Giosuè Carducci

 

Giosuè Carducci nasce a Valdicastello in Versilia nel 1835, trascorre la sua infanzia nella Maremma Toscana e si laurea in lettere. In questo periodo fonda, con alcuni amici, la società letteraria degli Amici pedanti, la quale ha un forte accento antiromantico che bene interpreta il gusto letterario del poeta, delle ricerche critiche e filologiche, delle battaglie politico-letterarie. Convinto della validità di una poesia che si ispiri alle forme classiche, Carducci, dedica tutta la sua vita all'attività di poeta e nel 1906 ottiene il premio nobel per la letteratura. Muore l'anno seguente.

 La poesia carducciana  è poesia di reazione agli ultimi romantici a favore della ripresa delle forme classiche. Il classicismo carducciano va inteso come il ritorno ad una funzione propositiva della poesia che è chiamata ad affermare con chiarezza un mondo di valori, di conseguenza, il poeta assume il ruolo di guida e di portavoce del popolo. Carducci interpreta i valori ed i principi morali espressi da Alfieri e da Foscolo, esalta le epoche di forti ideali e di impegno, la Roma antica e il Medioevo comunale.

L 'arco della poesia di Carducci coincide, in un certo senso, con l'arco delle sue esperienze culturali e con quello delle sue posizioni ideologiche

Notevole è l' impegno di Carducci nella tecnica della versificazione, il risultato più alto è  l'elaborazione della "metrica barbara" che intende riprodurre i ritmi dei versi antichi usando i metri moderni.

 

LA FORMAZIONE CULTURALE

Juvenilia:

 Juvenilia (1850-1860) è tra i primi esperimenti poetici del Carducci, è frutto delle polemiche antiromantiche, ideata sull'imitazione dei classici e dei grandi della letteratura italiana: Orazio, Tibullo, Dante, Petrarca, Foscolo e Leopardi. Carducci, dice di se stesso: «scudiero dei classici » facendo intendere che per lui la grande tradizione non è una sorta di rifugio passivo, al contrario, egli intende interrogare quelle memorie, riportarle al mondo contemporaneo e porle ad esempio di integrità morale provando così a vincere quella «corruzione che deprava la italica gioventù» così diffusa tra i giovani del suo tempo.

Questo è il Carducci dell'ode Agli Italiani, in cui è ben visibile il poeta della Patria e delle vicende risorgimentali. L'ode è un inno al sentimento patriottico, al senso di appartenenza alla patria, ai valori nobilissimi ed etici della vita.

 

Levia Gravia:

Carducci accosta nel titolo due plurali neutri senza congiunzione, secondo l'uso classico, Levia Gravia, riunisce i testi composti tra il 1861-1871. Sono poesie che traggono ispirazione dal gusto carducciano per la rievocazione storica  e tessono la trama attorno al senso di delusione della generazione giovanile all'alba della appena nata Italia unita. Apre la raccolta il Congedo che, significativamente, contiene l'addio alla giovinezza ed un altro addio, più doloroso, al fratello morto suicida.

Inno a Satana segna il passaggio della poesia carducciana a toni aggressivi e declamatori. Il Satana di Carducci canta il progresso e viene esaltato come simbolo della Libertà e della Ragione e della Natura contro l'oscurantismo del potere  politico ed ecclesiastico.

 

«GIAMBI ED EPODI»,  IL LIBRO DELLE POLEMICHE

Il volume Giambi ed epodi (1882), prende il titolo dal metro dell'antica poesia satirica ed è anche questo un richiamo alla poesia classica. Ma è soprattutto il libro della protesta politica che presta la voce all' insoddisfazione dei problemi sociali dell'età contemporanea. La sensibilità culturale di  Carducci in questo periodo si incontra con le idee di Michelet, Quinet, Blanc, Proudhon , Hugo, Barbier, Shelley, Von Platen. L'iniziale classicismo della poesia carducciana si incontra, dunque, con le esperienze della grande poesia romantica europea e a con le ideologie dei movimenti democratici derivati dalla Rivoluzione Francese.

Ampio spazio è riservato all'aspra battaglia contro il potere temporale del papato, contro la viltà dei governanti italiani, contro Napoleone III traditore degli ideali della Rivoluzione, contro l'ipocrisia della classe dirigente. Al contrario, sono espressi con forza i grandi ideali di giustizia e di libertà, il mito dei grandi eroi popolari come Danton e Mameli. E' la voce della nuova Italia unita che rifiuta e disprezza i compromessi.

Nel Canto per G. Monti e per G. Tognetti, si racconta di due operai giustiziati per aver compiuto un attentato contro una caserma a Roma, c'è  il ricordo di Eduardo Corazzini, morto combattendo contro le truppe del papato.                     

Parole altrettanto dure sono riservate all'Italia, nell' epodo In morte di Giovanni Cairoli:

<<Triste novella io recherò fra voi: / la nostra patria è vile>>.                                                                                                                          Carducci accusa l' Italia di tendere sempre più verso la decadenza morale, anche negli aspetti della vita quotidiana. Nell'epodo A proposito del processo Fadda, si racconta di un capitano che aveva partecipato valorosamente alla seconda guerra di indipendenza e che era stato assassinato da un cavallerizzo da circo, amante della moglie.

 Il Canto dell'Amore, chiude la raccolta ed indica la volontà del poeta di superare i toni aspri e polemici. Nonostante questo tentativo di smorzare la polemica, il linguaggio degli epodi è quello dell'invettiva, forte, realistico e spesso aggressivo. E' un libro di rottura, ed anche se di scarso valore poetico, apre la strada alla futura grande poesia di Carducci. E' il terreno su cui il poeta sperimenta il linguaggio che caratterizzerà la sua grande poesia.

 

LE RIME NUOVE           

 Le Rime nuove (1861-1887), sono la raccolta della malinconia e del rimpianto. Qui, si approfondisce la meditazione sull'amore e sulla morte partendo da una dimensione cosmica che si interseca mano mano ai motivi autobiografici e paesaggistici.

Resta il culto del passato e delle memorie storiche poiché, per Carducci, la  rievocazione del passato è funzionale a migliorare la situazione attuale, a maggior ragione che <<una poesia storica, intimamente storica, manca all'Italia moderna>>. Carducci cerca delle risposte alla decadenza morale dell' Italia e degli italiani. Egli attribuisce la responsabilità sostanzialmente a due motivi; uno di ordine politico e l'altro sociale. Il fenomeno del trasformismo a livello politico e il fenomeno dell'industrializzazione e dell' urbanesimo, a livello sociale, hanno diramato i valori dell'affarismo e dell'arricchimento. Secondo Carducci una soluzione c'è ed è il ripristino di una società più giusta, che non miri ad arricchirsi a discapito degli aspetti morali. Carducci va vagheggiando una società di liberi e di uguali attraverso la rievocazione di alcuni momenti essenziali della nostra storia che egli identifica nell'età dei Comuni.

Carducci ritiene i Comuni esempio di sanità morale e di vita civile regolati da ideali di giustizia e uguaglianza. Appartengono a questo pensiero

Faida di comune, Su i campi di Marengo, Il Comune rustico.

 

Il Comune rustico

<< O che tra faggi e abeti erma sui campi

smeraldini la fredda orma si stampi

al sole del mattin puro e leggero,

o che foscheggi immobile nel giorno

morente su le sparse ville intorno

a la chiesa che prega q al cimitero

che tace, o noci della Carnia, addio!

Erra tra i vostri rami il pensier mio

sognando l'ombre d'un tempo che fu.>>

 

<< il consol dice, e poste ha pria le mani

sopra i santi segnacoli cristiani.

-Ecco, io parto fra voi quella foresta

d'abeti e pin ove al confin nereggia.

E voi trarrete la mugghiante greggia

e la belante a quelle cime là.

E se voi, se l' unno o se lo slavo invade

eccovi, figli, l'aste, ecco le spade,

morrete per la nostra libertà-.

Un fremito d'orgoglio empieva i petti,

ergea le bionde teste; e de gli eletti

 in su le fronti il sol grande feriva.

Ma le donne piangenti sotto i veli

invocavan la madre alma de' cieli.

Con la man tesa il console seguiva:

-Questo, al nome di Cristo e di Maria,

ordino e voglio che nel popol sia-.

A man levata il popol dicea Sì.

E le rosse giovenche di su 'l prato

vedean passare il piccolo senato,

brillando su gli abeti il mezzodì.>>

Il comune rustico contiene uno dei nuclei lirici fondamentali espressi nelle Rime nuove che è la rievocazione del passato attraverso l'esaltazione del Comune Medievale. Attraverso l'esempio del buon costume medievale di distribuire le armi al centro dell'assemblea, Carducci esprime il suo ideale di governo; secondo lui, il rapporto tra autorità e cittadini è diretto, tra lo Stato e il popolo c'è un rapporto di fraterna intesa, di rispetto profondo e di proficua collaborazione. Carducci guarda al medioevo della grande tradizione latina, della rinascita e della rivincita sui barbari quando, mondo del lavoro e società civile erano un insieme omogeneo e compatto.

Il comune rustico, Su i campi di marengo, Faida di comune, La canzone di Legnano  prendono la forma metrica dalla ballata romanza. Tutte le ballate sono rievocazioni  di grandi avvenimenti storici del medioevo. Su i campi di Marengo rievoca la sconfitta subita dall'imperatore Federico Barbarossa  il 14 aprile 1175 dai cittadini di Alessandria, fondata 6 anni prima; Faida di comune ritrae le lotte comunali e La canzone di Legnano riporta lo scontro tra Barbarossa e la Lega lombarda. La canzone non si riallaccia alla tradizione della canzone italiana da Dante, Petrarca a Leopardi ma a quella della chansons de geste, in particolare, la Chanson de Roland.

Un altro periodo storico che Carducci prende in considerazione è il grande periodo dell' espansione democratica, dell' affermazione di forme avanzate di democrazia cioè, la Rivoluzione francese.  Essa è rievocata nei dodici sonetti del Ça ira. Qui il popolo è evocato da Carducci per le sue virtù, la sua sanità morale, la sua forza, il suo eroismo, l'ansia di libertà, racchiusa in questa nota: <<gli azzurri cavalieri bianche e vermigli che dal suolo plebeo la patria esprime>>. Sul piano storico il popolo è inteso come forza libera e primitiva, sul piano psicologico e sentimentale si impone il vagheggiamento  dell'infanzia libera e ribelle, di una giovinezza eroica. E' il vagheggiamento della Maremma e dell'infanzia libera e ribelle e del paesaggio toscano sconfinato e selvaggio che sembra farsi interprete della sete di libertà, della volontà eroica, della malinconia di Carducci, a questo paesaggio egli ritorna nei momenti di stanchezza e di sfiducia come ad un porto sicuro.

Traversando la Maremma toscana

Dolce paese, onde portai conforme

l'abito fiero e lo sdegnoso canto

e il petto ov'odio e amor mai non s'addorme,

pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto.

Ben riconosco in te le usate forme

con gli occhi incerti tra 'l sorriso e il pianto,

e in quelle seguo de' miei sogni l'orme

erranti dietro il giovanile canto.

Oh, quel che amai, quel che sognai, fu invano;

e sempre corsi, e mai giunsi il fine;

e dimani cadrò. ma di lontano

pace dicono al cor le tue colline

con le nebbie sfumanti e il verde piano

ridente ne le piogge mattutine.

Sono i versi che Carducci dedica alla Maremma Toscana rivista dal treno, durante un viaggio nel 1885, quando la salute iniziava a cedere. In una sorta di contrasto con la sua condizione attuale, Carducci evoca l'infanzia e quei luoghi primitivi attraverso un lessico di grande semplicità pur tuttavia intriso di richiami letterari, primo fra tutti Petrarca. E così tutta la sua infanzia ed il paesaggio maremmano vengono ad esprimere una condizione morale e spirituale ed esistenziale alternativa alla condizione presente. Il pretesto è quello di un fatto quotidiano e occasionale quale un viaggio in treno e da qui aprire una più ampia riflessione sulla vita mettendo quasi in contrapposizione la vita reale a quella ideale  e non vissuta. Sempre il paesaggio toscano fornisce a Carducci lo sfondo ideale per le sue più preziose creazioni, è il caso di Visione, Idillio maremmano e Davanti a San Guido.

San Guido è l'oratorio nei pressi di Bòlgheri dinnanzi al quale s trovano i cipressi dell'infanzia di Carducci. Con questi il poeta immagina un dialogo, idilliaco dapprima, giacché i cipressi ricordano al poeta la fanciullezza spensierata, ma subito si impone la coscienza della realtà a far emergere sentimenti contrari ed anche la novella popolare di re Porco, non è introdotta a rappresentare  la soluzione ai propri mali piuttosto è citata in modo incompleto solo per ricordare il tema della " mancanza" e la "ricerca": <<Sette paia di scarpe ho consumate / di tutto ferro  per te ritrovare>>, vv.93-94, senza riportarne il lieto fine.

Davanti San Guido

 Di cima al poggio allor, al cimitero,

giù de' cipressi per la verde via,

alta, solenne, vestita di nero

parvemi riveder nonna Lucia:

la signora Lucia, da la cui bocca,

tra l'ondeggiar de i candidi capelli,

la favella toscana, ch'è sì scicca

nel manzonismo de gli sternelli,

canora discendea, co 'l mesto accento

de la Versilia che nel cuor mi sta,

come da un sirventese del trecento,

piena di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com'era bella

quand'ero bimbo! ditemela ancor,

ditela a quest'uom savio la novella

di lei che cerca il suo perduto amor!

<<Sette paia di scarpe ho consumate

di tutto ferro per te trovare:

sette verghe di ferro ho logorate

per appoggiarmi nel fatale andare:

sette fiasche di lacrime ho colmate,

sette lunghi anni, di lacrime amare:

tu dormi a le mie grida disperate

e il gallo canta, e non ti vuol svegliare.>>

Deh come bella, o nonna, e come vera

è la novella ancor! Proprio così.

E quello che cercai mattina e sera

tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

sotto questi cipressi, ove non spero,

ove non penso di posarmi più:

forse, nonna, è nel vostro cimitero

tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggìa la vaporiera

mentr'io così piangeva entro il mio cuore;

e di polledri una leggiadra schiera

annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo

rosso e turchino, non si scomodò

tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo

e a brucar serio e lento seguitò.

 

LE ODI BARBARE

Il titolo indica il tentativo di Carducci di riprodurre la metrica classica nella poesia italiana. Carducci chiamò le sue Odi, Barbare perché << tali sarebbero sembrate al giudizio dei greci e dei romani>>. La difficoltà consisteva nel riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana, si tratta infatti di sistemi diversi che non si possono accostare. Nonostante il tentativo di rinnovare gli schemi tradizionali della metrica italiana la sua soluzione non trovò alcun riscontro nella poesia italiana.

Elemento determinane delle Odi Barbare è l'elemento storico e paesistico. Sono comprese in questa raccolta odi di grande respiro: Nell' annuale della fondazione di Roma, Dinanzi alle terme di Caracalla, Per la morte di Napoleone Eugenio, Le fonti del Clitumno,

Sogno d' estate, Miramar, Alla stazione in una mattina d' autunno

Carducci riflette sul sentimento di una morte sempre più imminente: in Ruit hora è al centro la brevità dell'amore; Su monte Mario il rapporto fra il piacere e la morte; Alla stazione in una mattina d'autunno e Nevicata, prevale il senso del tedio e dell'attesa del nulla.

 

Alla Stazione in una mattina d'autunno

Sotto la pioggia, tra la caligine

torno ora, e ad esse vorrei confondermi;

barcollo com' ebro, e mi tocco,

non anch'io fossi dunque un fantasma.

Oh qual caduta di foglie, gelida,

continua, muta, greve, su l'anima!

Io credo che solo, che eterno,

che per tutto nel mondo è novembre.

Meglio a chi 'l senso smarrì de l'essere,

meglio quest'ombra, questa caligine:

io voglio io voglio adagiarmi

in un tedio che duri infinito.

 

Carducci chiude la strofa citando il "tedio" della vita, una vita ormai priva d'amore, a tal proposito, sia la giornata d'autunno con i suoi colori spenti e tristi, la stazione ferroviaria con il suo scenario desolato sono funzionali alla condizione esistenziale del poeta. Nessun altra stagione dell'anno e nessun altro luogo avrebbero potuto rendere la stessa sensazione di malinconia, di abbandono e di vuoto dell'anima. Accanto al tentativo di riflettere su una  condizione esistenziale c'è, da parte del Carducci, il tentativo di riportare gli elementi realistici della situazione: in alcuni versi compaiono il biglietto, la pinza del controllore, i freni, lo sbattere degli sportelli, quasi a volerci rendere protagonisti dell'episodio. Il poeta sta ben attento a non cadere in un linguaggio comune ed usa parole di rilievo classico: il biglietto diventa la tessera, i frenatori vigili, ecc.

La riflessione sul tema della morte continua in Nevicata

 

Nevicata

Lenta fioca la neve pe 'l cielo cinereo: gridi,

suoni di vita più non salgon da la città,

non d'ebaiola il grido o corrente rumore di carro,

non d'amor la canzone ilare e di gioventù.

Da la torre di piazza roche per l'aere le ore

gemon, come sospir d'un mondo lungi dal dì.

Picchian uccelli raminghi a' vetri appannati; gli amici

spiriti reduci son, e guardano e chiamano a me.

In breve, o cari, in breve - tu càlmati indomito cuore -

giù al silenzio verrò, ne l'ombra riposerò.

 

Rime e ritmi

La raccolta Rime e ritmi, pubblicata nel 1899, comprende la produzione più tarda del Carducci, nella quale ritornano i temi della rievocazione storica ( Piemonte, Alla città di Ferrara, la chiesa di Polenta) e della meditazione sulla morte (Presso una Certosa).

Le prose

Molto vasta è la produzione critica del Carducci: si ricordano gli Studi vari su Poliziano, su Parini, sull' Orlano Furioso, sulla poesia di Leopardi, ecc .numerosi inoltre, gli scritti polemici di natura autobiografica, tra cui Confessioni e battaglie (1882) e Ceneri e faville. Ricco anche l' Epistolario, di particolare interesse sono le lettere indirizzate all'amante Lina

 

Maria Giovanna Argentiero

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