Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
Aula della Camera - 11 febbraio 2003
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal
Senato: Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione professionale; e delle abbinate proposte di legge
d'iniziativa dei deputati Stefani; Sospiri; Alberta De Simone; Alberta De
Simone; Martinat ed altri; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli, Angela
Napoli; Bianchi Clerici; Serena; Angela Napoli; Angela Napoli; Angela Napoli;
Malgieri; Angela Napoli; Landolfi; Alboni ed altri; Parodi ed altri; Parodi ed altri; Parodi
ed altri; Serena; Sasso ed altri; Rizzo ed altri. La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle
15,10.
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare
per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. La ringrazio, signor
Presidente, e chiedo un attimo di attenzione da parte del rappresentante del
Governo...
PRESIDENTE. Sottosegretario Aprea...
LUCIANO VIOLANTE. Grazie, signor
Presidente. PRESIDENTE. Questo è sicuro, non è
un'opinione!
VALENTINA APREA, Sottosegretario di
Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, non
sono mai stata ripresa in questo modo!
LUCIANO VIOLANTE. Io ho espresso
un'opinione, signor Presidente; se, poi, lei la conferma autorevolmente, non
posso che esserne felice ...
PRESIDENTE. Certo, il sottosegretario è
qui per seguire l'esame del provvedimento.
LUCIANO VIOLANTE. ...anche per i
rapporti di amicizia che mi legano all'onorevole Aprea. PRESIDENTE. Prima di darle una risposta,
onorevole Violante, mi consenta di ascoltare qualche parere.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, capisco che su
un provvedimento al quale anche la maggioranza, oltre che il Governo,
attribuisce una grande importanza, l'opposizione, anche in modo così autorevole
e sin dalle battute iniziali dell'esame, sollevi questioni pregiudiziali e
regolamentari. Nel caso di specie, però, nonostante l'importanza del
provvedimento, sono completamente in disaccordo con il presidente Violante, per
le ragioni che ora esporrò. FRANCESCO GIORDANO. Chiedo di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor
Presidente, vorremmo associarsi alla richiesta del presidente Violante perché
è del tutto evidente che la copertura di bilancio è un fattore decisivo di
questo provvedimento. C'è addirittura un'eccezione di incostituzionalità che
è fondata su questo punto che noi dovremmo discuterne senza che ci siano
neanche le relazioni tecniche del Governo. Il presidente Vito sostiene di avere
canali privilegiati, come è del tutto ovvio, con il Governo, ma questo è il
Parlamento italiano e noi, allo stato, non abbiamo potuto visionarle. Aggiungo
pure che questo fatto che la bilancio (Commenti del deputato Elio Vito)...
Non è un colloquio fra me e te, Vito... si convoca per domani l'apprendiamo da
lei in questo momento. Anche queste credo che siano delle prerogative della
Commissione, della Presidenza della Camera, riguardanti l'organizzazione dei
lavori della Camera. Quindi mi pare di capire dalle informazioni che ci
pervengono, non dagli uffici preposti, ma dall'onorevole Vito, che questo
provvedimento prima di domani mattina non potrà essere preso in esame.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Qualora venga
richiesta, vista la rilevanza dell'argomento, do la parola ad un deputato per
gruppo.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, che
io ricordi non vi sono precedenti che possono essere richiamati per la questione
di oggi. Si tratta di una questione che riguarda questo provvedimento in
particolare, ma ce n'è anche una più generale sull'andamento dei nostri
lavori. Ora, Presidente, che sia stato calendarizzato per l'Assemblea un
provvedimento, ancorché non sia stato espresso il parere della Commissione
bilancio, questo è vero, è nei precedenti, e molte volte le discussioni
generali si sono svolte mentre la Commissione bilancio non aveva ancora dato il
parere. Io che ho sempre protestato nella scorsa e nell'attuale legislatura sono
testimone di precedenti in questa direzione. Però, Presidente, noi ci troviamo
adesso in una circostanza diversa: il parere della Commissione bilancio manca
non in previsione della discussione generale e dell'argomento posto all'ordine
del giorno, ma in relazione ad una questione pregiudiziale, che riguarda la
costituzionalità del provvedimento. Ora, Presidente, credo che qui ci sia una
fattispecie nuova. Se mi consente, io penso che non vi siano precedenti e penso
che non vi possano essere conseguenze diverse da quelle prospettate dal
presidente Violante. Presidente, la questione pregiudiziale riguarda
espressamente l'articolo, 81 comma 4, della Costituzione. Quindi, si tratta di
un caso non solo diverso, ma anche specifico del merito della questione
pregiudiziale. PRESIDENTE. Naturalmente il presidente
Violante mi è maestro e mi costringe ad una argomentazione - che sono convinto
essere fondata - di contestazione della sua richiesta, non da un punto di vista
politico anche se questo non spetta a me, lo dico molto sinceramente, da vecchio
parlamentare; è evidente che, sul piano politico, sarebbe stato di gran lunga
preferibile arrivare alla seduta odierna avendo completato l'intero iter che
precedente l'esame in Assemblea, quindi avendo acquisito i prescritti pareri
della Commissione bilancio; tuttavia, in primo luogo, la Commissione bilancio può
esprimere un parere anche in assenza di una relazione tecnica del Governo: la
relazione tecnica si può chiedere e naturalmente è auspicabile che ci sia ma
la Commissione bilancio, volendo, avrebbe potuto esprimere un parere anche in
assenza una relazione tecnica; è avvenuto altre volte, non sarebbe stato un primum
assoluto; in secondo luogo, la Commissione bilancio non ha il potere, per
absentiam, cioè in mancanza dell'espressione di un parere, di interdire il
calendario dell'Assemblea, tanto è vero che la Commissione bilancio non esprime
un parere all'Assemblea ma alla Commissione. L'articolo 79, LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Non entro nel
merito, Presidente, e la ringrazio per la risposta. PRESIDENTE. Questo è del tutto evidente;
il voto che si esprimerà oggi non pregiudica il parere della Commissione
bilancio.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Se mi consente,
Presidente, la domanda dell'onorevole Violante era un tantino retorica nel senso
che non possiamo, in Assemblea, decidere che il provvedimento è coperto quando
la Commissione bilancio ha preso atto, questa mattina, che il provvedimento non
era coperto tant'è che ha deciso di fare degli approfondimenti. Presidente, la
situazione è nuova ed io la pregherei di non creare un precedente.
L'espressione di un voto da parte dell'Assemblea con il quale si dice che il
provvedimento ha copertura (e che quindi lo stesso non è in contrasto con
l'articolo 81, comma 4, della Costituzione) inficia, infatti, PRESIDENTE. Onorevole Boccia, il voto
dell'Assemblea è politico e non tecnico. Respingere le questioni pregiudiziali
significa che si vuole passare all'esame del provvedimento, il che non
pregiudica poi l'espressione del parere tecnico da parte della Commissione,
parere che sarà relativo ai singoli articoli ed alle singole proposte
emendative. La Commissione bilancio non risponde ad un interrogativo
dell'Assemblea, bensì ad un interrogativo della Commissione di merito, ed è
quest'ultima che deve ritenersi soddisfatta o meno e, eventualmente, chiedere lo
slittamento dell'esame del provvedimento. Ciò è chiaramente scritto
nell'articolo 79, comma 7, del nostro regolamento, che invito tutti i colleghi a
leggere con attenzione. GIOVANNA GRIGNAFFINI. Chiedo di
parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor
Presidente, intervengo solo per portare una testimonianza rispetto a quanto da
lei FERDINANDO ADORNATO, Presidente
della VII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERDINANDO ADORNATO, Presidente
della VII Commissione. Signor Presidente, il regolamento non può essere
tirato come si vuole, ma è preciso. Prendo la parola anche perché tale
questione era già stata sollevata e non ero allora intervenuto (anche se a mio
parere sbagliando, e ciò l'ho anche detto personalmente ai colleghi): il
regolamento, all'articolo 79, comma 1, prevede che, quando un provvedimento è
inserito nel calendario dell'Assemblea, la Commissione di merito debba esaurirne
l'esame nel momento in cui si trova (per fortuna, anche grazie all'atteggiamento
costruttivo dell'opposizione, siamo riusciti a terminare l'esame dell'articolato
e degli emendamenti). Ciò è quello che prevede il regolamento ed io non potevo
fare altrimenti che attenermi a questo. Lo spostamento ad oggi dell'esame in
Assemblea del provvedimento è poi un fatto che non potevamo certo prevedere.
PRESIDENTE. La Commissione di merito non ha
ritenuto quindi di avvalersi, in mancanza del parere della Commissione bilancio,
dell'articolo 79, comma 7, del regolamento: questo mi sembra sia il dato
conclusivo, ed io non posso che prenderne atto. PRESIDENTE. Avverto che sono state
presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Titti De Simone n. 1,
Titti De Simone n. 2, Violante ed altri n. 3 (vedi l'allegato A - A.C. 3387
sezione 1) e la questione pregiudiziale di merito Maccanico ed altri n. 1 (vedi
l'allegato A - A.C. 3387 sezione 2), preannunciate nella Conferenza dei
presidenti di gruppo. PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta
potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da
questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti
dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Titti De Simone ha
facoltà di illustrare le sue questioni pregiudiziali di costituzionalità nn. 1
e 2.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, le
questioni pregiudiziali di costituzionalità che abbiamo presentato vertono su
due punti fondamentali. Il primo riguarda la riforma del titolo PRESIDENTE. L'onorevole Violante ha facoltà
di illustrare la sua questione pregiudiziale di costituzionalità n. 3.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente,
prima di illustrare la mia questione pregiudiziale vorrei rivolgere una domanda
al relatore. Circola voce, non so se fondata dato l'andamento ondivago del
provvedimento, che il testo dovrebbe comunque tornare al Senato in relazione
alla necessità di una correzione tecnica. Vorrei sapere se tale voce
corrisponda al vero. PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la
maggioranza. Onorevole Violante, in questo momento non siamo in grado di
valutare la questione, perché la Commissione bilancio non si è ancora
espressa. Però, diciamoci tutta la santa verità, una volta per tutte, sulla
copertura finanziaria di questo provvedimento. Signor Presidente, le chiedo
scusa, colgo l'occasione per fare un intervento nel merito. PRESIDENTE. Però, onorevole Napoli, quella
dell'onorevole Violante era una richiesta di chiarimento. Io non vorrei
toglierle la parola, ma siamo in sede di esame delle pregiudiziali, quindi prima
della discussione sulle linee generali.
ANGELA NAPOLI, Relatore per la
maggioranza. Sì, Presidente, ma dato che nelle pregiudiziali vi è anche
questo problema e visto che l'onorevole Violante mi ha posto una domanda, è
anche corretto che io risponda non solo in maniera coerente con i regolamenti,
ma anche tenendo conto delle vicende che sono passate attraverso quest'aula. LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Violante.
LUCIANO VIOLANTE. Prima di tutto
ringrazio molto l'onorevole Napoli per la risposta che ha dato, perché ha
rivelato un altro elemento di enorme incertezza su questo provvedimento e ha
meno in evidenza quanto fosse necessario - come temevo - il parere della
Commissione bilancio. Difatti, il comma 5 dell'articolo 7 fa riferimento al
bilancio triennale 2002-2004, dato che il Senato licenziò il provvedimento il
14 novembre 2002, cioè quando la legge finanziaria non era stata ancora
approvata. Il testo dovrà quindi tornare al Senato perché il triennio non è
più il 2002-2004, bensì il 2004-2007. PRESIDENTE. Sì, geistig: è la
filosofia dello spirito. Hegel. La morale faceva parte...
LUCIANO VIOLANTE. Però, c'è un
punto molto importante: la condizione spirituale è cosa completamente diversa
dalla condizione etica. È chiaro? Ciò che manca qui dentro è la formazione
civile, sottosegretario Aprea. Questa scuola non si occupa della formazione
civile. Si occupa di altro. Si occupa di un dato spirituale metafisico, che, a
mio avviso, contrasta con la libertà di coscienza e con la libertà di opinione
religiosa, previste all'interno del nostro ordinamento costituzionale, e non
cura la formazione civile. PRESIDENTE. L'onorevole Maccanico ha facoltà
di illustrare la sua questione pregiudiziale di merito n. 1.
ANTONIO MACCANICO. Signor
Presidente, quello in esame è un disegno di legge di eccezionale rilievo, perché
riguarda il nuovo ordinamento del nostro sistema scolastico e perciò merita un
esame particolarmente approfondito. La prima considerazione che la lettura del
disegno di legge suggerisce riguarda la sua compatibilità, la sua aderenza o
meno alla modifica dell'articolo 117 della Costituzione, introdotta con la
riforma del titolo V, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001. Secondo il
nuovo testo dell'articolo 117, lo Stato ha competenza esclusiva in materia di
norme generali sull'istruzione e in materia di determinazione dei livelli
essenziali dei servizi scolastici. A parte le norme generali sull'istruzione e
sui livelli essenziali dei servizi scolastici, l'istruzione è materia di
competenza concorrente Stato regioni, il che comporta per lo Stato l'onere di
fissare i principi fondamentali che devono ispirare la potestà legislativa
regionale in materia di istruzione. Si tratta, quindi, per lo Stato di due
competenze ben distinte. La prima consiste nello stabilire le norme generali e i
livelli essenziali dei servizi scolastici: competenza esclusiva. La seconda
consiste nel definire i principi fondamentali della LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente,
colleghi, signori rappresentanti del Governo, leggendo le pregiudiziali di
costituzionalità al disegno di legge n. 3387, concernente la delega al Governo
alla cosiddetta «riforma Moratti», viene quasi spontaneo evocare donna
Prassede, di manzoniana memoria, che, purtroppo, tra le poche idee ne possedeva
delle storte. Questo difetto, che l'ironico e acuto romanziere mostra di non
saper sopportare, appare lampante nel leggere le varie questioni sollevate dai
documenti depositati. Infatti, le idee storte, cioè deformate e tortuose,
possono essere raggruppate in due grandi categorie: quella delle supposizioni
inesistenti e quella delle mistificazioni banali. Innanzitutto, fanno parte
delle prime gli addebiti di spingere verso l'attuazione del regionalismo
mediante uno strumento improprio, di modificare il concetto di obbligo
scolastico trasformandolo in un fantomatico diritto-dovere, di disporre
l'adozione di regolamenti su materie che non riteniamo di competenza esclusiva
dello Stato, di pregiudicare la possibilità d'iscrizione al primo anno della
scuola d'infanzia subordinandola alla disponibilità delle risorse dei comuni,
di disciplinare l'oggetto di legislazione concorrente con provvedimenti
demandati alla potestà esclusiva del Parlamento. Si tratta di cinque
imputazioni prive di uno straccio di prove e facilmente confutabili sulla base
sia di una ricognizione rigorosa del testo in esame sia di un sorvolo lento
sostenuto dal buonsenso. Si scopre così, senza alcuna ombra di dubbio, che il
processo regionalistico non nasce oggi, che l'obbligo di istruzione e di
formazione è tuttora cogente, che il potere regolamentare non esce dalla
propria sfera di pertinenza, che l'accesso al servizio della scuola d'infanzia
è aperto a tutti e che qualsiasi pervasività ed invadenza dello Stato sono
scongiurate. Inoltre, fanno parte delle seconde, le obiezioni di ricorrere
impropriamente allo strumento della delega, di accentuare la differenziazione
sociale e territoriale PRESIDENTE. Onorevole Volontè, lei è
autorizzato ad intervenire, ma nei dintorni dell'oratore sarebbe apprezzabile il
silenzio. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Fu, ed è, una sentenza
apprezzabile e condivisa anche per l'intera Casa delle libertà, l'unica nota
positiva di quella legge, tanto che il ministro Letizia Moratti non ha esitato a
farla propria e ad inserirla nel suo disegno di legge. Mentre l'ex
ministro Berlinguer si è fermato sulla soglia di un'innovazione coraggiosa,
ripiegando e preferendo la comoda soluzione di un sistema integrato, nel senso
che la formazione professionale resta subalterna al percorso dell'istruzione PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
l'onorevole Boato al quale ricordo che ha a disposizione cinque minuti di tempo.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ho
ascoltato con attenzione, anche se con un po' di fatica per il brusio che
giustamente il collega ha lamentato, ciò che poco fa ha affermato il collega
Volontè; egli, tuttavia, non mi ha convinto, anzi credo di poter dire che non
ci ha convinti. PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di
parlare, passiamo ai voti. Dichiaro chiusa la votazione. Prendo atto che l'onorevole Brusco non è riuscito ad esprimere il proprio
voto. Dichiaro chiusa la votazione.
La ripartizione dei tempi del provvedimento è pubblicata nel vigente calendario
dei lavori (vedi calendario).
Dovremmo aprire la discussione ma poiché vedo un clamoroso vuoto tra i banchi
del Comitato dei nove e del Governo - cosa non certo prescritta dal regolamento
- mi vedo costretto a sospendere brevemente la seduta
Le ho chiesto di prestare attenzione, signor sottosegretario, perché ciò che
ho da dire riguarda un provvedimento che lei è qui per seguire, credo.
Pongo una questione regolamentare riguardante la copertura di questo
provvedimento e la mancanza del parere della V Commissione perché, signor
Presidente - lo dico anche ai colleghi - siamo nella seguente condizione: mentre
la V Commissione non ha espresso un parere sul provvedimento, sappiamo che la
copertura dello stesso è un tema che ha travagliato noi ed il Governo, in
particolare i rapporti tra i ministri dell'economia e delle finanze e quello
dell'istruzione (anche nel paese, del resto, è molto discusso se il
provvedimento abbia o meno copertura).
Ora, mi informano che, stamattina, dopo che la V Commissione aveva richiesto una
relazione tecnica in ordine alla copertura, il sottosegretario Tanzi ha risposto
che non poteva presentarla perché il Ministero dell'istruzione non aveva
fornito dati sufficienti. Quindi, a tutt'oggi, non siamo in grado di
pronunciarci, come Commissione bilancio, su questo elemento.
Orbene, l'articolo 74 del nostro regolamento stabilisce che i provvedimenti
implicanti spese - e questo comporta un onere rilevante - siano trasmessi
contemporaneamente alla Commissione competente ed alla Commissione bilancio,
dopodiché, qualora la Commissione di merito non ritenga di conformarsi al
parere espresso dalla V Commissione, debba indicarne le ragioni nella relazione
per l'Assemblea (credo che relatrice sia l'onorevole Napoli).
A questo punto, in mancanza del parere della Commissione bilancio, determinata
dal fatto che il Ministero dell'istruzione non ha fornito i dati al Ministero
dell'economia e delle finanze, poiché un elemento della questione pregiudiziale
di costituzionalità da noi presentata riguarda proprio il problema della
copertura, un eventuale pronunciamento della Camera al riguardo rischierebbe di
vincolare la V Commissione. Peraltro, la Camera si pronuncerebbe senza disporre
dei dati materiali occorrenti considerato che, stando a quanto ci ha detto il
sottosegretario Tanzi, non ne dispone nemmeno il Ministero dell'economia delle
finanze!
Allora, signor Presidente, poiché, stando così le cose, opereremmo in
violazione dell'articolo 74 del regolamento - neanche il Governo, peraltro,
avrebbe i dati relativi alla copertura -, chiedo che la discussione venga
posposta a più
Credo che una proroga di alcune ore, a stasera o a domattina, nulla tolga alla
nostra discussione e ci consenta di deliberare a ragion veduta in merito alla
copertura di un provvedimento che ritengo di rilevanza capitale per il nostro
paese.
La Commissione cultura ha concluso regolarmente l'esame del provvedimento,
votando tutti gli emendamenti che erano stati presentati nei tempi prestabiliti.
Il voto della questione pregiudiziale di costituzionalità era stato già
calendarizzato per la settimana scorsa. Vero è la Commissione bilancio non ha
espresso il suo parere sul provvedimento, ma è altrettanto vero che tale parere
non incide sul voto della questione pregiudiziale.
C'è anche da considerare, signor Presidente, che, non a caso, all'ordine del
giorno della seduta odierna figurano solo il voto della questione pregiudiziale
e la discussione sulle linee generali.
Io credo che la questione posta dal presidente Violante potrà essere
considerata di nuovo qualora domani, nel momento in cui iniziamo l'esame del
provvedimento con la votazione degli emendamenti e degli articoli, fossimo
ancora in
Presidente, la Commissione bilancio ha già ritenuto che non vi sia chiarezza
nelle coperture finanziarie tant'è che si è mossa per acquisire la relazione
tecnica proprio al fine di fare chiarezza. Dunque, l'Assemblea si trova a dover
decidere sulle questioni pregiudiziali in presenza di un atteggiamento della
Commissione bilancio che già dice che questo provvedimento non è corretto.
Qualora respingessimo la questione pregiudiziale, di fatto scavalcheremmo il
parere della Commissione bilancio dicendo che questo provvedimento è coperto,
dunque il parere della bilancio non avrebbe più senso in quanto già scavalcato
da un giudizio dell'Assemblea.
Allora, Presidente, anche per non creare un precedente, trattandosi di una
questione pregiudiziale che esplicitamente prevede la violazione del comma 4
dell'articolo 81, non possiamo proprio procedere, altrimenti dobbiamo procedere
accogliendo la questione pregiudiziale, in sintonia con la Commissione bilancio (Applausi
dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di
sinistra-l'Ulivo).
Per queste ragioni, pur condividendo la preoccupazione politica, a norma di
regolamento e naturalmente auspicando che, quando si arriverà alla discussione
di merito sul testo e sugli emendamenti, la Commissione bilancio avrà espresso
il prescritto parere, a norma dell'articolo 79, comma 7, del regolamento non
posso accogliere la richiesta di sospensione.
In relazione a quanto lei ha detto e a quanto ha detto prima il presidente Vito
vorrei chiederle una cosa: questo significa che il voto che eventualmente
esprimeremo sulla questione pregiudiziale non interferisce né pregiudica il
parere della Commissione bilancio; è così?
Signor Presidente, a questo punto non è la Commissione bilancio che poteva
esprimere il parere e non lo ha fatto! Ci troviamo in una situazione che non
riguarda il provvedimento (se così fosse, infatti, lei avrebbe ragione)! Mi
permetto di interpretare come retorica, e per la verità anche come ironica, la
domanda del presidente Violante; la questione è un'altra: noi stabiliamo in
Assemblea che il provvedimento ha copertura e che quindi non è contrario alla
Costituzione. A questo punto che senso ha che la Commissione bilancio formuli
pareri ed emendamenti sostenendo che non vi è copertura, quando l'Assemblea ha
deciso che il provvedimento è coperto? Signor Presidente, tale questione va
risolta in chiave generale, perché altrimenti si crea un precedente di non poca
entità!
Se devo aggiungere qualcosa, le dico che condivido la sua preoccupazione
politica, ma dal punto di vista regolamentare non trovo ora appigli per
sospendere l'esame di questo provvedimento. Vedrà che, leggendo attentamente le
norme regolamentari, converrà con la mia decisione.
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più
questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione.
Dopo l'illustrazione, potrà intervenire un deputato per ciascun gruppo, diverso
da quello dei firmatari, per non più di cinque minuti.
La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha introdotto modifiche all'articolo 117
della Costituzione, prevedendo in particolare, per quanto riguarda il sistema
dell'istruzione, che la materia non sia più di esclusiva competenza dello
Stato, ma in parte di competenza concorrente, in altra esclusiva delle regioni.
È un provvedimento che già allora criticammo duramente.
In particolare, la lettera n) del secondo comma dell'articolo 117
prevede, tra le competenze esclusive dello Stato, le norme generali
sull'istruzione. A questo riguardo, il quadro costituzionale di riferimento va
completato ricordando l'articolo 33 della Costituzione, secondo cui lo Stato
detta norme generali sull'istruzione. Allo stato attuale le regioni sono
titolari di potestà legislativa concorrente in materia di istruzione entro i
limiti rappresentati dai principi fondamentali posti dallo Stato, cui spetta
legiferare in esclusiva sulle norme generali.
Questa duplice collocazione della materia istruzione è stata oggetto di un
conflitto costituzionale interpretativo che non si è ancora esaurito e
chiarito, perché la legge n. 3 del 2001 crea, in materia di istruzione,
pericolose confusioni di potere. Da una parte, assegna allo Stato competenza
esclusiva sulle norme generali in materia di istruzione e, nel contempo, chiama
le regioni a concorrere alla legiferazione. È una prospettiva di
regionalizzazione differenziata, quella già determinata dalla riforma del
titolo V della Costituzione, su cui pesa tra l'altro l'acuirsi di gravi divari
socio economici e che, in una situazione di indeterminatezza e di caos nella
partizione tra materie di competenza esclusiva e concorrente, rischia oggi di
aprire la strada, con l'approvazione di questa delega, ad un nuovo contenzioso
defatigante fra Stato e regioni.
Vorremmo, quindi, aggiungere che ci sembra, in questo senso, che il disegno di
legge di delega al Governo in materia di istruzione acceleri i tempi di una
riforma costituzionale, su cui tra l'altro si sta discutendo in Parlamento, con
il dibattito sulla devolution, nella direzione di un regionalismo di
fatto, quando prevede che una quota dei curricoli scolastici, ossia i
piani di studio personalizzati, siano di stretta competenza regionale,
intervenendo, quindi, su un terreno strettamente costituzionale.
La questione pregiudiziale di costituzionalità che qui presentiamo vuole,
dunque, sottolineare come si voglia, in realtà, introdurre una modificazione di
natura costituzionale con una legge ordinaria, perché la formula scelta dal
Governo, di fatto, va nella direzione di anticipare un processo di revisione
costituzionale in atto nella discussione parlamentare, dirimendo un'ambiguità
che non è di competenza governativa dirimere.
Il nostro sistema delle norme e del diritto ha, infatti, organi e competenze
specifiche e riteniamo, dunque, che un provvedimento governativo avente forza di
legge ordinaria non possa inserire elementi che vadano in una direzione o in
un'altra, introducendo di fatto un'ulteriore riforma del titolo V della
Costituzione.
La seconda questione pregiudiziale di costituzionalità è ancora più delicata
per l'impatto sociale e culturale che rappresenta per il paese. La legge delega
abolisce, di fatto, l'obbligo scolastico sancito dall'articolo 34 della
Costituzione. Riteniamo estremamente grave e pericoloso che il Governo introduca
nel sistema una modifica costituzionale, tra l'altro, con una legge ordinaria.
L'abrogazione della legge n. 9 del 1999, che aveva innalzato l'obbligo a dieci
anni, prevedendone una prima applicazione a nove, riconduce l'obbligo scolastico
agli otto anni precedenti. L'Italia è il primo paese occidentale che prevede
una riduzione dell'obbligo scolastico.
Riteniamo che nel parlare di diritto-dovere, come fa la riforma Moratti, invece
che di obbligo di fatto si realizzi una modificazione del principio giuridico
fondante previsto dall'articolo 34 della Costituzione. Non si tratta, signori
del Governo, dell'abolizione di un'antiquata dizione di obbligo, come riferite
pubblicamente nel tentativo di sminuire la portata del vulnus
costituzionale che state tentando di aprire.
Leggo dal documento Bertagna che l'obbligo scolastico oggi rischia di risultare
più un handicap che una risorsa al pieno sviluppo dei diritti di
cittadinanza e, quindi, bisogna superare sostanzialmente i termini di obbligo
scolastico e obbligo
formativo riconducendoli ad un diritto alle esperienze educative organizzate
di istruzione e di formazione. Da qui le ragioni della nostra questione
pregiudiziale. Il soggetto è il bambino o la ragazza che ha il diritto di
studiare e che pretende per sé la soddisfazione di tale diritto. L'obbligo
scolastico grava, invece, su chi ne ha la responsabilità educativa: la
collettività, lo Stato. Un principio fondativo dello Stato di diritto obbliga
lo Stato a mettere tutti nelle condizioni di espletare tale obbligo e fissa una
responsabilità collettiva, sociale, solidaristica nel rimuovere gli ostacoli
che si frappongono alla piena esigibilità di tale diritto individuale e dovere
collettivo.
Ciò che si propone nella legge delega è una modificazione sostanziale del
principio costituzionale. Il dovere di studiare o il dovere morale di
riconoscere il diritto allo studio nella dimensione personale e collettiva non
corrisponde all'obbligo. Non è un caso, infatti, che tale dovere finisca per
essere sminuito dal fatto che basta, in questo modello di riforma, una qualifica
qualsiasi, un titolo professionale qualunque, per aver espletato questo
diritto-dovere. L'espletamento del ciclo dell'obbligo anche nella formazione
professionale dice chiaramente quale sia il disegno organico.
Riteniamo che il Governo utilizzi il proprio potere legislativo per modificare
di fatto la norma costituzionale che afferma, attraverso l'obbligo,
l'uguaglianza sostanziale di un diritto primario come quello allo studio. La
responsabilità condivisa di costruire una cultura collettiva viene sostituita
da un diritto-dovere privato sottoposto alla selezione delle condizioni sociali
di partenza ed alle diseguaglianze che le determinano a fronte, oltretutto, di
gravi ed attuali fenomeni di dispersione scolastica, di evasione dell'obbligo,
di abbandoni.
La declinazione delle finalità che si intendono perseguire attraverso
l'intervento legislativo organico sul sistema scolastico non può essere ambigua
e prevedere forzature istituzionali e giuridiche circa la funzione istituzionale
che la Costituzione assegna alla scuola. Un richiamo forte ai principi
costituzionali di cui la scuola pubblica è diventata negli ultimi quarant'anni
luogo di pratica concreta è stato rivolto in questo senso recentemente dal
Presidente della Repubblica. Il vulnus
che qui si propone non può rimanere nascosto e taciuto, ma va denunciato al
Parlamento, alla società e riportato nuovamente all'attenzione del Presidente
della Repubblica che dovrà firmare questo provvedimento.
Faccio appello, colleghi e colleghe, a quanti, anche fra la maggioranza, per
percorsi storici, culturali e politici - mi riferisco, ad esempio, alla cultura
ed alla tradizione cattolica - hanno condiviso e contribuito, nella stesura
della Carta costituzionale, a quella funzione istituzionale che la Costituzione
assegna alla scuola perché il primato di civiltà rappresentato dall'obbligo
scolastico non venga stravolto, tra l'altro con un sotterfugio meschino e con
uno strappo istituzionale che rischia di avere ricadute gravissime per il futuro
del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
ANGELA NAPOLI, Relatore per la
maggioranza. Chiedo di parlare.
È già superato dagli interventi e dall'inizio ...
Onorevole Violante, era prassi nella scorsa legislatura che, quando un ramo del
Parlamento licenziava un provvedimento legislativo con la copertura finanziaria
e lo stesso provvedimento veniva esaminato dall'altro ramo del Parlamento, a
scavalco delle finanziaria, cioè con una nuova finanziaria, il provvedimento
era ritenuto valido nella sua copertura finanziaria. Poiché abbiamo un
provvedimento che è già stato approvato da un ramo del Parlamento con la
relativa copertura finanziaria, non vedo per quale motivo adesso qui dovrebbero
sorgere dei problemi.
Pertanto, per quello che mi riguarda, non so se dal punto di vista tecnico potrà
esserci la necessità di una leggera
Dico questo, dato che i colleghi della maggioranza ritengono vi sia invece un
monocameralismo di fatto, nel senso che, una volta approvato un testo in uno dei
due rami del Parlamento, l'altro non deve modificarlo - questo vale tanto per
noi, quanto per il Senato -, mentre la realtà è che il testo dovrà comunque
tornare al Senato. In questo caso, peraltro, siamo su un tema fondamentale per
qualunque paese moderno e democratico, quello riguardante appunto l'assetto
della scuola. Pertanto, dato che il testo dovrà comunque tornare al Senato,
invito quindi i colleghi della maggioranza e quelli dell'opposizione a valutare
attentamente la situazione. Il ragionamento che si era fatto fino a qualche
tempo (non si può modificare nulla), impedendo così ai colleghi della
maggioranza di presentare emendamenti e respingendo quelli dell'opposizione, non
sta più in piedi. Questo è il ragionamento che volevo fare. Quindi il testo
comunque tornerà al Senato ed è necessario a questo punto che si prendano
seriamente in esame gli emendamenti presentati.
Per quanto riguarda il merito delle nostre pregiudiziali, le questioni sono di
due tipi: la prima attiene al rapporto che passa tra l'impianto del testo
presentato dal Governo e approvato dal Senato e l'articolo 117 della
Costituzione, che come richiamava prima la collega De Simone, riguarda
sostanzialmente lo statuto costituzionale della scuola.
La lettera n), del primo comma, dell'articolo 117, della Costituzione,
attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva sulle norme generali
sull'istruzione. Il secondo comma dello stesso articolo tratta dell'istruzione
come materia di legislazione concorrente stabilendo che, nelle materie di
legislazione concorrente, spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che
per la determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione
dello Stato. Quindi, lo Stato detta le norme generali e i principi fondamentali,
spettando poi alle regioni l'attuazione dei principi fondamentali nell'ambito
del proprio potere statutario.
Se guardiamo il provvedimento nell'attuale formulazione, mi chiedo: le norme
previste all'articolo 2 e seguenti cosa sono? Sono disposizioni generali o
principi fondamentali? Sembrerebbero disposizioni generali perché il comma 1
dell'articolo 1 stabilisce che il Governo è delegato adottare uno o più
decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione. E i
principi fondamentali dove sono? Praticamente, siamo di fronte ad una
legislazione in materia concorrente, dove non ci sono principi fondamentali a
meno che, all'intero di questa materia, il Governo non ritenga di dettare
insieme norme generali e principi fondamentali. Il che andrebbe al di là della
delega, in quanto ciò non è previsto.
Un altro problema assai delicato - che credo stia a cuore anche ai colleghi
della maggioranza - è quello relativo al rapporto che intercorre tra Parlamento
e Governo e tra Stato centrale e regioni in ordine a chi abbia il potere di
determinare i principi fondamentali. Non credo assolutamente - e dello stesso
avviso è anche gran parte della dottrina costituzionalista - che il Governo
possa farsi delegare ad emettere i principi fondamentali. Infatti, in base alla
Costituzione, la delega vale per ben altro.
Qui, invece, siamo di fronte ad un Governo che non ci dice bene cosa voglia
fare. L'espressione «principi fondamentali», in questo disegno di legge, non
esiste, non si sa quali siano tali principi e si prevede una delega che riguarda
tanto le norme generali quanto quelle che dovrebbero spettare alle regioni.
Da questo punto di vista, il presente provvedimento è assolutamente fuori
dall'articolo 117 della Costituzione e, allo stesso modo di altri provvedimenti
adottati da questo esecutivo,
Il secondo profilo riguarda i diritti fondamentali dei cittadini. Invito i
colleghi ad osservare l'articolo 7 che, al comma 4, contiene una disposizione di
particolare gravità. In particolare, in tale comma si prevede che non vi è un
uguale assetto dei diritti dei bambini e delle bambine italiane in qualunque
comune vivano. Infatti, si stabilisce che l'età per l'iscrizione alla scuola
dipende dalle risorse dei comuni a seconda delle disponibilità finanziarie
dello Stato. Ciò vuol dire che un comune ricco consentirà ai bambini di
iscriversi prima e un comune povero no. Dunque, i comuni del nord o del centro,
che sono in media più ricchi, daranno una chance in più ai bambini e
alle bambine, mentre i comuni del sud, che in media sono più poveri, daranno
una chance di meno a tali soggetti; il che vuol dire anche un accesso
diverso al mercato del lavoro.
Si tratta di una disposizione che viola profondamente i diritti fondamentali dei
cittadini e spero che, nel corso dell'esame del provvedimento, questa norma sia
sostanzialmente modificata, in quanto non si possono lasciare le garanzie dei
diritti fondamentali alle disponibilità finanziarie dei comuni.
La terza questione riguarda la copertura finanziaria del disegno di legge in
esame. Anche dalle dichiarazioni testé rese dal relatore per la maggioranza, è
chiaro che il provvedimento è privo di copertura finanziaria. So che, su questo
terreno, si vorrebbe ricorrere ad una manovra già adoperata a proposito del
fisco e che si userà per la previdenza, vale a dire quella di procedere ad
un'attuazione graduale del provvedimento. Chiunque si occupa di scuola sa bene
che l'attuazione graduale, in questa materia, non è possibile né si può far
dipendere il livello dei diritti dalle disponibilità finanziarie. Per cui,
finché non ci sarà una parola chiara su quante risorse vi sono - che, tra
l'altro, non devono dipendere via via dalle singole leggi finanziarie, ma devono
essere conosciute prima e permanentemente - poniamo i nostri figli, i nostri nipoti, la nostra scuola e
le giovani generazioni in balia dei cicli economici.
Credo che questo non accada in nessun paese del mondo. Ed è chiaramente una
formidabile lesione dei diritti di uguaglianza dei cittadini.
Alla fine, vorrei affrontare una questione che non so quanti colleghi interesserà,
ma interessa molto noi e credo che interessi anche lei, signor Presidente.
Ad un certo punto, nell'articolo 2 del provvedimento si dice che è promosso il
conseguimento di una formazione spirituale e morale. Ripeto: spirituale e
morale. Spirituale e morale: se sono sinonimi, allora basta un termine. Basta «morale».
Se non sono sinonimi, significano qualcosa che o non ha alcun fondamento o è
espressione di uno spirito totalitario. Spirituale vuol dire geistig:
dello spirito.
E qui arriviamo alla parte finale. Signor Presidente, ricordo che, durante la
scorsa campagna elettorale, un manifesto della Casa delle libertà o di Forza
Italia - non ricordo - faceva riferimento a tre «I»: internet, inglese e
un'altra parola. Credo che fosse: impresa. Non si faceva riferimento ai valori
civili perché è tipico della cultura mercantile che la scuola non si occupi
dei valori civili, che la scuola non formi cittadini, che la scuola non formi a
questi valori ma che formi soltanto soggetti produttori.
Qui c'è la grande differenza tra noi e voi. Il grande motivo di differenza tra
il progetto della destra e il progetto del centrosinistra in materia di scuola
è che voi non state pensando ad un cittadino formato in una scuola uguale in
Questi sono i motivi di fondo per cui siamo contrari al provvedimento.
Oltretutto, sottosegretario Aprea, crediamo che questo provvedimento sia
contrario ad alcuni assi fondamentali, in quando ricostruisce una scuola
verticale, una scuola basata sull'autoritarismo e su valori di carattere
autoritario, che non forma i cittadini. Questo è l'elemento di fondo. E per
questo siamo profondamente contrari a questo testo (Applausi dei deputati dei
gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e
Misto-Verdi-l'Ulivo).
Ora mi pare che il disegno di legge trascuri totalmente questo nuovo impianto
ordinamentale previsto dall'articolo 117 della Costituzione. Innanzitutto,
l'area coperta dalle deleghe è di ampiezza tale da rendere veramente
incomprensibili quali siano le competenze regionali: si tratta di una pervasività
che non lascia spazio residuo. Potrebbe sembrare che sotto il vasto ombrello
della delega si intenda comprendere sia le norme generali, sia i principi
fondamentali che dovrebbero ispirare la competenza regionale in materia: ciò
non è consentito. Non si tratta, come ho detto, di norme sovrapposte, ma di
norme di natura diversa. Infatti, se il ricorso allo strumento della delega è
certamente legittimo quando si tratta di competenze esclusive dello Stato, come
sono le norme generali e quelle relative ai livelli essenziali delle
prestazioni, esso non lo è quando si tratta di fissare i principi fondamentali
della legislazione regionale in materia di legislazione concorrente e ciò per
due ragioni: una logica e l'altra ordinamentale. Quella logica è che le norme
deleganti per l'articolo 76 della Costituzione devono contenere principi e
criteri direttivi. Sono pensabili principi e criteri direttivi di principi
fondamentali della legislazione regionale? Sarebbe un vero caso di petitio
principii. La ragione ordinamentale è che la determinazione dei principi
fondamentali per la legislazione regionale deve necessariamente essere
competenza del Parlamento, perché l'articolo 11 della legge costituzionale n. 3
del 2001 dispone una procedura aggravata per i disegni di legge che riguardano
materie di cui al terzo comma dell'articolo 117, vale a dire le materie di
legislazione concorrente. La procedura prevede il parere della Commissione
bicamerale per le questioni regionali integrata dai rappresentanti regionali e
l'impossibilità di superare questo parere se non con votazione dell'Assemblea a
maggioranza assoluta dei suoi componenti. Questa procedura esclude la possibilità
del ricorso alla delega.
Com'è evidente, norme generali e principi fondamentali per la legislazione
regionale sono disposizioni di genere diverso: il disegno di legge in esame
ignora questa distinzione. Un'altra distinzione che il disegno di legge ignora
è quella tra istruzione e formazione professionale. Quest'ultima è competenza
esclusiva
delle regioni e non può essere confusa con l'istruzione che è diritto di
ogni cittadino. Ora il Governo non troverebbe in me né opposizione, né riserva
se il suo intento fosse quello di riportare all'esclusiva competenza dello Stato
tutta la materia dell'istruzione e della formazione professionale. Potrei anche
plaudire, ma per realizzare questo intento dovrebbe seguire la via della riforma
dell'articolo 117 della Costituzione, non quello di una legge di delega che
apertamente contrasta con la normativa costituzionale vigente. In realtà, il
Governo segue una linea opposta e del tutto contraddittoria. Mi domando come può
lo stesso Governo presentare questo disegno di legge di delega, che quasi
cancella la competenza concorrente delle regioni, e il disegno di legge
costituzionale detto della devolution che prevede al contrario il
trasferimento alle regioni della competenza esclusiva in materia di istruzione?
Si tratta di una contraddizione che ha rilevato lo stesso Comitato per la
legislazione e che a me pare veramente insanabile, poiché si tratta di un tema
decisivo per l'avvenire del paese l'istruzione, questa contraddizione è
veramente intollerabile e pericolosa e investe in pieno la nostra responsabilità
di legislatori.
Un altro rilievo riguarda la copertura finanziaria del disegno di legge a norma
dell'articolo 81 della Costituzione. Se ne è parlato, ma è bene ribadire che
è chiaro che la copertura finanziaria di cui all'articolo 7 è del tutto
parziale e limitata. Infatti, al terzo comma dell'articolo 1 si prevede che, per
la realizzazione delle finalità della legge, il ministro per l'istruzione,
l'università e la ricerca predisporrà un piano programmatico di interventi
finanziari: ciò non è consentito. Una legge di delega non può rinviare a data
successiva la sua entrata in vigore l'indicazione della copertura finanziaria
del provvedimento stesso. E poi, che cos'è un piano programmatico di
intervento? Sarà esso sottoposto al Parlamento? La norma richiamata non lo
dice.
Sono queste, onorevoli colleghi, le ragioni per le quali ritengo fondate le
questioni pregiudiziali che abbiamo presentato (Applausi dei deputati del
gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
l'onorevole Volontè, al quale ricordo che ha cinque minuti a disposizione. Ne
ha facoltà.
La seconda è per la rigenerazione transitiva dell'assetto vigente nei due
canali in cui, con significative modifiche, dovrebbe venire accolto tutto ciò
che risulta conveniente, redditizio e riuscito nel regime attuale. Non si tratta
di un semplice riciclaggio delle cose passate e presenti, ma di una
ricostruzione complessiva della tradizione scolastica italiana. Tuttavia, il
disegno di legge n. 3387, all'esame della Camera, non viene considerato né una
Sacra Bibbia né una pietra fiolosofale capace di tramutare in vile metallo ogni
oro pregiato.
I gruppi parlamentari della Casa delle libertà hanno compreso le buone ragioni
del Governo e del ministro Moratti; hanno aderito al loro invito e deciso di
rappresentare le loro proposte, con ordini del giorno non declamatori, alcuni
contenuti che, nel rispetto delle norme varate, devono trovare accoglienza. Ogni
gruppo parlamentare, nel quadro delle politiche per l'istruzione e la
formazione, crede in alcuni valori e nelle formule in cui gli stessi si
reificano: mi riferisco alla ritardata e graduale attuazione dell'anticipo, alla
natura e alla dignità del secondo canale che deve essere autorevole come il
primo, alla preparazione dei docenti e alla loro qualificazione professionale,
alla tutela degli istituti con peculiari caratteristiche di natura tecnica e
professionale e al ristabilimento di un alto grado di equanimità e di parità
tra le diverse categorie di precariato.
Per tali motivi, chiedo, a nome della Casa delle libertà, l'espressione di un
voto contrario sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate al
provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei
democratici cristiani e dei democratici di centro).
Ho sottoscritto insieme agli altri colleghi del centrosinistra la questione
pregiudiziale di costituzionalità e quella di merito presentate al
provvedimento ed illustrate dal collega Maccanico e dal presidente Violante.
Condivido tutto ciò che essi hanno affermato in merito ed in particolare la
rigorosa esposizione e le motivazioni addotte dal collega Maccanico anche sotto
il profilo costituzionale.
Collega Volontè, colleghi della maggioranza, credo che se voi leggeste, forse
molti di voi non lo hanno ancora fatto, con attenzione il disegno di legge in
esame vi accorgereste che, effettivamente, vi sono molti motivi, sia sotto il
profilo costituzionale sia sotto quello del merito, per essere fortemente
critici e per deliberare, come noi proponiamo, una sospensione dell'esame del
suddetto.
Siamo di fronte ad una situazione generale che potrei definire (tra virgolette e
senza offesa per nessuno) «schizoide»: con una mano, il Governo (firmatari
Berlusconi e Bossi) presenta una riforma dell'articolo 117 della Costituzione,
la cosiddetta devoluzione, con la quale si attribuisce competenza esclusiva alle
regioni in materie che riguardano l'istruzione, mentre con l'altra mano (mi
riferisco al disegno di legge in esame), si autoattribuiscono da parte della
maggioranza al Governo competenze anche in quelle materie che già oggi non sono
di competenza esclusiva dello Stato, ma di competenza concorrente, come risulta
dalla lettura dell'articolo 117 della Costituzione. Secondo il comma 3 del
suddetto articolo: «Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a:
(...), istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione dell'istruzione e della formazione professionale (...)». Dalla
lettura del testo costituzionale risulta assolutamente evidente, quindi, che le
materie dell'istruzione e della formazione professionale rientrano già oggi
(non occorre aspettare Bossi) nella competenza esclusiva o residuale, come
Altre materie, oggetto di questo disegno di legge, rientrano comunque nel terzo
comma dell'articolo 117 della Costituzione e, quindi, sulle medesime il
Parlamento può esclusivamente dettare i principi fondamentali, mentre le
suddette sono, secondo il disegno di legge in esame, ricomprese in altre, norme
generali sull'istruzione e determinazione dei livelli essenziali, disciplinate
dal secondo comma dell'articolo 117 sulle quali effettivamente lo Stato ha
legislazione esclusiva.
Tuttavia, mentre su queste materie potrebbe esserci una delega legislativa,
cioè su quelle materie oggetto di competenza esclusiva dello Stato, sulle
materie di competenza concorrente, dove lo Stato, tramite il Parlamento, non può
che dettare i principi fondamentali, è inimmaginabile che vi sia una delega
legislativa al Governo perché se Parlamento deve già dettare principi
fondamentali, non si comprende come possano esservi principi e criteri direttivi
sui principi fondamentali.
Si tratta quindi di una schizofrenia «istituzionale» nel rapporto fra il
disegno di legge costituzionale Bossi, che vedo qui presente, in materia di
devoluzione e questo disegno di legge; vi è schizofrenia inoltre in materia di
rapporti fra la competenza esclusiva dello Stato, la competenza concorrente fra
Stato e regione e quella residuale di primaria competenza delle regioni.
Si lede quindi sotto diversi profili l'articolo 117 della Costituzione vigente;
è come se voi voleste cambiare il testo costituzionale, da una parte,
attraverso la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione,
attraverso il disegno di legge sulla devoluzione, - la procedura è corretta, il
testo è sbagliato -, e dall'altra addirittura modificare il contenuto della
norma costituzionale attraverso un disegno di legge ordinario, ledendo quindi
non soltanto l'articolo 117 della Costituzione, non soltanto l'articolo 76 della
Costituzione in materia di leggi delegate, ma anche lo stesso fondamentale
articolo 138 della Costituzione che prevede le procedure di revisione
costituzionale.
Inoltre, e mi avvio alla conclusione, in questo disegno di legge è prevista una
potestà regolamentare in capo al Governo sull'intera materia, anche su quelle
materie oggetto di competenza concorrente o addirittura su quelle oggetto di
competenza residuale delle regioni, quando l'articolo 117 comma quinto prevede
che la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salvo delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta alle
regioni in ogni altra materia e quindi con questo disegno di legge si invade
anche sotto il profilo delle competenze oggetto delle fonti regolamentari,
l'ambito riservato alla fonte regolamentare. Da ultimo:
vi è una palese violazione dell'articolo 81 della Costituzione per quanto
riguarda il profilo della copertura finanziaria.
Per questo insieme di ragioni, invitiamo ad esprimere voto favorevole sulle
pregiudiziali di costituzionalità e su quella di merito che i gruppi dell'Ulivo
congiuntamente hanno presentato (Applausi dei deputati del gruppo del
Misto-Verdi-l'Ulivo).
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento
elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle
questioni pregiudiziali di costituzionalità Titti De Simone nn.1e 2 e Violante
ed altri e n.3.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 406
Votanti 402
Astenuti 4
Maggioranza 202
Hanno votato sì 170
Hanno votato no 232
Sono in missione 63 deputati.
(La Camera respinge - Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla
questione pregiudiziale di merito Maccanico ed altri n. 1.
(Segue la votazione).
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 404
Votanti 400
Astenuti 4
Maggioranza 201
Hanno votato sì 170
Hanno votato no 230
Sono in missione 63 deputati.
(La Camera respinge - Vedi votazioni).
Prendo atto che l'onorevole Brusco non è riuscito ad esprimere il proprio
voto.
Ricordo che la discussione sulle linee generali avrà luogo oggi al termine
delle votazioni.
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