Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO, indi del vicepresidente Domenico VOLPINI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.
La seduta comincia alle 14.20.
Definizione delle norme generali sull'istruzione.
C. 23 Stefani, C. 245 Sospiri, C. 353 Alberta De Simone, C. 354 Alberta De
Simone, C. 661 Martinat, C. 735 Angela Napoli, C. 749 Angela Napoli, C. 771
Angela Napoli, C. 779 Angela Napoli, C. 967 Bianchi Clerici, C. 1014 Serena, C.
1042 Angela Napoli, C. 1043 Angela Napoli, C. 1044 Angela Napoli, C. 1191
Malgieri, C. 1481 Angela Napoli, C. 1734 Landolfi, C. 1749 Alboni, C. 1988
Parodi, C. 1989 Parodi, C. 1990 Parodi, C. 2277 Serena, C. 3384 Rizzo e C. 3387
Governo, approvato dal Senato, e petizioni nn. 169, 205, 228, 293 e 490.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta di ieri.
Titti DE SIMONE (RC) esprime, preliminarmente, la convinzione che il disegno
di legge delega confermi le linee politiche del centro-destra sulla scuola: un
modello di tipo «mercantile», esclusivamente subordinato agli interessi di un
mercato del lavoro, come è dimostrato dalla proposta di formazione
professionale contenuta nel provvedimento, che configura una impostazione
obsoleta del rapporto tra la formazione ed il mondo del lavoro. Rileva, quindi,
che con il disegno di legge in titolo, invece di prevedere un livello di
istruzione elevato, completo e alla portata di tutti, si configura la
destrutturazione del sistema pubblico dell'istruzione. Ritiene inoltre che con
questo progetto di riforma e con i provvedimenti precedentemente adottati dal
Governo in questo settore, si dia un «colpo di spugna» al processo di
democratizzazione in atto nel mondo della scuola, piegandolo per intero alla
regionalizzazione, da realizzare attraverso la devoluzione prevista dal disegno
di legge costituzionale recentemente approvato dal Senato. Si tratta, a suo
avviso, di una riforma che punta alla affermazione dei
principi di selezione e di competizione tra il sistema pubblico, relegato ad
un livello marginale, e quello privato. Nella sostanza, ritiene che con il
disegno di legge in esame si passerà dalla costituzione di un sistema pubblico,
universale e centrale, ad un sistema nel quale al settore pubblico verrà
assegnato esclusivamente un ruolo di offerta di prestazioni essenziali,
lasciando ai privati la gestione dell'offerta formativa più qualificata. Fabio GARAGNANI (FI), dopo aver ribadito il parere favorevole del suo gruppo
al testo del disegno di legge in esame, si sofferma sulle critiche avanzate ad
esso dai rappresentanti dell'opposizione, giudicandole un «processo alle
intenzioni», strumentali e non rispondenti agli effettivi contenuti del
provvedimento. Pur confermando la volontà del centro-destra di affermare il
principio della parità scolastica, precisa che nel disegno di legge del Governo
non vi è alcun riferimento a tale questione. Osserva, invece, che in tale
provvedimento sono richiamati i valori della famiglia e della tradizione
culturale italiana, nonché i principi di sussidiarietà: ritiene che questi
siano i valori forti che caratterizzano il disegno di legge in esame. Alberta DE SIMONE (DS-U), nel dichiarare di voler svolgere un intervento che
non configuri «processi alle intenzioni», precisa di condividere
l'affermazione del deputato Garagnani in merito al fatto che la riforma Gentile
abbia fino ad ora funzionato nella direzione di formare le classi dirigenti del
paese. Precisa inoltre che tale modello di scuola, enormemente selettivo e di
classe, è di fatto tramontato negli anni settanta. Rileva, infatti, che in quel
periodo, si passò dal modello gentiliano ad una scuola per tutti e di tutti,
che ha garantito a tutti i cittadini il diritto di crescere nella loro
evoluzione culturale e personale. Carlo CARLI (DS-U), nell'invitare il Governo a ritirare il disegno di legge
in esame, richiama gli elementi di incostituzionalità del provvedimento, in particolare con riferimento ai contenuti dell'articolo
34 della Costituzione. Osserva che tale articolo prevede, tra l'altro, che
l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, sia obbligatoria e
gratuita e che i soggetti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, debbano
avere il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Sottolinea che
nel disegno di legge del Governo viene escluso il concetto di obbligatorietà,
previsto dalla Costituzione. Ricorda che da studente sostenne la riforma
dell'obbligo scolastico, che ha contribuito a rivoluzionare il modello di scuola
gentiliana, con l'affermazione del principio forte del diritto universalistico
dell'accesso all'istruzione. Sottolinea il fatto che con il disegno di legge del
Governo non solo viene eliminato il concetto di obbligo scolastico, ma con il
cosiddetto doppio canale si ricreano anche quegli elementi classisti che
caratterizzarono la scuola del passato. Ferdinando ADORNATO, presidente, nessun altro chiedendo di
intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.
La seduta termina alle 16.
Rileva, inoltre, che, oltre ad un modello di riforma della scuola basato sul
censo e sulla diseguaglianza sociale, con il disegno di legge costituzionale
sulla devoluzione, si divide il paese, aumentando le competenze legislative
delle regioni anche in materia scolastica. Osserva che in tal modo verrà
sgretolato il sistema pubblico dell'istruzione, attribuendo al mercato un ruolo
centrale. Rileva che tutto ciò conferma non solo la visione aziendalista della
scuola che caratterizza il Governo in carica, ma anche il furore ideologico di
una maggioranza bigotta che privilegia una morale prettamente religiosa, in
luogo del pluralismo e della laicità della scuola.
Considera grave e scandalosa la previsione di privare la scuola pubblica di
risorse e finanziamenti, per attribuirli alla scuola privata attraverso alcuni
«bonus» erogati direttamente alle famiglie che mandano i propri figli nelle
scuole private. Osserva che in tal modo si darà vita ad un modello scolastico
basato sulle diseguaglianze e sull'esclusione in generale, che riporteranno la
scuola italiana indietro nel tempo.
Giudica scandaloso il fatto che su di una materia di tale rilevanza il Governo
abbia fatto ricorso ad una delega illimitata, anche in termini temporali, e
indeterminata, che garantirà all'esecutivo la possibilità di incidere e di
intervenire a lungo e in maniera del tutto arbitraria sul sistema scolastico
italiano. Nel ritenere che in tal modo molti dei problemi della scuola
rimarranno irrisolti, si chiede che fine faranno la scuola media superiore e le
scuole tecniche di questo paese.
Esprime la propria contrarietà, tra l'altro, ai contenuti dell'articolo 2 del
disegno di legge delega, in materia di sistema educativo di istruzione e di
formazione; a tale riguardo, ricorda che nella «riforma Berlinguer» si faceva
quanto meno riferimento sia ad un sistema in grado di consentire a tutti
l'accesso alla scuola, sia al concetto di Repubblica, che viene completamente
ignorato dal provvedimento in titolo. Osserva, inoltre, che in quest'ultimo non
si fa alcun riferimento ai dipendenti della scuola pubblica. Paventa il rischio
che il sistema di reclutamento del personale scolastico venga modificato e che
le relative competenze vengano attribuite ai governatori regionali.
Esprime inoltre la propria contrarietà alla previsione, contenuta nel
provvedimento, secondo la quale all'età di tredici anni gli studenti dovranno
scegliere tra il sistema dei licei e la formazione professionale: una misura di
questo genera richiama in tutta evidenza la «visione gentiliana» della scuola
italiana.
Giudica grave la previsione di abolire il principio giuridico dell'obbligo
scolastico, delineata dall'articolo 2 del provvedimento; ritiene che in tal modo
si intende modificare, attraverso una legge ordinaria e di delega, un principio
sancito dalla Costituzione.
Esprime rilievi fortemente critici anche rispetto alla decisione di un ingresso
precoce dei bambini nella scuola dell'infanzia: ritiene che tale misura favorirà
i gestori delle scuole private dell'infanzia e metterà in difficoltà le
maestre, che si troveranno a gestire alunni di età differenti e con problemi
diversi.
Ritiene che la valorizzazione del sistema professionale, inferiore e superiore,
renderà quegli istituti luoghi di eccellenza del business formativo,
sotto il controllo delle regioni.
Con il disegno di legge delega in esame si affermerà, a suo avviso, un modello
scolastico con un unico riferimento culturale alla tecnologia informatica ed una
visione di tipo confessionale della scuola, nella quale la religione verrà
intesa come un elemento di base della formazione da dare a tutti gli studenti,
perfettamente collegata alla morale.
Nel preannunciare la presentazione di una relazione di minoranza, precisa che
essa farà un esplicito riferimento, tra l'altro, alla necessità di
riaffrontare il principio di autonomia come elemento di autogoverno delle
scuole; ai nodi dell'obbligo scolastico e del titolo V della Costituzione,
relativi alle competenze in materia scolastica delle regioni.
Si sofferma quindi sulla «emergenza lavoro» che grava sul Mezzogiorno, dove
gli imprenditori, non riscontrando adeguati livelli di istruzione, preferiscono
spostare le proprie aziende in altre zone.
In conclusione, preannuncia una forte opposizione, in Parlamento e nel paese, al
progetto di riforma della scuola predisposto dal centro-destra, per costruire
una alternativa reale a quel modello classista che, a suo avviso, impoverirà
profondamente la scuola italiana.
Rispetto ai riferimenti a taluni diritti preesistenti del bambino che la
famiglia non dovrebbe conculcare, sottolinea che il provvedimento configura un
ruolo centrale ed organico della famiglia, che è, a suo avviso, estremamente
rilevante.
Per quanto riguarda le tradizioni culturali italiane, ritiene che il
provvedimento configuri un modello di scuola positivo, basato sulla corretta
armonia tra una società aperta e una forte affermazione della identità
nazionale. A tale riguardo, pur condividendo l'apertura del mondo della scuola
ai cittadini extracomunitari, ritiene che vi debba essere comunque la
consapevolezza che essi sono ospiti nel nostro paese.
Esprime il proprio apprezzamento per il nuovo modello di formazione degli
insegnanti, delineato nel disegno di legge del Governo. A tale riguardo,
sottolinea il fatto che gli strumenti attualmente esistenti non sono in grado di
garantire una formazione adeguata ai docenti italiani. Nel ritenere
condivisibili le richieste di aumenti degli stipendi avanzate dai docenti,
ritiene altrettanto condivisibile e opportuna l'esigenza di un aggiornamento
della loro preparazione.
Giudica particolarmente significativo il nuovo sistema di valutazione degli
alunni, previsto dal disegno di legge del Governo, che consentirà una migliore
selezione degli studenti italiani.
Dichiara di condividere la preoccupazione, espressa da alcuni deputati
dell'opposizione, che, rispetto al sistema scolastico, al centralismo dello
Stato possa subentrare un neocentralismo regionale. Giudica per altro un falso
problema quello relativo alla devoluzione ed alla quota curriculare che verrà
attribuita alle regioni, che è estremamente limitata. Nel richiamare il
relativo modello del Trentino Alto Adige, sottolinea il carattere nazionale dei
programmi scolastici e precisa che non verranno creati livelli qualitativi
diversi tra le varie regioni del paese.
Sottolinea la positività del disegno di legge del Governo che, da una parte,
interviene introducendo innovazioni al sistema scolastico italiano e, dall'altra
parte, non elimina alcune positive esperienze del passato. A tale riguardo, pur
giudicando superato il modello scolastico delineato da Gentile, sottolinea il
fatto che esso abbia «retto» fino ad oggi per un lungo periodo di tempo.
In conclusione, nel ribadire la piena condivisione del suo gruppo dei contenuti
del disegno di legge, rivolge il proprio ringraziamento al sottosegretario Aprea
Sottolinea la negatività della pressoché totale «femminilizzazione» della
scuola italiana, che ha coinciso con una dequalificazione del personale
scolastico: si è consentito alle donne di fare le maestre, dovendo svolgere
contemporaneamente i ruoli di casalinghe e di madri di famiglia. Ricorda che nel
passato i docenti frequentavano continuamente dei corsi di aggiornamento
professionale, finanziati dallo Stato; allo stato attuale, invece non vi è più
traccia di una iniziativa di tal genere. Si chiede quindi quali siano le ragioni
per le quali la scuola di massa debba essere una scuola dequalificata e perché
una insegnante qualificata debba essere considerata meno di un bidello. Ritiene
che quelli evidenziati siano elementi che dimostrano chiaramente gli enormi
ritardi accumulati dalla scuola italiana, anche rispetto ai sistemi scolastici
degli altri paesi europei.
Entrando nel merito del disegno di legge del Governo, riterrebbe più corretto
parlare di scuola italiana, anziché di scuola nazionale, poiché la lingua
italiana viene molto studiata in tutto il mondo e perché la cultura, la musica,
la letteratura e l'arte del nostro paese sono particolarmente apprezzate in
tutte le parti del mondo.
Ritiene inoltre che il soggetto centrale della scuola debba essere l'alunno,
poiché la famiglia non è sempre in grado di svolgere una funzione educativa. A
tale riguardo, precisa che, ritenere il bambino titolare di diritti, non
significa parlare contro la famiglia; sostiene inoltre l'esigenza di coniugare
il rapporto scuola-famiglia, secondo uno spirito di concretezza. Rispetto alla
centralità della figura del bambino nel sistema scolastico italiano, ricorda
che nel 1975 venne approvata una legge sugli asili nido, che venne però
applicata soltanto in alcune parti del paese. A tale riguardo, dichiara di non
condividere la proposta, contenuta nel provvedimento in titolo, di prevedere «asili
nido aziendali»: ritiene che tale misura sia in aperto contrasto con le
previsioni della Convenzione ONU sui diritti del bambino e della Convenzione
europea in materia. Riterrebbe invece opportuna e prioritaria l'istituzione di
nidi a carattere esclusivamente territoriale, da finanziare attraverso il
ricorso alla fiscalità generale. Per quanto riguarda invece quelle parti del
paese nelle quali non sono mai esistiti asili nido, riterrebbe possibile, ove le
autorità preposte lo consentano, ammettere il bambino alla scuola materna un
anno prima, anche per favorire le madri che lavorano.
Rispetto al disegno di legge costituzionale «Bossi-Berlusconi» , esprime la
propria contrarietà in particolare con riferimento alla devoluzione alle
regioni di competenze in materia scolastica.
Richiama quindi i contenuti della propria proposta di legge, recante norme
sull'informazione e sull'educazione sessuale nelle scuole. Ritiene importante
l'insegnamento, come materia interdisciplinare, dell'educazione sessuale nelle
scuole, per preparare i ragazzi ad affrontare i rischi esistenti nella società
odierna, come l'AIDS e la pedofilia. Sottolinea, in conclusione, che si tratta
di una materia particolarmente utile da insegnare anche rispetto al principio
che la scuola deve garantire agli studenti di crescere e di formarsi
democraticamente le proprie opinioni.
Precisa che un secondo elemento che lo spinge ad invitare il Governo a ritirare
il disegno di legge in esame è rappresentato dalla cosiddetta devoluzione, con
la quale si prevede di delegare alle regioni delle importanti funzioni relative
alla scuola. In merito alla cosiddetta devoluzione, richiama i contenuti critici
di alcuni articoli di quotidiani, compreso il Secolo d'Italia, nei quali
sono state espresse forti perplessità rispetto alla devoluzione alle regioni di
parte delle competenze statali in materia scolastica.
Osserva che un terzo elemento di contrarietà al provvedimento, che lo spinge ad
invitare il Governo a ritirarlo, è relativo alla sua copertura finanziaria.
Invita quindi il Governo a specificare i costi effettivi della riforma che, a
suo avviso, non ha la necessaria copertura finanziaria.
Dopo aver richiamato le considerazioni svolte da alcuni deputati sulla centralità
del bambino del sistema scolastico, sottolinea la necessità che lo Stato
garantisca a tutti i cittadini le medesime possibilità di crescita, di
istruzione e di formazione.
In conclusione, osserva che il disegno di legge in titolo non prende in
considerazione la società multietnica e multi religiosa (realtà che
rappresentano, a suo avviso, delle vere e proprie ricchezze culturali), né la
realtà dei portatori di handicap, che sono già stati ripetutamente penalizzati
dai provvedimenti legislativi del Governo di centro-destra.
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