Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
Giovedì 19 dicembre 2002. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.
La seduta comincia alle 14.10.
Definizione delle norme generali sull'istruzione.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 17 dicembre 2002.
Ferdinando ADORNATO, presidente, avverte che il ministro Moratti non potrà partecipare alla seduta odierna, essendo impegnato in un incontro con le organizzazioni sindacali.
Domenico VOLPINI (MARGH-U) si chiede preliminarmente se quella proposta dal
ministro Moratti sia effettivamente una riforma; in che cosa essa si discosti
effettivamente dalla legge n. 30 del 2000 sui cicli scolastici approvata nella
precedente legislatura; e che cosa vi sia effettivamente dietro alla proposta
avanzata dal ministro Moratti.
In realtà, ritiene che il Governo Berlusconi faccia la riforme limitandosi
solamente a tagliare in maniera sistematica e consistente i fondi previsti per
la scuola, l'università e la ricerca scientifica: in tal modo, si arriva ad
intaccare in maniera consistente e a mettere in discussione il funzionamento
stesso del sistema.
Richiama il confronto da lui svolto, nel corso della precedente legislatura, con
il deputato Aprea, che ricopriva allora l'incarico di capogruppo di Forza
Italia, sulla questione relativa al fatto che l'istruzione dovesse essere
organizzata con un sistema nazionale o se non dovesse essere configurata come un sistema. Ricorda che
gli interventi dell'onorevole Aprea andavano tutti nella direzione di cancellare
il «sistema» e di sostituirlo con il «servizio» e che quest'ultimo poteva
essere affidato a soggetti privati.
Rileva che la tendenza del Governo in questo settore (che ha apportato
consistenti tagli ai finanziamenti anche delle scuole non statali) vada nella
direzione di colpire il sistema in quanto tale e di considerare l'istruzione
come un prodotto da immettere sul mercato per essere acquistato; in tale ambito,
le scuole vengono considerate come delle imprese che si confrontano sul mercato.
Ritiene che la defiscalizzazione delle spese per la scuola vada proprio in tale
direzione.
Ritiene, inoltre, che la cosiddetta riforma della scuola proposta dal ministro
Moratti configuri un «grosso pasticcio», che, sostanzialmente, non modifica la
struttura esistente, basata sui due cicli primario e secondario. Ricorda che
nella precedente legislatura l'UDC proponeva una riforma basata sul modello del
«5+3+5», che è stata poi imposto all'attuale Governo. Poiché tale
impostazione comportava che, rispetto alle scuole degli altri paesi europei, gli
studenti italiani avrebbero potuto terminare il proprio iter scolastico un anno
dopo, il ministro Moratti ha risolto la questione prevedendo l'anticipo di un
anno della scolarizzazione. Ritiene insensata tale proposta che, tra l'altro,
configura una scelta facoltativa.
Nel giudicare non liberale la proposta di una verifica biennale dell'andamento
scolastico degli studenti, richiama i contenuti della sua proposta, con la quale
veniva garantita la libertà organizzativa in tale materia agli istituti
scolastici, che veniva rapportata ai ritmi di crescita degli studenti.
Considera di scarsa rilevanza e non sostanziali i cambiamenti apportati dalla «riforma
Moratti», che non è altro che una declamazione di tipo mediatico. Ritiene,
invece, che la «vera riforma» realizzata da questo Governo sia quella portata
avanti dal ministro Tremonti, che si concretizza attraverso tagli consistenti ai
fondi previsti per il settore della scuola, che disarticolano il sistema
scolastico rendendolo inefficace. Giudica molto significativa l'eliminazione dei
fondi strutturali nella legge di bilancio alle scuole non statali, per
riportarli, in minima parte, nella defiscalizzazione.
In conclusione, rispetto a questo «andazzo», invita la maggioranza ad una
riflessione poiché, se verrà perseguita la strada indicata, si andrà a
colpire il sistema dell'istruzione in quanto tale, che verrà disarticolato dai
fondi strutturali.
Alba SASSO (DS-U), prima di svolgere il proprio intervento sul provvedimento in titolo, ribadisce la richiesta, formulata nella seduta precedente: che il Governo fornisca chiarimenti in merito al disegno di legge costituzionale, recante modifiche dell'articolo 117 della Costituzione, che, a suo avviso, mette in crisi la «cornice strutturale» del disegno di legge all'esame della VII Commissione. Nella sostanza, chiede al rappresentante del Governo di fornire chiarimenti sul contesto giuridico ed istituzionale nell'ambito del quale ci si sta muovendo.
Il sottosegretario Valentina APREA precisa, preliminarmente, che il ministro
Moratti interverrà in sede di replica al termine della discussione generale sul
provvedimento in titolo.
Rispetto alle due leggi di riforma costituzionale che attengono alla nuova
organizzazione della Repubblica in senso federalista (quella approvata nella
precedente legislatura e quella recentemente approvata in prima lettura presso
l'altro ramo del Parlamento), precisa che il Governo è assolutamente
consapevole delle modificazioni apportate dalla legge costituzionale di modifica
dell'articolo 117 della Carta costituzionale, approvata nella precedente
legislatura. Osserva che di tali modificazioni si è tenuto conto anche nella
individuazione del titolo del provvedimento in esame e precisa che, rispetto
alla riforma costituzionale del Governo Berlusconi, è stata considerata
l'eventuale ricaduta che essa potrebbe avere sugli aspetti ordinamentali, con l'introduzione delle
quote regionali. Sottolinea che quest'ultima rappresenta l'unica modifica
prevista, poiché l'organizzazione delle istituzioni scolastiche, quindi la
competenza esclusiva che dovrebbe eventualmente passare alle regioni, se e
quando entrerà in vigore la seconda riforma costituzionale, è materia che
attiene alla cornice istituzionale e non ordinamentale. Precisa, quindi, che
nella predisposizione del provvedimento in titolo, il Governo ha tenuto conto
della legislazione concorrente e del fatto che lo Stato non potrà più dettare
leggi e norme di carattere amministrativo, ma solo stabilire principi e norme
generali, riferite soprattutto all'istruzione e alla formazione professionale.
Precisa, inoltre, che tra le norme generali rientrano sicuramente gli
ordinamenti, che dovranno essere quindi stabiliti a livello «centrale».
In merito ai percorsi dell'istruzione e della formazione professionale,
sottolinea che, già nella legge di modifica del titolo V della Costituzione, è
previsto che essi rientrino tra le competenze esclusive delle regioni; lo Stato
potrà fissare soltanto i livelli essenziali.
Precisa che, assieme agli uffici legislativi di alcuni ministeri e con la
Conferenza Stato-regioni, è stata approfondita la questione della piena
applicazione del titolo V e quindi della legge costituzionale n. 3.
Per quanto riguarda invece il disegno di legge costituzionale recentemente
approvato in prima lettura dal Senato, osserva che il ministero non è coinvolto
da essa, poiché attiene agli aspetti di carattere istituzionale (organizzazione
delle scuole: gestione del personale e delle risorse finanziarie) e non
ordinamentali. Precisa, a titolo di esempio, che riguardo ai principi generali
relativi alla formazione degli insegnanti, vi è una competenza a livello
nazionale. Non si parla, quindi, di gestione del personale e delle risorse;
osserva, peraltro, che quello è un altro aspetto della legislazione, anche
concorrente: infatti, mentre la legge costituzionale «Bossi-Berlusconi»
accelera un processo, la legislazione concorrente potrebbe di per se portare
anche alla autonomia gestionale di questi aspetti delle regioni (richiama, a
titolo di esempio, il caso della provincia di Trento).
In conclusione, rileva che la legge delega è assolutamente coerente con il
nuovo quadro costituzionale e che essa anticipa l'unico aspetto ordinamentale
della legge costituzionale «Bossi-Berlusconi», con la previsione della quota
regionale dei programmi. Rassicura, quindi, i deputati della VII Commissione in
merito al fatto che il disegno di legge sulla definizione delle norme generali
sull'istruzione è coerente sia con i contenuti della legge costituzionale n. 3,
sia - per quanto attiene agli ordinamenti - con la volontà politica generale
del Governo in questa materia.
Alba SASSO (DS-U) dichiara di aver posto al Governo un altro problema, relativo al fatto che la proposta «Bossi-Berlusconi» interviene a modificare l'autonomia costituzionale delle scuole. Ritiene grave il fatto che siano state sottratte alle scuole, per affidarle agli enti locali, le decisioni relative ad una parte del curriculo.
Il sottosegretario Valentina APREA precisa che, nel corso della prima lettura
al Senato del disegno di legge di modifica dell'articolo 117 della Costituzione,
sono state inserite nel testo le parole «fatta salva l'autonomia (...)».
Sottolinea che il Governo ha ritenuto necessario introdurre quelle parole nel
testo, perché ritiene che siano assolutamente distinti gli aspetti della
organizzazione e della gestione autonoma delle scuole. Domenico VOLPINI (MARGH-U) chiede al rappresentante del Governo se le quote
regionali si andranno ad aggiungere a quel 15 per cento che è attualmente di
pertinenza dell'autonomia.
Il sottosegretario Valentina APREA ribadisce che di tale questione si dovrà
occupare la Conferenza Stato-regioni, che dovrà decidere in merito alla
articolazione delle suddette quote regionali; precisa, peraltro, che vi è un
impegno del Governo a mantenere molto alta la quota nazionale e a non soffocare
l'autonomia delle scuole.
Alba SASSO (DS-U), nel ribadire le perplessità precedentemente espresse,
osserva che in Spagna si sta tornando indietro rispetto al modello di divisione
dei programmi scolastici attualmente in vigore. Dopo aver espresso l'auspicio
che l'Italia non cambi l'impostazione unitaria del proprio Stato, osserva che il
problema della quota locale, che esisteva già con il regolamento
dell'autonomia, coincide con la capacità della scuola di arricchire il
curricolo nel confronto con la cultura locale. Con le proposte avanzate dal
centrodestra, si crea invece un vulnus all'autonomia culturale del
sistema scolastico, configurando un'idea della scuola che si separa dalla
cultura e dalla identità nazionali. Esprime, pertanto, la propria
preoccupazione perché con le proposte del centro-destra si andranno a creare «venti
centralismi» regionali, con scuole che diventeranno i luoghi terminali di
decisioni prese altrove. Ferdinando ADORNATO, presidente, poiché tra cinque minuti è previsto
lo svolgimento di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul riassetto
del sistema radiotelevisivo, chiede al deputato Sasso se sia in grado di
concludere il proprio intervento nello spazio di pochi minuti o se preferisca
concluderlo nel corso della prossima seduta.
Alba SASSO (DS-U) si riserva di proseguire il proprio intervento nel corso
della prossima seduta.
Ferdinando ADORNATO, presidente, rileva come, anche dall'intervento
del deputato Sasso, sia emersa la non sovrapposizione del concetto tradizionale
di cultura e quello di sapere, di recente diffusione nei più vari ambiti
dell'istruzione. Antonio PALMIERI (FI), in relazione all'intervento dell'onorevole Sasso,
chiede chiarimenti sulla affermazione che l'obbligo
Alba SASSO (DS-U) precisa che nel suo intervento faceva riferimento
all'innalzamento dell'obbligo di istruzione a dieci anni previsto dalla legge n.
9 del 1999, di cui si dispone l'abrogazione.
Ferdinando ADORNATO, presidente, nessun altro chiedendo di
intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.25.
Per quanto concerne la quota regionale dei programmi, sottolinea che questa è
una diretta conseguenza di una organizzazione federalista di uno Stato, nel
senso che tutti i paesi che hanno una organizzazione federale hanno anche questo
aspetto nel settore dell'istruzione. A tale riguardo, richiama il modello
federale spagnolo, nel quale il 65 per cento dei programmi viene stabilito dallo
Stato centrale, mentre la restante parte è di competenza delle regioni. Precisa
che è intenzione del
ministro di salvaguardare quote anche più alte rispetto alla Spagna, ma
ribadisce che tutto verrà deciso in sede di Conferenza Stato-regioni. In ogni
caso, sottolinea che le quote regionali dei programmi scolastici sono molto
limitate e che non soffocheranno l'autonomia curricolare delle scuole che,
peraltro, oggi viene «giocata» in un modo molto marginale perché vengono,
anche per quel 15 per cento, assegnati gli insegnanti e le discipline. Ritiene,
invece, necessario recuperare la vera autonomia curricolare che la scuola
italiana non ha ancora conosciuto, in termini, ad esempio, di chiamata diretta
degli insegnanti.
Entrando nel merito del disegno di legge in titolo, dichiara di condividere le
osservazioni del relatore sulla società della conoscenza e il fatto che il
Consiglio europeo di Lisbona abbia fissato per l'Unione europea il seguente
obiettivo strategico fondamentale: quello di far divenire l'economia della
conoscenza più competitiva e più dinamica nel mondo. Richiama quindi i
contenuti del Libro Bianco dell'Unione europea sull'insegnamento e
l'apprendimento, dove, facendo riferimento alla società della conoscenza, si
configura una società che investe e che deve investire nel sapere e nella
competenza, in altre parole nell'intelligenza; perché questo investimento
svolge un ruolo essenziale per l'occupazione, per la coesione sociale e per il
futuro democratico di ogni paese. Precisa, poi, che nel Libro Bianco dell'Unione
europea, viene indicato l'altro fondamentale nesso tra sapere, conoscenza e
occupazione e si fa riferimento alla istruzione ed alla formazione come elementi
importanti per fronteggiare i problemi della disoccupazione. Sottolinea che tale
problematica riguarda anche l'Italia dove si vive in una società
dell'informazione e dove, in mancanza di scelte adeguate, non si potrà prendere
la strada della società della conoscenza. Ritiene necessario «sapere di più»
per rispondere ad ogni tipo di sapere; se ciò corrisponde al vero, è
altrettanto necessario che ogni individuo abbia la capacità di continuare ad
imparare nel corso della propria vita: si configura pertanto un sistema di
formazione permanente. A tal fine, ritiene indispensabile soprattutto riuscire a
progettare il sistema dell'istruzione con capacità di previsione, avendo «l'occhio
al futuro» e prefigurando scenari di vita e di lavoro per i prossimi anni: sarà
quindi necessario acquisire le competenze richieste dalla celerità del
progresso scientifico e tecnologico, dalla innovazione nel settore tecnologico
acquisendo solide competenze di base.
Richiamando quindi la necessità di un «sapere comune» e il pensiero di Jeremy
Rifkin
Per quanto riguarda la questione della individualizzazione dei percorsi
scolastici, ritiene che essa non si possa realizzare attraverso la
gerarchizzazione dei percorsi: in tal modo, in realtà non si intende affrontare
il problema, ma si vuole solo fare della scuola uno strumento di contenimento
della mobilità sociale. Esprime i propri rilievi critici rispetto al sistema
duale che viene delineato dal provvedimento e ricorda che esso non è più
considerato il «fiore all'occhiello» del sistema scolastico tedesco: non solo,
ma tale sistema ha mostrato le proprie lacune anche rispetto alla crisi
occupazionale senza precedenti che ha colpito anche la Germania.
Osserva che il disegno di legge in titolo non solo non affronti il tema della
formazione permanente, ma che contenga anche numerose previsioni inaccettabili e
sbagliate come quella dell'anticipo scolastico, rispetto alla quale giudica
sbagliata anche la scelta della sperimentazione in atto presso alcuni istituti
scolastici. Riterrebbe preferibile far uscire gli studenti dal sistema
scolastico all'età di diciannove anni, piuttosto che prevedere un anticipo «pasticciato»
come quello delineato nel disegno di legge; si tratta, a suo avviso, di una
soluzione senz'altro peggiore di quella della cosiddetta «onda anomala», che
si veniva a creare con la riforma dei cicli scolastici predisposta nella
precedente legislatura.
Prefigura come spunto per il dibattito futuro la necessità di trovare una terza
via fra un centralismo statale o regionale e l'esigenza di autonomia delle
scuole nella scelta curricolare.
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