Giovanni Gentile

       data di oggi:
Classe 5a superiore, scuola secondaria di  2° grado

Giovanni Gentile è stato uno scrittore italiano, uomo politico, Ministro della Pubblica Istruzione.

Italiano nel senso che ha scritto in lingua italiana, è vissuto, inoltre, in Italia, per diversi anni.

E' nato a Castelvetrano, in Sicilia, nel 1875; è morto a Firenze nel 1944, all'età di 69 anni.

I genitori di Gentile erano facoltosi, il padre era farmacista, la madre figlia di un notaio. Studiò dapprima a Trapani; come università frequentò la facoltà di lettere e filosofia nella Normale di Pisa. Si laurea nel 1897 a 23 anni di età con il massimo dei voti. Insegna dapprima nelle scuole superiori a Campobasso e a Napoli; nel 1906 diventa professore universitario di storia della filosofia presso l'Università degli Studi di Palermo; nel 1914 passa nell'Università di Pisa e nel 1917 nell'Università la Sapienza di Roma.

Gentile era un intellettuale militante, che partecipava in prima persona alla lotta politica. Nel 1922 diviene socio dell'Accademia dei Lincei, la quale confluirà poi, nel 1939, nell'Accademia d'Italia.

Nel 1922 fu nominato da Benito Mussolini Ministro della Pubblica Istruzione; nel 1923 attuò la riforma della scuola, detta riforma Gentile; si dimise da ministro nel 1924. La riforma prevedeva una scuola elementare di 8 anni, 3 più 3 più 2, fino ai 14 anni di età; una scuola media di 3 anni, alla quale si poteva accedere mediante esame di ammissione, una volta raggiunta l'età di 10 anni; seguivano, dopo l'esame, 2 anni di ginnasio e poi un liceo classico di 3 anni, destinato ai giovani futuri dirigenti del sistema statale; in alternativa vi era un liceo scientifico di 4 anni; un liceo femminile di 3 anni; un istituto tecnico di 4 anni più 4 anni; un istituto magistrale di 4 anni più 3 anni, per i futuri maestri di scuola elementare; una scuola complementare di avviamento professionale; la riforma riguardava anche l'Università degli Studi; in particolare con il liceo classico si poteva accedere a tutte le facoltà; mentre con il liceo scientifico non si poteva accedere a lettere e filosofia, giurisprudenza, medicina.

Nel 1925 Gentile diventa direttore della Enciclopedia Treccani, scritta da più di tremila studiosi di tutte le materie e di tutti gli orientamenti politici e filosofici.

Gentile scrisse sul giornale Il Popolo d'Italia. Il Popolo d'Italia era un giornale del partito socialista italiano, fondato da Benito Mussolini nel 1914 e rimasto in pubblicazione fino al 1943.

Nel 1934 i suoi scritti vengono messi tra i libri proibiti dalla Chiesa cattolica.

Nel 1943 fu nominato Presidente dell'Accademia d'Italia, un ente statale composto con lo scopo di controllare l'intera cultura italiana, in tutti i campi, letteratura, arte, scienza e tecnica, unitamente ad altri enti di controllo governativo come la Società Italiana di Autori ed Editori detta S.I.A.E. e l'Istituto della Enciclopedia Italiana, al quale Gentile partecipa fin dalla sua fondazione.

Questi enti rendono importanti uomini che non valgono nulla e reprimono uomini potenti culturalmente e scientificamente, ma contrari al potere politico che governa l'Italia in un certo periodo storico.

I membri dell'Accademia d'Italia erano 60, erano di nomina governativa a vita, e ricevevano un cospicuo stipendio.

Sul finire delle seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio del 8 settembre del 1943, Gentile rischiava di essere ucciso dai compagni comunisti; lui rifiutò la scorta. Fu ucciso il 15 aprile del 1944, all'età di circa 69 anni, a Firenze, dove vi era la sede dell'Accademia d'Italia, della quale Gentile era allora Presidente.

Gli scritti di Gentile furono sempre osteggiati nel secondo dopoguerra, periodo storico in cui continua a prevalere la cultura comunista.

Vediamo, ora da vicino alcune sue opere.

Giordano Bruno nella storia della cultura

Si tratta di un libro scritto nel 1907 da Giovanni Gentile. Lo scopo è quello di vedere Giordano Bruno come filosofo e martire della filosofia.

Il libro è composto da 8 capitoli e da un appendice dove Gentile riporta uno studio inglese su Giordano Bruno, pubblicato a Londra nel 1903.

Capitolo 1
Il misticismo del Bruno

Il mondo del filosofo è fuori dal mondo reale; il filosofo non ha interessi pratici.


Capitolo 2
Il valore pratico delle religioni

La verità della filosofia è solo per la filosofia, non è per la vita pratica, regolata dalle leggi e dai regolamenti, raccolti nella parola religione, cioè raccolta di leggi, come si intendeva allora, prima della caduta dei poteri politici e temporali, posseduti dal Papa, dai vescovi, dai sacerdoti.

La filosofia è un momento ideale dello spirito.


Capitolo 3
Bruno e la Riforma

Per Bruno la religione è la raccolta di leggi, da osservare in quanto leggi politiche. Quando Bruno si trova a Ginevra in Svizzera, rispetta le leggi di Ginevra, cioè il Calvinismo; quando Bruno si trova a Oxford, in Gran Bretagna, rispetta le leggi di Londra; quando Bruno si trova a Wittenberg, in Germania, nella patria di Martin Lutero, rispetta la religione di Lutero. Quando Bruno si trova a Roma, in Italia, rispetta le leggi italiane, in particolare la religione cattolica romana di allora, in quanto l'Italia unita di oggi non esisteva ancora.

Capitolo 4
La genuflessione di Venezia

Quando Bruno si trova a Venezia rispetta le leggi di Venezia.


Capitolo 5
La resistenza al S. Uffizio in Roma

Quando Bruno si trova a Roma, in Italia, rispetta le leggi italiane, in particolare la religione cattolica romana di allora, in quanto l'Italia unita di oggi non esisteva ancora. Ma il Papa e i suoi ministri non potevano e non vollero mai intendere le dottrine di Bruno, che separavano le leggi politiche dalla cultura e dalla filosofia e dalla scienza e dal sapere.


Capitolo 6
La religione di Bruno

Bruno a Roma rispetta la religione di Roma. Ma la sua condanna a morte non può essere evitata, in quanto i suoi libri giravano in Europa e in America. Ormai dal 1942, con la conquista spagnola delle due Americhe, il potere temporale cattolico stava per finire. Il papa altro non poteva fare che uccidere tutti i potenti che gli capitavano a tiro; e Giordano Bruno, con la sua cultura universale e con i suoi libri, era più potente dei Papi, ma non aveva un esercito di soldati armati al suo seguito, che lo potessero salvare.

Qui Giovanni Gentile, che è cattolico osservante, sostiene che anche Giordano Bruno fosse un credente della religione cattolica, mentre era solo un filosofo che rispettava le leggi del luogo in cui viveva.

Capitolo 7
Il significato della morte di Bruno

La condanna a morte di Bruno era la conseguenza logica di quelle dottrine e leggi politiche che Bruno non poteva eliminare.


Capitolo 8
L'eroismo e l'eredità morale di Bruno

Il martirio di Bruno è la conclusione della sua filosofia. Non ci resta che ravvivare in noi lo spirito di Giordano Bruno.

La chiesa cattolica continua a giudicare negativamente la scienza e la cultura; ma le sue sentenze di morte non vengono più eseguite in quanto la chiesa cattolica non dispone più degli ampi e assoluti poteri temporali, se non nello Stato del Vaticano.

 

Il testo completo del libro è disponibile in questa pagina:

Giordano Bruno nella storia della cultura

 

La riforma dell'educazione

Si tratta di un insieme di discorsi tenuti ai maestri da Giovanni Gentile a Trieste, nei mesi di agosto e settembre del 1919. In quel periodo, fine della prima guerra mondiale, Trieste era stata assegnata all'Italia. Il governo italiano stava italianizzando tutti i triestini. La riforma della Pubblica Istruzione, detta Riforma Gentile, avvenne successivamente nel 1923.

Lo scritto è composto da 11 capitoli.

Capitolo 1
La nazionalità del sapere e della scuola

Contiene il discorso di inaugurazione tenuto da Gentile il 6 agosto del 2019, davanti ai maestri di scuola elementare di Trieste. L'insegnamento della scuola elementare è di tipo dommatico, nel senso di saperi elementari certi, non soggetti ai dubbi della critica, dubbi caratteristici del professore della Università degli Studi; sarebbe auspicabile che il maestro fosse anche critico, al pari di un ricercatore universitario.

La scienza e la cultura investono la personalità di ogni uomo italiano; il sapere di un maestro fa parte della sua personalità umana; poiché ogni uomo appartiene ad una nazione anche il sapere e la cultura sono nazionali; anche la scuola è nazionale, cioè scuola italiana.

Capitolo 2
La personalità e il problema educativo

Ogni uomo ha coscienza di se stesso, ha una sua personalità, ragiona con se stesso, parla interiormente con se stesso, parla in una lingua, per esempio parla nella lingua italiana. Quella parola con cui pensa appartiene a tutto il popolo italiano; ma poiché la stessa parola può essere tradotta nelle altre lingue, la parola appartiene alla umanità, cioè è una parola e un pensiero universale, di tutti gli uomini.

Vi è differenza tra velleità o desiderio o ipotesi di realizzare una cosa e volontà, cioè decisione di fare una cosa desiderata e pensata. Attorno a ciascun uomo, nel posto dove lui vive in un certo momento storico, vi è uno Stato con le sue leggi; leggi che occorre rispettare, altrimenti si viene puniti. Se si pensa una cosa contraria alla legge, questo pensiero resta velleità, cioè ipotesi o desiderio, ma non volontà. In pratica è lo Stato, con le sue leggi e la sua giurisdizione, che detta la volontà del singolo individuo, della personalità di un individuo. Lo Stato decide quello che il singolo individuo può volere realizzare, cioè la volontà del singolo.

Qualora il singolo decidesse di realizzare una cosa contraria allo Stato ne resterebbe sopraffatto dallo Stato. Essendo poi ogni Stato vincolato da leggi internazionali, la volontà del singolo individuo è volontà universale, cioè si realizza solo se è del mondo intero della umanità.

In definita la singola volontà dell'individuo è personale, ma è anche nazionale e universale.

Nel mondo della scuola e dell'educazione il maestro educa la intera società nel momento in cui educa il singolo alunno o il singolo ascoltatore. L'educatore, quando agisce, rappresenta l'umanità universale, il suo paese, la sua epoca.

Quando si educa si agisce sull'animo altrui, si indica una strada da percorrere e una meta da raggiungere. Per cui una parte di quello che il singolo individuo farà un domani sarà sempre un qualcosa del suo maestro educatore.

Tuttavia un buon educatore vuole che l'educando, cioè l'alunno, sia libero, cioè agisca secondo il suo proprio pensiero, il suo proprio desiderio, la sua propria personalità e non secondo quella del maestro. Vi è quindi una contraddizione, un conflitto interiore, sia nel maestro, sia nell'alunno, tra libertà di agire e costrizione di agire secondo la legge e la giurisdizione. Vi è una antinomia o una contraddizione della educazione.


Capitolo 3
L'antinomia fondamentale dell'educazione

Vi è quindi una antinomia, una contraddizione, un conflitto interiore, sia nel maestro, sia nell'alunno, tra libertà di agire e costrizione di agire secondo la legge e la giurisdizione. Nella scuola questa antinomia viene meno se il maestro, con la sua parola, entra nel pensiero dell'alunno se l'alunno ha fiducia nel maestro, e quindi viene meno la costrizione, e l'alunno resta libero.

L'alunno resta libero anche nel caso opposto, cioè quando l'alunno non ha fiducia nella parola del maestro, in quanto, rifiutando l'azione educativa del maestro, l'alunno afferma la sua personalità e la sua libertà.

Capitolo 4

Realismo e idealismo nel concetto della cultura

La cultura è il contenuto dell'educazione.

Il singolo uomo nasce, è immerso nella natura, poi cresce e muore; ma la natura resta. La natura noi la conosciamo con le sue leggi inderogabili; ci facciamo una idea di questa natura realmente esistente; la nostra idea non fa parte della realtà; realtà e idea della realtà sono due cose distinte nel pensiero umano.

Realismo è tutta la realtà esistente insieme, senza il pensiero; idealismo è il pensiero con cui noi pensiamo tutto, pensiero che pure esiste e con esso affermiamo qualsiasi realtà. Il realista parla del mondo che esiste; l'idealista parla del mondo che si crea, contenendo il passato, la natura presente e il futuro, la storia nel suo susseguirsi.

Con chi deve stare il maestro?

Con il realista o con l'idealista?

Vi sono, quindi, due modi di concepire la cultura; la cultura realistica si limita alla conoscenza di un mondo così come è; la cultura idealistica, invece, comprende anche la vita stessa nel suo susseguirsi.

La scuola, di fatto, è realistica, in quanto nasce dal bisogno di trasmettere un patrimonio culturale già posseduto, già acquisito, alle generazioni successive. La scuola si basa sui libri già scritti, che contengono il passato. Tuttavia, nel leggere un libro antico, sia esso Iliade di Omero od Odissea, nel momento in cui lo si legge il nostro spirito crea un qualcosa di nuovo, in quanto lo interpreta e lo paragona con la realtà di oggi e la volontà di realizzare qualcosa nel futuro; si ha in questo modo la cultura idealistica. La cultura concreta non sta nei libri, ma sta nel nostro pensiero, che la crea continuamente.

Capitolo 5
Spiritualità della cultura

La scuola non è l'aula, la scuola è la comunicazione della cultura. La cultura concreta non sta nel libro, non sta nel maestro; sta nel pensiero dell'alunno che apprende.

Non vi è un distacco netto tra ignoranza e sapere. La cultura che ora noi non abbiamo, la cultura che noi non possediamo ancora, ma per desiderio della quale andiamo a scuola, è già una cultura piantata dentro di noi, dove germoglierà, crescerà e fiorirà, fusa e confusa con la vita del nostro spirito. (Giovanni Gentile)

La cultura non è cosa materiale ma è realtà spirituale.


Capitolo 6
Gli attributi della cultura

Libertà, crescita, eticità sono alcune delle caratteristiche della cultura, cioè gli attributi o aggettivi che possiamo unire alla parola cultura. Si ha quindi una cultura libera, nel senso che non vi sono i condizionamenti esterni, ma è il singolo individuo che decide, anche in presenza di violente costrizioni esterne, dovute alla politica e alle leggi. Una cultura che si muove e cresce, cioè si sviluppa nel pensiero del singolo individuo, ogni giorno, in base ai vari eventi, come un procedimento e un processo, nel senso di trasformazione in vari momenti. Una cultura etica, nel senso di dovere ed obbligo che la volontà del singolo sente e a cui non può opporsi, pur essendo libero.

Queste tre caratteristiche della cultura, libertà, crescita, eticità, non sono separabili, ma sono una cosa unica e contemporanea, che esistono insieme nella cultura.

Il maestro è, quindi, il creatore di questa cultura, il promotore della cultura, cioè il poeta che sviluppa una cultura nell'alunno che lo ascolta, anche quando il singolo alunno la rifiuta.


Capitolo 7
I pregiudizi del realismo

Il realismo è il concetto della realtà intesa come esistente al di fuori del pensiero umano e al di fuori della civiltà prodotta da questo pensiero. Il realismo infantile non crede che sia possibile che l'idealismo trasformi la natura e la realtà esistente. La scuola, scuola idealista appunto, deve combattere questo realismo infantile.

Un primo pregiudizio realista è quello di considerare la scienza con la esse maiuscola, cioè Scienza, scienza infallibile, senza partiti, senza nazionalità, senza storia. Anche gli scienziati più noti possono sbagliare. La Scienza, come dogma infallibile, non esiste. La scuola non trasmette la Scienza; il maestro non è il detentore e trasmettitore della Scienza.

La scienza, come cultura, come personalità, è libera, in perenne divenire, come tante scienze l'una diversa dall'altra.

Nella scuola i metodi, i programmi e i libri sono i principali pregiudizi realistici esistenti.

Un libro di testo è quello che è; era cosa viva, cioè spirito, quando fu scritto; ora non più. Il maestro deve leggere il libro e ravvivarlo, farlo suo, cioè parte del suo pensiero personale. Ma non basta; il maestro deve fare in modo che l'alunno, quando legge il libro, lo faccia suo, cioè il libro sia una cosa viva nel pensiero dell'alunno.

Un altro pregiudizio del realismo nella scuola è il componimento o tema o discussione o descrizione. L'alunno, a volte, non ha mai pensato all'argomento del tema che si assegna a lui dal maestro; l'alunno, a volte, non lo sente nel suo pensiero. E' il componimento a traccia, con cui si usa violentare l'animo dell'alunno. Il maestro, a volte, ha in mente la traccia del componimento, si aspetta che l'allievo segua questa traccia; più l'allievo si adegua alla traccia del maestro, più il componimento ha valore.

Gravissimo errore del maestro, in questi casi; in quanto si priva l'alunno della sua libertà di pensiero, lo si invita alla frode e all'inganno, danneggiando il carattere morale del giovane. Non si deve pretendere che lo scolaro inventi quello che non può inventare; occorre, invece, che il tema scaturisca dall'animo dell'alunno, che vive in una certa scuola, con i suoi compagni e col maestro. In tal modo il tema diventa creazione, progresso, cultura.


Capitolo 8
Unità dell'educazione

La cultura è una cosa unita, non si può suddividere in piccoli pezzi, proprio perché la cultura è vita; se si separa una parte dall'altra la cultura muore e non rinasce più. Anche l'educazione è come la cultura, cioè una vita che sta nell'individuo.

Nella scuola l'educazione si divide in varie parti e in varie materie di insegnamento. Inoltre nel singolo maestro si divide il momento in cui egli riesce a controllare e far stare in silenzio e in ordine la classe, cioè disciplina in senso di ordine, e il momento in cui si trasmette la materia di insegnamento, cioè l'istruzione. Quindi educazione come somma di disciplina, in senso di ordine e condotta, e istruzione, nel senso di trasmissione della materia di insegnamento.

Ma questa distinzione non va fatta, se non astrattamente; in quanto, nel concreto, l'educazione è unica, disciplina e istruzione insieme. Il vero maestro insegna con tanto amore, con tanta passione, con tanto affiatamento con gli alunni, da non trovarsi mai di fronte ad un caso di un alunno riluttante, da rendere docile alla disciplina in senso di condotta.

 

Capitolo 9
Educazione fisica e carattere

La educazione fisica, cioè la educazione del corpo umano del singolo, deve essere un tutt'uno con la educazione spirituale; la educazione fisica deve essere educazione dello spirito e formazione del carattere.

Il carattere è a base del temperamento; carattere vuol dire personalità razionale.


Capitolo 10
L'ideale dell'educazione

La educazione è educazione dello spirito umano, educazione morale, educazione spirituale, quindi educazione filosofica, cioè come ideale da realizzare in un momento successivo, filosofia intesa come umanità.

Capitolo 11
La libertà della scuola e dell'educatore

Il maestro, entrato in scuola con davanti gli alunni, deve dimenticare la sua vita personale, le sue preoccupazioni di ogni giorno, i suoi desideri sessuali, e aprire la sua mente allo spirito, cioè all'ideale da trasmettere agli alunni. Libertà didattica e libertà politica vanno insieme.

Il testo completo è disponibile in questa pagina:

La riforma dell'educazione

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Critica

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prof. Pietro De Paolis

 

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