Niccolò Machiavelli

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Classe 3a superiore, scuola secondaria di  2° grado

Niccolò Machiavelli è stato un grande uomo politico del 1500; nacque a Firenze nel 1469 da una ricca famiglia e morì a Firenze nel 1527. Da giovane studiò il latino e l'aritmetica; a trent'anni ricopriva già incarichi amministrativi a Firenze; nel 1505 organizza, con i soldi dei francesi e dei fiorentini, un esercito per l'occupazione di Pisa da parte di Firenze; l'occupazione avvenne nel 1509. Ebbe numerosi incarichi politici come rappresentante di Firenze nelle corti di Roma, di Francia e di Germania.

Un'opera utile per comprendere il pensiero politico del Machiavelli sono i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio; l'opera fu pubblicata nel 1531, dopo la morte di Machiavelli. Tito Livio è uno storico che scrisse libri in latino; nacque a Padova nel 59 a.c. e morì a Padova il 17 d.c.; in particolare scrisse l'opera Ab urbe condita, che in italiano possiamo tradurre: la storia di Roma, letteralmente: dalla fondazione di Roma; opera composta da 142 libri; i libri di Livio vengono di solito divisi a dieci a dieci, cioè a decadi; deca vuol dire decade, cioè dieci libri; per cui la prima decade sono i primi dieci libri di Tito Livio. Ovviamente Machiavelli ha letto in latino i primi dieci libri e ne ha ricavato degli insegnamenti politici che possono essere utili in ogni tempo.

I Discorsi di Machiavelli sono costituiti da una dedica iniziale e da tre libri; nel primo libro Machiavelli parla degli ordinamenti politici di uno stato e fa il confronto tra l'organizzazione degli stati del 1500 e l'organizzazione dello stato romano; i due tipi di stato vengono messi a confronto e Machiavelli ne ricava la superiorità dello stato romano antico rispetto ai piccoli stati italiani del 1500.

Lo stato romano prevedeva da una parte il Senato, costituito dai nobili, e dall'altra il popolo, detto la plebe; vi erano poi i tribuni della plebe che costituivano una figura che poteva risolvere i conflitti tra ricchi e poveri. Pertanto il capo del governo, che si chiamasse re, o console o imperatore poteva guidare correttamente lo stato, sia in tempo di pace sia in tempo di guerra.

La legislazione romana fu la base per il successo dell'impero; essa iniziò con Numa Pompilio, il secondo re di Roma, dopo il fondatore Romolo; si basava sulle leggi scritte su dodici tavole, esposte al pubblico nel foro romano; esse equivalevano alla nostra Costituzione; l'osservanza delle 12 tavole era fondamentale sia per i re, sia per i consoli, sia per gli imperatori romani che per il popolo; esse prevedevano le procedure da seguire in ogni situazione pubblica e privata.

Machiavelli pone le due ipotesi sulla fondazione di Roma, che cioè sia stata fondata da Enea oppure da Romolo; in ogni caso il luogo è stato scelto come luogo fertile, in modo da assicurare la sopravvivenza ai cittadini in caso di assedio, al pari di Alessandria di Egitto. Dovendo numerosi uomini abitare insieme furono necessarie le leggi, cioè un ordinamento dello stato, con divisione dei compiti di ciascuno dei cittadini e delle leggi da rispettare.

... vedrà ancora, come di sotto si dirà, a quante necessitadi le leggi fatte da Romolo, Numa, e gli altri, la costringessono; talmente che la fertilità del sito, la commodità del mare, le spesse vittorie, la grandezza dello imperio, non la potero per molti secoli corrompere, e la mantennero piena di tanta virtù, di quanta mai fusse alcun’altra città o republica ornata.

Da questo periodo del Machiavelli deduciamo l'importanza che egli dà all'ordinamento legislativo degli antichi romani. L'ordinamento di uno stato nel 1500 veniva chiamato ancora col nome di "religione" cioè raccolta di leggi e decreti statali che governano uno stato. Machiavelli manifesta l'idea che l'impero romano è sopravvissuto fin quando gli ordinamenti statali furono imparziali, cioè tenevano l'equilibrio tra le esigenze dei ceti sociali più ricchi e le esigenze del popolo; la fine dell'impero romano, invece, avvenne quando questi ordinamenti cominciarono a privilegiare i ceti sociali più ricchi a danno del popolo.

Come costoro cominciarono dipoi a parlare a modo de’ potenti, e che questa falsità si fu scoperta ne’ popoli, diventarono gli uomini increduli, ed atti a perturbare ogni ordine buono. Debbono, adunque, i principi d’una republica o d’uno regno, i fondamenti della religione che loro tengono, mantenergli; e fatto questo, sarà loro facil cosa mantenere la loro republica religiosa, e, per conseguente, buona e unita.(libro primo, capitolo 12)

Il termine religione vuol dire raccolta di leggi; l'aggettivo religioso vuol dire conforme alle leggi e agli ordinamenti. Fondamentale per capire il degrado attuale della politica italiana è il seguente pensiero di Machiavelli:

La quale religione se ne’ principi della republica cristiana si fusse mantenuta, secondo che dal datore d’essa ne fu ordinato, sarebbero gli stati e le republiche cristiane più unite, più felici assai, che le non sono. Né si può fare altra maggiore coniettura della declinazione d’essa, quanto è vedere come quelli popoli che sono più propinqui alla Chiesa romana, capo della religione nostra, hanno meno religione. E chi considerasse i fondamenti suoi, e vedesse l’uso presente quanto è diverso da quelli, giudicherebbe essere propinquo, sanza dubbio, o la rovina o il fragello.

E perché molti sono d’opinione, che il bene essere delle città d’Italia nasca dalla Chiesa romana, voglio, contro a essa, discorrere quelle ragioni che mi occorrono: e ne allegherò due potentissime ragioni le quali, secondo me, non hanno repugnanzia. La prima è, che, per gli esempli rei di quella corte, questa provincia ha perduto ogni divozione e ogni religione: il che si tira dietro infiniti inconvenienti e infiniti disordini; perché, così come dove è religione si presuppone ogni bene, così, dove quella manca, si presuppone il contrario. Abbiamo, adunque, con la Chiesa e con i preti noi Italiani questo primo obligo, di essere diventati sanza religione e cattivi: ma ne abbiamo ancora uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra. Questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa. E veramente, alcuna provincia non fu mai unita o felice, se la non viene tutta alla ubbidienza d’una republica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia ed alla Spagna. E la cagione che la Italia non sia in quel medesimo termine, né abbia anch’ella o una republica o uno principe che la governi, è solamente la Chiesa: perché, avendovi quella abitato e tenuto imperio temporale, non è stata sì potente né di tanta virtù che l’abbia potuto occupare la tirannide d’Italia e farsene principe; e non è stata, dall’altra parte, sì debole, che, per paura di non perdere il dominio delle sue cose temporali, la non abbia potuto convocare uno potente che la difenda contro a quello che in Italia fusse diventato troppo potente: come si è veduto anticamente per assai esperienze, quando, mediante Carlo Magno, la ne cacciò i Longobardi, ch’erano già quasi re di tutta Italia; e quando ne’ tempi nostri ella tolse la potenza a’ Viniziani con l’aiuto di Francia; di poi ne cacciò i Franciosi con l’aiuto de’ Svizzeri. Non essendo, adunque, stata la Chiesa potente da potere occupare la Italia, né avendo permesso che un altro la occupi, è stata cagione che la non è potuta venire sotto uno capo; ma è stata sotto più principi e signori, da’ quali è nata tanta disunione e tanta debolezza, che la si è condotta a essere stata preda, non solamente de’ barbari potenti, ma di qualunque l’assalta. Di che noi altri Italiani abbiamo obbligo con la Chiesa, e non con altri. E chi ne volesse per esperienza certa vedere più pronta la verità, bisognerebbe che fusse di tanta potenza che mandasse ad abitare la corte romana, con l’autorità che l’ha in Italia, in le terre de’ Svizzeri; i quali oggi sono, solo, popoli che vivono, e quanto alla religione e quanto agli ordini militari, secondo gli antichi: e vedrebbe che in poco tempo farebbero più disordine in quella provincia i rei costumi di quella corte, che qualunque altro accidente che in qualunque tempo vi potesse surgere. (libro primo, capitolo 12)

 

A causa di questo pensiero del Machiavelli l'intera opera dei Discorsi è stata considerata un libro proibito dai cattolici, in quanto questa opera svela chiaramente la ipocrisia e la perfidia insita nella religione cattolica.

Nel secondo libro dei discorsi Machiavelli illustra le tecniche usate dai romani per ingrandire l'impero e il loro modo di condurre le guerre di espansione; la guerra dei romani era di solito corta nei tempi, cioè breve, massimo venti giorni, ma grossa, cioè ampia come numero di soldati e potenza delle armi usate. La guerra doveva portare ad un utile economico per la patria; conquistata una terra i romani fondavano delle colonie sui nuovi confini, cioè assegnavano a cittadini romani parte del territorio conquistato; in tal modo questi coloni, vivendo su queste terre, tolte ai nemici, proteggevano i confini dell'impero.

Nel libro terzo Machiavelli illustra alcune tecniche di gestione dello stato; egli è a favore della durata breve degli incarichi politici, in quanto se un singolo potente resta in carica molti anni, crea ingenti danni alla nazione. I motivi che riporta sono due; il primo è che la breve durata dell'incarico, crea un numero maggiore di politici esperti, in grado di gestire la nazione; il secondo motivo è che il potere mantenuto troppo a lungo nel tempo crea anche un numero di ministri e sottosegretari troppo potente, tanto che essi non osservano più gli ordinamenti e le leggi, e quindi portano alla rovina della patria.

Nel capitolo 27 del libro terzo egli confuta il detto, ideato non si sa da chi nel 1900 ed attribuito erroneamente ai romani, cioè il "divide et impera", cioè: mantieni diviso il popolo e comanda., come vediamo nel seguente brano:

e voglio discorrere la inutilità che si trae del tenere le terre, che tu hai in governo, divise. In prima, egli è impossibile che tu ti mantenga tutte a due quelle parti amiche, o principe o republica che le governi. Perché dalla natura è dato agli uomini pigliare parte in qualunque cosa divisa, e piacergli più questa che quella. Talché, avendo una parte di quella terra male contenta, fa che, la prima guerra che viene, te la perdi; perché gli è impossibile guardare una città che abbia e’ nimici fuori e dentro. Se la è una republica che la governi, non ci è il più bel modo a fare cattivi i tuoi cittadini ed a fare dividere la tua città, che avere in governo una città divisa; perché ciascuna parte cerca di avere favori, e ciascuna si fa amici con varie corruttele: talché ne nasce due grandissimi inconvenienti; l’uno, che tu non ti gli fai mai amici, per non gli potere governare bene, variando il governo spesso, ora con l’uno, ora con l’altro omore; l’altro, che tale studio di parte divide di necessità la tua republica. (libro terzo, capitolo 27)

 

Testo completo di: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio

 

Un'altra opera utile per comprendere il pensiero politico del Machiavelli è Dell'arte della guerra; l'opera fu pubblicata nel 1521, quando Machiavelli era ancora vivo. L'opera è costituita da un proemio e sette libri. Essa ha lo scopo di indicare ai militari come si prepara e si conduce una guerra; Machiavelli parte dallo studio degli antichi romani; l'esercito romano era costituito da uomini giovani, di età dai 18 anni ai 40 anni; l'esercito va formato scegliendo gli uomini tra quelli a cui piace fare la guerra, tra le diverse estrazioni sociali; il numero di persone arruolate deve essere abbastanza elevato; non bisogna dare molta autorità ai capi dell'esercito, per evitare questo, un capo va mandato in un luogo lontano da dove è nato e serve una continua rotazione degli incarichi tra i capi e del luogo in cui comandano. La fanteria deve essere ben armata, metà con armi lunghe, da mettere sul fronte e sui lati, e metà con armi corte, da mettere nel centro; la fanteria deve essere più numerosa della cavalleria, la fanteria va usata per le battaglie in campo aperto. La cavalleria va invece usata per fare le scoperte di posizione del nemico, rovinare le vie di approvvigionamento nemico ed inseguire il nemico.

Importante che l'esercito sia allenato; tre sono le operazioni fondamentali;

1) allenare il corpo in modo che sia veloce e si abitui ai disagi;

2) imparare l'uso delle armi;

3) imparare a conoscere ed eseguire gli ordini;

La legione romana era composta dai 5.000 ai 6.000 uomini; nel 1500 al posto del nome di legione si usava l'odierno nome di battaglione. La legione era divisa in dieci parti, ogni parte si chiamava coorte. Il Machiavelli prosegue su come dividere un esercito in battaglioni, su come ordinare la fanteria, la cavalleria e l'artiglieria.

Nel libro quinto Machiavelli descrive il modo di procedere di un esercito romano in terra nemica:

E prima avete a intendere come uno esercito romano, per l’ordinario, sempre mandava innanzi alcune torme di cavagli come speculatori del cammino. Di poi seguitava il corno destro. Dopo questo ne venivano tutti i carriaggi che a quello appartenevano. Dopo questi veniva una legione; dopo lei i suoi carriaggi; dopo quegli un’altra legione e, appresso a quella, i suoi carriaggi; dopo i quali ne veniva il corno sinistro co’ suoi carriaggi a spalle e, nell’ultima parte, seguiva il rimanente della cavalleria. Questo era in effetto il modo col quale ordinariamente si camminava. E se avveniva che l’esercito fusse assaltato a cammino da fronte o da spalle, essi facevano a un tratto ritirare tutti i carriaggi o in su la destra o in su la sinistra, secondo che occorreva o che meglio, rispetto al sito, si poteva e tutte le genti insieme, libere dagli impedimenti loro, facevano testa da quella parte donde il nimico veniva. Se erano assaltate per fianco, si ritiravano i carriaggi verso quella parte che era sicura, e dell’altra facevano testa. (libro quinto)

Propone, quindi, di imitare il metodo dei romani, adattandolo ai suoi tempi; aggiunge, infatti, le artiglierie, che non esistevano al tempo dei romani. Ripropone la forma quadrata dell'esercito, dove quadrata vuol dire che i quattro lati dell'esercito erano tutti in grado di affrontare il nemico, da qualunque lato piombasse. Indica la tecnica da seguire nella marcia e in caso di assalto da parte del nemico.

Gli uccelli o colombi possono essere usati per scoprire il nemico che avanza:

Hanno gli uccegli o la polvere molte volte scoperto il nimico, perché, sempre che il nimico ti venga a trovare, farà polverio grande che ti significherà la sua venuta. Così molte volte uno capitano veggendo, ne’ luoghi donde egli debbe passare, levare colombi o altri di quegli uccelli che volono in schiera, e aggirarsi e non si porre, ha conosciuto essere quivi lo agguato de’ nimici e mandato innanzi sue genti; e, conosciuto quello, ha salvato sé e offeso il nimico suo. (libro quinto)

Riferisce di un espediente usato da Cesare in Francia, per attraversare un fiume:

A volere vincere questa difficultà non ci conosco esemplo da imitare migliore che quello di Cesare; il quale, avendo lo esercito suo alla riva d’un fiume in Francia, ed essendogli impedito il passare da Vergingetorige franzese il quale dall’altra parte del fiume aveva le sue genti, camminò più giornate lungo il fiume, e il simile faceva il nimico. E avendo Cesare fatto uno alloggiamento in uno luogo selvoso e atto a nascondere gente, trasse da ogni legione tre coorti e fecele fermare in quello luogo, comandando loro che, subito che fusse partito, gittassero uno ponte e lo fortificassero, ed egli con l’altre sue genti seguitò il cammino. Donde che Vergingetorige vedendo il numero delle legioni, credendo che non ne fusse rimasa parte a dietro, seguì ancora egli il camminare; ma Cesare, quando credette che il ponte fusse fatto, se ne tornò indietro e, trovato ogni cosa ad ordine, passò il fiume sanza difficultà. (libro quinto)

Nel libro sesto descrive il modo di allestire un accampamento dell'esercito in marcia. Nel settimo libro descrive come fortificare una città e come difenderla.

 

Testo completo di: Dell'arte della guerra

 

Il Principe

Un'altra opera utile per comprendere il pensiero politico del Machiavelli è il De principatibus che il italiano possiamo tradurre: Il principe; Il titolo è in latino ma l'opera è scritta in italiano del 1500; per la prima volta fu pubblicata nel 1532, dopo la morte di Machiavelli.

E' composta da 26 capitoli più una introduzione di dedica a Lorenzo il Magnifico, principe di Firenze. Il Machiavelli osserva che vi sono due tipi di stato: la repubblica e il principato; il principato è un tipo di regno ereditario, cioè si tramanda da padre in figlio, come avviene per i re; nella repubblica, invece, il potere avviene per elezioni o per scelte di assemblee o parlamenti.

Egli parla di come si conquista un principato e come si può governare e mantenere; il principato ereditario si mantiene facilmente. Quando si conquista un nuovo stato è bene che il principe vi vada anche a risiedere, in modo da vedere sul nascere le ribellioni e poterlo difendere più facilmente; se invece il principato è molto grande, sarebbe dispendioso mantenere dei soldati che lo occupino, ma è preferibile creare ivi delle colonie, cioè mandare persone fidate che tolgono la proprietà ad alcuni residenti e vi si insediano, creando una forza sempre fedele al principe che l'ha occupata.

Quando si conquista uno stato vi sono tre modi per continuarlo a possedere:

1) distruggerlo, come fecero i Romani con Cartagine, per evitare che si ribelli;

2) andare ad abitarvi personalmente;

3) mettere alcuni amici al potere, in modo che lo conservino amico, e vivere di rendita.

Quando, invece, si costituisce un nuovo stato occorre che oltre alle nuove leggi, si tenga a disposizione un esercito, in modo che quando il popolo rifiuti le leggi, lo si possa costringere con la forza. Questo esercito è bene che non sia composto da mercenari e che sia comandato dal principe stesso. E' bene che non usi le armi degli alleati, in quanto ne rimarrebbe succube di esse, una volta terminata la battaglia. Pertanto il migliore esercito è quello armato con armi proprie, cioè del proprio stato.

E' bene che il principe stesso conosca l'arte della guerra e di comandare ad un esercito; pertanto è bene che conosca a perfezione monti, fiumi, valli e paludi del proprio paese, in modo da poter condurre l'esercito su strade opportune; in tempo di pace si deve organizzare ipotizzando delle battaglie sul proprio territorio e dei mezzi da usare in ogni ipotetica situazione di guerra.

Importante è che il capo del governo si tenga amico il popolo senza opprimerlo oltre misura. E importante che tenga fortificato il suo paese ed abbia alimenti e risorse per un anno, in caso di assedio da parte di altri paesi. Il principe deve possedere personalmente alcune qualità personali; Machiavelli intende liberale il principe che impone poche tasse ai sudditi; se le tasse fossero poche, un esercito non si potrebbe mantenere in caso di guerra; è bene pertanto che le tasse siano eccessive in tempo di pace, in modo da poter accumulare le risorse necessarie quando ci si troverà in guerra, senza bisogno di aggiungere nuove tasse in tempo di guerra.

Per quanto riguarda la crudeltà e la clemenza, è bene che un principe usi queste due qualità in modo opportuno in tempo di pace; ma è sempre meglio che egli sia temuto che amato. Soprattutto in tempo di guerra deve prevalere la crudeltà, per tenere unito l'esercito ed il popolo.

Per quanto riguarda l'osservanza dei patti e la lealtà, il principe deve saper usare anche l'astuzia e l'inganno.

Testo completo di: Il principe

 


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2016

prof. Pietro De Paolis

 

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