Gli anni 2000

       data di oggi:
Classe 5a superiore, scuola secondaria di  2° grado

 

Gli anni 2000 non dovrebbero fare parte di un corso di storia, in quanto i personaggi descritti sono al potere, controllano i mezzi di stampa ed internet, continuano ad uccidere come hanno fatto nel corso dei millenni. E uccidono anche chi non scrive la storia come vogliono che sia descritta da questi personaggi politici al potere, in quanto, come è noto la storia viene scritta dai vincitori.

Si parla, quindi, di cronaca, di attualità.

Tuttavia una mano per capire la società in cui i nostri figli nascono è bene che noi anziani la diamo.

Il lavoro

Il problema del lavoro è un problema che affronta ogni genitore ed ogni giovane italiano; ben diversamente vanno le cose nel resto dell'Europa e del mondo. Qui si parla di ben oltre del 60% dei giovani che restano disoccupati, con punte dell'80%. La politica non ha mai avuto il compito di provvedere ai bisogni della famiglia, ma ha sempre cercato di mettere delle tasse, in modo da sottrarre soldi alla famiglia e dare questi soldi ai ricchi e potenti, cioè la classe dirigente italiana. Fino al secolo scorso vi era un equilibrio tra queste due classi sociali, come al tempo dei romani, dove i ricchi, detti patrizi, avevano il potere, andavano in guerra personalmente con i loro cavalli e le loro armi e rischiavano la vita per difendere se stessi e i plebei, cioè il popolo povero, che non aveva i mezzi dei ricchi.

Questo equilibrio è durato fino a quando i conquistatori nord americani hanno avuto interesse a far lavorare gli operai in Italia, in modo da produrre a basso prezzo molti beni, consentire al povero operaio di vivere, onde evitare che la morte del povero operaio, facesse chiudere le fabbriche necessarie per produrre i beni per i ricchi. Questo discorso lo hanno fatto fino alla fine del secolo scorso, diciamo anni 1980. Dal 1990 le cose sono cominciate a cambiare in quanto il progresso economico ha portato alla produzione di nuovi beni molto leggeri come peso e quindi molto economici. L'Italia è riuscita a mantenersi in equilibrio fino a quando molti beni come le automobili venivano costruite con materiali pesanti, tipo il ferro e l'acciaio. Poi il progresso tecnologico degli aerei, costruiti in fibra di carbonio, prodotta in Giappone, cioè un materiale plastico molto leggero ma resistente, si è riversato anche sugli autoveicoli, costruiti ora con materiali plastici molto leggeri. Questo consente da un lato prezzi bassi, ma consente anche alle auto giapponesi, cinesi e asiatiche in genere di invadere il mercato a livello globale. Per cui l'Italia oggi importa anche quei prodotti un tempo pesanti, come auto e macchinari industriali; mentre nel secolo scorso si limitava ad importare solo prodotti elettronici, cioè prodotti piccoli e leggeri di grande valore, tipo lo smartphone, che pesa 200 grammi, ma vale circa 3.000 euro al chilo. In Italia siamo ben lontani dall'oro, che vale circa 40.000 euro al chilo; siamo nel nulla se consideriamo quello che è in grado di produrre un normale lavoratore italiano, tipo un professore, un avvocato o professionista, il cui prodotto vale zero euro al chilo a livello globale, o quello del contadino che raggiunge al massimo, quando nevica, i 5 euro al chilo. La stessa cosa non succedeva negli anni 60 e 70 del secolo scorso, quando un operaio costruiva una macchina di 800 chili, e la vendeva all'estero a 10 volte il suo stipendio.

Oggi nel 2000 l'unica ditta costruttrice di auto se ne è andata in America del Nord, dopo avere rovinato il popolo italiano per 50 anni ed impedito la crescita del paese in campo tecnico ed economico. Le lotte di potere tra industriali di Torino, tra industria pesante torinese ed elettronica leggera dell'Ingegnere Olivetti, contro gli industriali di Milano con la industria leggera dell'ingegnere Geloso, terminarono con la decisione politica di proibire la costruzione di apparecchiature elettroniche in Italia, vietando il televisore a colori per 15 anni, cioè fino alla scadenza dei brevetti nel 1978. La fine della industria elettronica italiana, decisa politicamente negli anni 60, ha causato danni ingenti sia nella industria elettronica e sia nella industria meccanica. Oggi, infatti, in una normale auto l'elettronica ha più valore rispetto alla parte meccanica dell'autoveicolo.

In contemporanea la guerra elettronica a livello globale, nella fine del secolo scorso, ed anche oggi, fino al 2017, anno di elezione del nuovo presidente americano Donald Trump, ha visto vincenti i giapponesi, che hanno conquistato, insieme ai cinesi l'industria elettronica mondiale. Questo ha portato ad uno scontro industriale ed economico tra due parti belligeranti; da una parte l'occidente, con a guida gli stati uniti d'America e dall'altra l'oriente con Cina, Giappone, Corea, Malaysia, isola di Taiwan detta Formosa. Anche l'Unione sovietica ha fatto e fa la sua parte, alleandosi sia con l'occidente e sia con l'oriente. L'Italia, come al solito, si è dichiarata neutrale, cioè non ha partecipato a questa guerra economica ed è uscita fuori da questo fenomeno, detto globalizzazione dei mercati. Oggi se ti serve un motore per auto, che prima pesava 200 chili e ti costava 8 stipendi mensili, cioè circa 10.000 euro, e dovevi aspettare sei mesi per produrlo, lo puoi semplicemente ordinare per internet, in quanto ti pesa meno di una persona, e ti arriva dalla Cina o dal Giappone in aereo nella stessa giornata, al costo di uno o due stipendi, diciamo sui 2.000 euro.

L'Italia sta fuori dalla globalizzazione quanto a produzione di beni; per cui manca il lavoro per l'operaio, manca il lavoro per l'ingegnere, manca il lavoro per il contadino, in quanto anche il pane, la pasta, il pomodoro, il latte, la carne, ci arriva a metà prezzo da altri paesi, presi in giro dalla stampa italiana, come la Turchia ed altri paesi del sud America. La classe ricca, cioè i patrizi italiani, se ne sono avvantaggiati e si avvantaggiano da questa globalizzazione, in quanto hanno avuto un doppio vantaggio; cioè da una parte ottengono beni industriali a prezzo basso, dall'altro non hanno più la necessità di mantenere in vita il plebeo, cioè il povero operaio; in quanto non è assolutamente vero che le industrie o gli industriali hanno bisogno di dare il mangiare agli operai, come si fa con gli animali domestici; in quanto anche se l'operaio italiano muore, in quanto gli mancano i mezzi di sussistenza, i beni economici arrivano comunque in Italia a basso prezzo, grazie alla globalizzazione dei mercati.


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