UGO FOSCOLO

LA VITA E LA SCELTA DELL' ESILIO

Ugo Foscolo nacque nel 1778 da padre italiano e madre greca a Zante, un'isola greca governata dai veneziani. Da subito la sua biografia si rivela avventurosa e piena di scelte coraggiose, di appena dieci anni capitanò uno brigata di monelli all'attacco del ghetto per liberarne gli ebrei che vi erano rinchiusi. Il piccolo Foscolo riuscì nel suo intento ma fu arrestato; quest'esperienza non lo demotivò, al contrario, gettò le basi per quel desiderio di libertà che tanta parte della sua vita segnò. Arrivato a Venezia egli è il più attivo cospiratore contro gli inetti governanti della Repubblica veneta, non solo, sull'innesto delle idee liberali della Rivoluzione francese egli  parla liberamente, alza la voce e viene arrestato nuovamente. Ma Napoleone è ormai vicino a Venezia e gli inquisitori  lasciano andare Foscolo che va a Bologna e si arruola nell'esercito di Napoleone. Lo stato d'animo con cui il nostro poeta guarda al generale francese è di  fiducia, di aspettativa, lo considera un eroe. Di questa  speranza nella missione di Napoleone è documento l'ode a Bonaparte Liberatore in cui il generale appare come il campione della Francia rivoluzionaria che « intuona e diffonde di Libertade il nome e mare e cielo libertà risponde». Ma già due anni dopo, il «Liberatore» lo costringe alle prime dolorose esperienze ed a un' amara delusione a causa del trattato di Campoformio e, ristampando l'ode nel 1799, l'accompagna con una lettera dedicatoria in cui  Foscolo esprime la sua delusione politica. Con il trattato di Campoformio Venezia è venduta all' Austria  e Foscolo si trova di fronte a un bivio, egli scrive: «Ho stimato mio dovere di tentare con tutte le mie forze che l'Italia potesse in qualche modo risorgere. Però abbracciai il partito delle armi da giovinetto; la libertà, e se non altro l'onore stanno sempre nelle armi». Lo stesso onore e la stessa libertà con cui bisogna esercitare la professione dello scrittore, dire le verità che sembrano utili anche se ingrate, disprezzare i favori del tiranno e dei suoi servitori. Fortissima la sua opposizione e la sua difesa della libertà e della dignità dell'Italia, alludendo a una Italia unita e indipendente, di questi pensieri scrive liberamente sul «Monitore», ma la rivista viene soppressa. Allora Foscolo trova un altro modo per esprimere le sue idee e lo fa tramite la tragedia, nell' Aiace, sono chiare le ostili allusioni a Napoleone ma la tragedia viene proibita dopo due rappresentazioni. Attorno a Foscolo non c'è nessuno a sostenerlo, al contrario, tutti i letterati servili e pieghevoli gli sono contro, indicativo a tal proposito è lo scambio di opinioni tra il poeta e Monti; questi gli suggerisce: « Il tuo studio deve essere di conservarti la grazia del principe. Aggiungi dunque alla tua prolusione una parola, un cenno che apertamente tocchi le lodi dell' imperatore e del principe». E Foscolo risponde: «Vi prego di considerare, mio caro Monti, che appunto alla costanza d'ogni mia opinione ho sempre sacrificato e sacrifico le comodità della vita, la lusinga d'onori e persino la speranza di morire fra le braccia di parenti, d'amici e di cittadini».  Mai parole furono più profetiche, la notte del 30 marzo 1815 egli lasciò l'Italia. La scelta dell'esilio fu dura e difficile, in una lettera lasciata alla madre e alla sorella, il poeta giustifica la sua scelta e parla di onore e coscienza che gli vietano di prestare giuramento agli austriaci. Eppure il governo austriaco gli aveva prospettato una rivincita, egli l'oppositore del precedente regime, escluso dai giornali napoleonici,  ora poteva dirigere una rivista letteraria. Foscolo preparò un progetto e il governo austriaco l'accettò, l'intellettuale capì immediatamente che l'interesse del nuovo governo era dimostrare che lo scrittore incontaminato che non si era mai piegato a lodare Napoleone, si fosse sottomesso all'Austria. Per la libertà, passione perpetua della sua vita, egli dunque, si avventura «come profugo alla fortuna ed al cielo» e raggiunge la Svizzera e da qui l'Inghilterra, in questa terra straniera cerca invano di crearsi un ambiente cordiale e una vita dignitosa e indipendente. Muore in miseria con l'unico conforto dell'affetto della figlia Floriana il 10 settembre 1827.

Il romanzo che si ricollega immediatamente alle esperienze di vita di Ugo Foscolo, alle passioni, agli ideali giovanili, alle speranze attese e poi deluse è il romanzo epistolare Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis.  E' composto dalle lettere che Jacopo Ortis avrebbe scritto a Lorenzo Alderani  il quale poi, dopo il suicidio del giovane le avrebbe pubblicate assieme a una presentazione e a una conclusione; nella presentazione Alderani esorta il lettore a mostrare compassione per il giovane eroe.

 

 

LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS

Il romanzo fu pubblicato nella versione definitiva nel 1817 ma prima di questa data e di questo titolo ultimo, Foscolo aveva pensato a una versione dal titolo Laura, lettere probabilmente ispirato all'amore per Isabelle Teotochi Albirizzi; successivamente le esperienze biografiche e letterarie lo indussero ad allargare il progetto iniziale e nel 1798 pubblica a Bologna il primo Ortis, questi erano gli anni in cui Foscolo partecipava alla guerra contro gli austro-russi, dovette perciò interrompere il romanzo che fu ripreso e rimaneggiato per volontà dell'editore e pubblicata l'anno dopo con un nuovo titolo, Vera storia di due amanti infelici. Ben presto Foscolo scomunica questa edizione e riprende il romanzo che pubblica, con l'aggiunta di una lettera antinapoleonica di una Notizia bibliografica, a Milano, a Zurigo, a Londra nel 1817.

Alla base del romanzo la  doppia delusione di  un giovane generoso tradito  nei suoi ideali di patria  e di amore destinato inevitabilmente alla morte. La vicenda prende le mosse dal trattato di Campoformio con il quale Napoleone vendeva Venezia all'Austria e si dimostrava insensibile alle aspirazioni  del popolo italiano, al giovane Jacopo, cadute miseramente le sue speranze di libertà, non resta che rifugiarsi sui colli Euganei e da qui   cercare di placare lo sconforto nella solitudine di quei luoghi. Sforzo vano visto che il romanzo si conclude con il suicidio del protagonista. La sfiducia, il lamento, il pianto, l'invocazione della morte sono temi costanti nel romanzo che definiscono chiaramente l'atmosfera dell'opera, quasi si trattasse di una tragedia ormai al suo epilogo, in cui la scelta tragica del protagonista è già compiuta, ma nella morte egli si innalza.

Nella prima lettera, Da' colli Euganei, 11 ottobre 1797 con chiaro riferimento al trattato di Campoformio così si legge: «Il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia». Accanto alla passione politica quella amorosa. Ben presto l'esilio di Jacopo Ortis è rischiarato dalla presenza di una giovane donna, Teresa «la divina fanciulla»  che lui amerà, unica ragione che lo mantiene in vita mentre i colpi delle avversità lo tormentano incessantemente. Purtroppo lei, per obbedienza al padre, andrà in sposa a Odoardo, uomo ricco, freddo e arido, simbolo vivente di tutto ciò che Jacopo Ortis disprezza e questa perdita sarà  causa di suicidio. Prima di giungere a questa tragica soluzione però, attraverso Teresa si fa strada la luce consolatrice dell'amore e della bellezza, Teresa incarna le virtù femminili quali il pudore, la compassione e l'amore per l'arte. Nella lettera datata 15 maggio, Jacopo Ortis scrive all'amico del bacio scambiato con Teresa, sue le parole: «Dopo quel bacio io son fatto divino. Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio aspetto più gaio, il mio cuore più compassionevole. Mi pare che tutto s'abbellisca a' miei sguardi ». Il bacio è il momento culminante dell'amore tra i due giovani, ma è anche il momento in cui prendono coscienza dell'impossibilità della loro unione. Ortis va così pellegrino per le varie regioni d'Italia in cerca di qualcosa per cui la vita meriti veramente di essere vissuta, nella lettere Ventimiglia, 19 e 20 febbraio ritornano i miti  della patria, della politica e della libertà, appare chiaro che Jacopo Ortis ha ormai consumato tutte le ragioni del suo vivere e il suo vagabondare si affretta verso la tragica meta finale, gli giunge la notizia del matrimonio di Teresa, va a Venezia ad abbracciare la madre, ritorna sui colli e si uccide. Nel romanzo ci sono già tutti i miti che saranno propri delle opere successive: il mito della tomba confortata dal pianto dei sopravvissuti, il mito della solidarietà di poche anime elette, il mito dell'esilio, il mito della bellezza serenatrice, il mito delle tombe dei grandi.

Per stessa ammissione dell'autore dietro il volto di Jacopo si intravede di continuo il profilo di Ugo Foscolo e dietro lo pseudonimo di Lorenzo Alderani si nasconde l'amico drammaturgo Giovan Battista Niccolini, Teresa è il nome della moglie di Monti e nel personaggio si confondono più donne amate da Foscolo. Odoardo è l'anti-Jacopo, diventa cioè il simbolo di una società tutta protesa al guadagno e al successo e non sentiva i generosi ideali, come quello della patria. Accanto all'elemento autobiografico-passionale vi sono svariati apporti culturali, primo fra tutti La Nuova Eloisa di Rousseau e il Werther di Goethe ai quali il nostro poeta si era ispirato per la forma del romanzo epistolare, ed ancora i motivi ossianici e quelli della poesia eligiaco-sentimentale inglese. Guardando invece, alla struttura del romanzo, il modello più vicino è quello di Goethe da cui Foscolo riprende il ruolo di assoluto protagonismo dell'eroe e la divisione in due parti dell'opera a cui corrispondono a due livelli di scrittura. Il romanzo infatti, è composto quasi interamente dalle lettere che Jacopo scrive all'amico Lorenzo, il quale si limita nella prima parte del romanzo a leggere ed ascoltare, solo in un secondo momento interviene a ordinare e pubblicare le lettere, narrando le ultime drammatiche vicende. Di conseguenza, la prima parte del romanzo evidenzia il livello di scrittura certamente predominante che è quello del protagonista come Io narrante, il secondo, più marginale e aggiunto nella parte finale del libro, è quello in cui il Lorenzo Alderani è il narratore. A questi due livelli di scrittura corrispondono naturalmente due piani del romanzo che si distinguono: 1) per il tempo della scrittura che è contemporanea agli eventi per il protagonista, posteriore per Lorenzo Alderani; 2) per il destinatario che per il protagonista è l'amico e per questi è il pubblico a cui è destinato il libro; 3) per il tono del racconto che è enfatico e passionale nelle lettere del protagonista, di tipo narrativo-descrittivo-interpretativo negli interventi di Lorenzo Alderani.

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis sarà un romanzo di grande fortuna nel periodo del Romanticismo, perché il personaggio foscoliano tenta fin d' ora l'accordo tra l'ideale e il reale. Per ora l'accordo è impossibile e di qui il suicidio, ma la morte è testimonianza di coraggio e come tale lasciò un grande esempio alla generazione risorgimentale.

Maria Giovanna Argentiero

Domanda alla professoressa e temi da svolgere

 

Tesina da far svolgere su argomento a scelta

 

Corso di letteratura italiana

 

Indice Scuola Elettrica - generico


Scuola Elettrica



 

Altre applicazioni


Mappa per tipo di scuola

 

Indice di tutte le pagine del sito


Guida per navigare


Richiesta informazioni


Scuola Elettrica