni – sono emanati previa intesa con la Conferenza
unificata; questo al fine di favorire, come richiesto dalle regioni, il
coordinamento delle competenze esclusive rispettive dello Stato e delle regioni,
evitando per quanto possibile sovrapposizioni e conflitti tra le istituzioni, e,
quindi, non in quanto adempimento dovuto, ma come forma di leale collaborazione
tra i soggetti istituzionali interessati. Non si è ritenuto invece di
sostituire, nella prima parte del comma, l’espressione «sentita la Conferenza
unificata» con l’espressione «d’intesa con la Conferenza unificata» in
quanto la materia oggetto di tale prima parte rientra nelle norme generali
sull’istruzione, materia di competenza esclusiva dello Stato, che conserva
comunque sull’istruzione la potestà legislativa concorrente, che peraltro non
viene esercitata. Per quanto riguarda poi l’osservazione di carattere generale
formulata dalle regioni Marche, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Toscana e
Umbria, che non condividono l’uso dello strumento della delega, è da
precisare che tale uso è costituzionalmente legittimo, in quanto trattasi di
norme generali sull’istruzione, e quindi di materia di competenza esclusiva
dello Stato. D’altra parte, proprio per tener conto anche della competenza
esclusiva spettante alle regioni è stato previsto, come sopra si è detto, che
i decreti legislativi in materia di istruzione e formazione professionale sono
emanati previa intesa con la Conferenza unificata. Quanto infine al termine
previsto per la delega, posto che trattasi sempre e comunque di un termine
massimo per il suo esercizio, è sembrato opportuno prevedere un limite
temporale «prudenziale» in considerazione della complessità e delle
implicazioni finanziarie connesse alla «messa a regime» della riforma.
Al comma 3 l’espressione «sentita la Conferenza
unificata» è stata sostituita con l’espressione «previa intesa con la
Conferenza unificata», accogliendosi in tal modo una richiesta dell’UPI e
delle regioni; la richiesta era stata motivata per il fatto che il piano
programmatico di interventi finanziari riguarda materie che rientrano in parte
nella competenza esclusiva ovvero concorrente delle regioni.
Articolo 2
Al comma 1, lettera c), a seguito di una riflessione sulla materia, si è ritenuto opportuno aggiungere, in fine, due periodi con i quali si prevede: la ridefinizione, con i decreti legislativi, in termini di diritto-dovere, dell’obbligo scolastico così come sancito dalla legge 20 gennaio 1999, n. 9 (articolo 1, comma 1), e dalla legge 10 febbraio 2000, n. 30 (articolo 1, comma 3), e dell’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144; una gradualità nell’attuazione del predetto diritto-dovere, correlata alle disponibilità finanziarie previste dal piano programmatico di interventi di cui all’articolo 1, comma 3, del disegno di legge. La norma vale a chiarire che l’intento perseguito dal disegno di legge è quello di un’estensione del concetto espresso dall’articolo 34 della Costituzione e non di una sua modifica. Si tratta cioè di un aggiornamento del concetto di obbligo che mira a far permanere nel sistema educativo di istruzione e di formazione gli studenti fino al diciottesimo anno di età ovvero fino al conseguimento di una qualifica, ponendo così sullo stesso piano i percorsi di istruzione e di formazione, sottolineandone la pari dignità. L’obbligo di istruzione e di formazione viene così inquadrato in un concetto più ampio rispetto a quello che si evince dalle norme vigenti – e che è incentrato sulla mera vincolatività del precetto e sulla sanzionabilità della sua inosservanza – concetto che invece deve basarsi sulla consapevolezza e fruizione del diritto all’istruzione e alla formazione in termini che assicurino concretamente l’inserimento di tutti i giovani, secondo le rispettive inclinazioni, nel mondo del lavoro, dotati delle necessarie competenze e qualifiche professionali, e quindi sulla ratio di fondo che ispira tutto l’articolo 34 della Costituzione. Ciò, peraltro, come già detto, amplia la portata della norma costituzionale, fermo restando il relativo precetto che sancisce comunque l’istruzione inferiore, obbligatoria e gratuita, per almeno otto anni.
Al comma 1,
lettera i), è stata resa, con la sostituzione delle parole «è aperta»
con le parole «è assicurata», più concretamente fruibile la possibilità di
cambiare indirizzo all’interno dei licei o di passare dal sistema dei licei a
quello dell’istruzione e della formazione professionale e viceversa.
Al comma 1, lettera l), sono state inserite, su
richiesta delle Regioni, le parole «nel rispetto dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche», e ciò al fine di salvaguardare, ribadendolo con una
precisa enunciazione normativa, il princìpio dell’autonomia delle istituzioni
scolastiche.
Non si è ritenuto di accogliere le richieste
dell’UPI, relativamente al comma 1, lettere g), h) ed i) e
consistenti nel mantenimento del biennio comune di istruzione, perchè non
sarebbero state coerenti con la stessa impostazione del disegno di legge, che ha
delineato due sistemi di pari dignità, ciò che comporta l’introduzione nei
percorsi di formazione di un contenuto di istruzione maggiore di quanto oggi
avvenga.
La modifica alla lettera l), chiesta dall’UPI
risulta sostanzialmente recepita con la clausola di salvaguardia
dell’autonomia scolastica inserita nel testo; non è sembrato opportuno
inserire la lettera m), richiesta dall’UPI, e relativa alla necessità
di prevedere uno stretto collegamento con il sistema dei centri per l’impiego,
in quanto si ritiene che tale aspetto non abbisogni di una previsione normativa.
Articolo 3
Non si è ritenuto opportuno inserire, come invece richiesto dall’UPI, al comma 1, lettera b), dopo la parola «allievi», le parole «attraverso il collegio dei docenti, sulle attività dei docenti e dei dirigenti scolastici...», ciò che configurerebbe l’utilizzo del collegio dei docenti ai fini della valutazione di sistema, in quanto tale integrazione contrasterebbe, per l’appunto, con la nozione stessa di valutazione di sistema che riguarda l’efficacia del servizio nel suo complesso, mediante l’utilizzo di questionari e altre tecniche di rilevazione e confronto di dati, e non le attività svolte dai docenti e dai dirigenti scolastici, che vengono valutate in altra sede e con altri strumenti.
Articolo 4
Al comma 1 si è recepita la richiesta dell’UPI e delle regioni, di prevedere l’intesa con la Conferenza unificata anche relativamente alle norme delegate da emanare in materia di alternanza scuola-lavoro; si è ritenuto inoltre opportuno prolungare a ventiquattro mesi il termine massimo per l’esercizio della delega.
Non si è
ritenuto di accogliere la richiesta dell’UPI di prevedere, alla lettera a),
l’intermediazione del Centro per l’impiego territorialmente competente in
quanto tale previsione non è sembrata coerente con la ratio
dell’articolo che demanda alla responsabilità dell’istituzione scolastica o
formativa la formazione prevista nell’articolo.
Non si ritiene esatto il rilievo formulato nel documento
delle regioni Marche, Basilicata, Campania, secondo cui l’alternanza
scuola-lavoro si configurerebbe «come percorso autonomo, rispondente a logiche
e necessità del tutto estranee alle finalità di un sistema educativo»,
laddove, invece, l’intento perseguito dall’articolo 4 è proprio quello di
valorizzare la funzione educativa della scuola attraverso l’attivazione di un
percorso formativo, progettato e realizzato dalla scuola stessa, e che ha lo
scopo di arricchire la formazione degli alunni rendendo loro accessibile anche
il potenziale formativo esistente nel mondo delle imprese.
Articolo 5
Al comma 1, lettera b), si è ritenuto necessario precisare, dopo una riflessione sul punto, che i corsi di laurea specialistica sono finalizzati anche alla formazione del personale docente della scuola e non soltanto a tale formazione, come appariva dalla precedente dizione della norma.
Articolo 6
L’articolo, inserito su richiesta delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, comprende una norma di salvaguardia delle loro competenze.
Articolo 7
Nell’articolo in questione (ex articolo 6) è stato inserito, su richiesta delle regioni, dopo il comma 1, un comma che prevede l’intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni nella definizione delle norme regolamentari relative agli standard minimi formativi richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti a conclusione dei percorsi formativi, nonchè per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.
Il comma 4 è
stato integrato, su richiesta dell’ANCI, dell’UNCEM e delle regioni, con la
previsione che l’iscrizione anticipata al primo anno della scuola
dell’infanzia avviene compatibilmente con la disponibilità di risorse e di
personale dei Comuni, nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale e
regionale dal patto di stabilità. Non è invece stata accolta la richiesta
dell’ANCI e dell’UNCEM di prevedere che l’anticipazione dell’età
avvenga compatibilmente con la disponibilità di risorse e di personale dei
comuni a carico dello Stato e delle regioni. Ciò in quanto, da un lato,
relativamente alle scuole materne statali non vi sono nè possono esservi oneri
a carico del bilancio dello Stato; e, d’altro lato, in quanto, come comunicato
dalla regione Lombardia – rappresentante della maggioranza delle regioni –
con la nota 11 marzo 2002 sopra menzionata, il richiamo alle regioni non è
dalle stesse condiviso.
Non è stata inserita la norma sull’edilizia
scolastica, richiesta dall’UPI, riferita all’ex articolo 6, comma 5,
relativa al finanziamento dell’edilizia scolastica, in quanto si è ritenuto
che per tali problematiche si debba provvedere con il piano programmatico di
interventi finanziari, previsto dall’articolo 1, comma 3, che comprende anche
l’adeguamento delle strutture di edilizia scolastica, come previsto dalla
lettera l) del comma stesso.
L’articolo 2, comma 1, lettera f), del disegno di legge prevede che possono iscriversi alla scuola primaria le bambine ed i bambini che compiono i 6 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.
Ai fini della stima dell’onere derivante dalla proposta modifica legislativa è innanzitutto necessario esaminare la consistenza numerica dei bambini iscritti alle sezioni di scuola materna, per gli anni scolastici 1999-2000, 2000-2001 e 2001-2002, per le fasce di età riferite ai 4 e 5 anni, nonché del numero dei bambini iscritti alla prima classe della scuola elementare per i predetti anni, che risultano essere i seguenti:
SCUOLA MATERNA
età | a.s. 1999-2000 | a.s. 2000-2001 | a.s. 2001-2002 |
4 anni | 362.781 | 360.270 | 361.547 |
5 anni | 252.826 | 260.677 | 266.062 |
SCUOLA ELEMENTARE 1ª CLASSE
a.s. 1999-2000 | a.s. 2000-2001 | a.s. 2001-2002 | |
n. alunni | 494.544 | 485.577 | 486.073 |
classi | 26.498 | 26.244 | 26.326 |
Dal confronto dei dati sopraevidenziati risulta che, per gli anni scolastici considerati, si riduce notevolmente la consistenza numerica dei bambini di cinque anni di età, iscritti alla scuola materna, rispetto al numero dei bambini iscritti nell’anno scolastico precedente per la fascia di età di quattro anni. Per contro, la consistenza numerica degli alunni iscritti alla prima classe della scuola elementare risulta incrementata di un numero di unità non correlato al numero dei bambini di quattro anni di età, iscritti due anni prima, ossia – con riferimento all’arco temporale preso in considerazione – all’anno scolastico 1999-2000.
Ciò
premesso, si ritiene che la prevista possibilità di fare iscrivere alla prima
classe i bambini che compiono i sei anni entro il 30 aprile dell’anno
scolastico di riferimento, può interessare un numero massimo di 89.000 unità,
che costituiscono un terzo dei 266.062 bambini di cinque anni di età iscritti
alla scuola materna per l’anno scolastico 2001-2002, che potranno essere
interessati.
Quindi, tenuto conto che la
modifica legislativa non rappresenta un obbligo ma una facoltà, si ritiene che
complessivamente si iscriveranno anticipatamente alla prima classe 86.600
bambini (ossia circa il 97 per cento di 89.000).
Ritenendo di poter ridistribuire
non più di 53.000 delle suddette 86.600 unità nelle 26.326 classi di prima
elementare, funzionanti per il corrente anno scolastico, si ha una differenza di
circa 34.000 unità con un incremento di numero 1.700 classi ed un conseguente
aumento di numero 2.550 unità della dotazione organica del personale docente.
Stimato in e 25.959,71 il
trattamento economico annuo lordo, comprensivo della 13ª mensilità e degli
oneri riflessi, di un docente elementare si stima un maggior onere annuo
complessivo di e 66.197.260,50 (25.959,71x2.550 unità).
Circa l’applicazione
dell’articolo 7, comma 4, che prevede per l’anno scolastico 2002-2003 la
possibilità di iscrivere alla prima classe di scuola elementare i bambini che
compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2003, si evidenzia che il
maggiore onere complessivo come sopra determinato, si riduce del 50 per cento.
RIEPILOGO DEI MAGGIORI ONERI
(Importi in euro)
anni | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 |
art. 2, comma
1, lettera f) |
- |
25.460.484,81 | 66.197.260,50 | 66.197.260,50 |
art. 7, comma 4 |
12.730.242,40 |
20.368.387,85 | ||
Totale | 12.730.242,40 | 45.828.872,66 | 66.197.260,50 | 66.197.260,50 |
*** pubblicità ****
Abbonati alle notizie scolastiche!
*** pubblicità ***